C’era una volta il centrodestra, ora c’è solo la destra, la destra estrema, imbarazzante, pericolosa, anti italiana, anti europea e antioccidentale in tutte le sue componenti. Questa destra estrema è in vantaggio secondo tutti i sondaggi e quasi certamente vincerà le elezioni e poi fallirà e poi dovranno implorare qualcuno a mettere le cose a posto.
Poi c’è il Pd, l’unico partito costituzionale e repubblicano delle ultime legislature, quello che ha tenuto in piedi il paese pressoché da solo, ma che ha perso gradi di credibilità infatuandosi dei populisti.
Adesso bisognerà vedere se il Pd si libererà delle zavorre populiste al suo interno e dei cattivi consiglieri al suo esterno. Cioè, ammesso che l’alleanza con quel bellimbusto di Giuseppe Conte sia davvero tramontata, il Pd dovrà scegliere se tornare a essere un partito interamente affidabile, responsabile e draghiano con Gentiloni, per intenderci, oppure il grimaldello usato dagli eversori per mutilare il Parlamento o il grottesco ricettacolo di vetero comunisti, di anticapitalisti e di populisti democratici con i Landini e i Bersani, con i Boccia e gli Emiliano, magari anche con Di Maio e Di Stefano il crimeano e con quell’altro mai allunato, e con le pose social di Provenzano e di Orlando.
Sarebbe meglio che il Pd lasciasse i cocomeri ai Cinquestelle, anziché inseguirli per rinnovare l’ennesimo tragico teatrino dell’Unione e dei no a tutto, perfino ai termovalorizzatori per creare denaro ed energia dall’immondizia della città che il suo sindaco non riesce a sanificare.
Poi ci sono Italia Viva, Azione e Più Europa, oltre ai transfughi di Forza Italia e del centro dell’ex centrodestra. Un polo che ancora non c’è, ma che è urgente e necessario.
Matteo Renzi lascia intendere che difficilmente andrà con il Pd, ammesso che i dirigenti del Pd vogliano avere a che fare con lui (con lui che li aveva portati al 40 per cento conquistando i voti dell’Italia non estremista e per questo, per ripicca e per invidia, gli hanno organizzato una Cambogia ed è finito isolato al 18 per cento).
Carlo Calenda, con i radicali di Emma Bonino e adesso con i primi fuoriusciti di Forza Italia, è il più lineare di tutti nel ripetere che va costruita un’offerta politica nuova, diversa, seria, draghiana senza i bipopulisti e da mesi sta costruendo un partito vero, una narrazione coerente e un programma dettagliato con il progetto di occupare lo spazio che oggi non c’è. Alle comunali di Roma e di Milano con Beppe Sala si è visto un primo esempio di quanto possa pesare quest’area.
Renzi rappresenta esattamente lo stesso elettorato, forse anche più largo per le sue radici popolari e progressiste, tanto che sia a Roma sia a Milano ha contribuito a quei risultati riformisti.
Ma i due leader, che un tempo hanno lavorato insieme in modo formidabile, al momento guidano su due strade parallele, circostanza che è già un passo avanti rispetto alle inspiegabili e incomprensibili e insopportabili contumelie del passato (qui è il punto in cui Renzi e Calenda mi scriveranno per negare che sia vero).
Linkiesta è l’unico spazio del dibattito pubblico italiano che da tre anni sostiene che le due strade, e quelle di tanti altri compreso il Pd, dovranno necessariamente diventare una, se si vorrà provare a contrastare i bipopulisti e contare nel prossimo Parlamento sovranista.
Mancano poche settimane per farcela, ma in questo caso la fretta e le difficoltà del Pd potrebbero portare buoni consigli, perché due proposte alternative ma identiche sarebbero rovinose sia per Renzi sia per Calenda. Io non credo che i due possano concorrere per lo stesso elettorato, vista la legge elettorale e la riduzione dei parlamentari.
I primi segnali positivi ci sono, sia da Renzi che un partito ce l’ha e pure dotato di simbolo esentato dalla raccolta firme per presentarsi alle elezioni, sia da Calenda che con il suo partito più giovane deve però affidarsi all’esenzione in comproprietà con Emma Bonino e Bruno Tabacci.
Quindi ora è finito il tempo dei dispettucci adolescenziali, dei tatticismi e delle primarie sull’ego, ancora più ridicole di quelle siciliane di domani tra Pd e babbeiacinquestelle.
È arrivato invece il momento di lanciare il polo contro il bipopulismo, l’alleanza per la Repubblica, l’alleanza contro gli stronzi – si chiamino come vogliono – capace di parlare all’Italia che non si rassegna alla narrazione demagogica e sovranista, che non si piega a Putin e a Trump, che vuole fare le riforme strutturali di Draghi e non sprecare i finanziamenti europei per realizzarle e che rappresenta sia gli adulti sia i giovani con un programma semplice riassumibile in “meno tasse e più protezione sociale e ambientale”.
Bisogna abbassare le tasse, tutte le tasse, sui redditi, sulle imprese e sul lavoro; proteggere la società e l’ambiente; contrastare la povertà; liberare la concorrenza; innovare il sistema industriale; accelerare la transizione digitale ed ecologica; riconoscere diritti civili; conquistare l’indipendenza energetica italiana ed europea; garantire la sicurezza nazionale; e consolidare la collocazione atlantica e occidentale del paese.
Perché stanno ancora perdendo tempo?