«Abbiamo identificato vari rischi la scorsa primavera e molti si sono concretizzati». Comincia così il commissario Paolo Gentiloni nel presentare le previsioni economiche d’estate della Commissione europea, foriera di cattive notizie, tutte più o meno pronosticabili.
La crescita dell’Unione europea sarà del 2,7% nel 2022 e dell’1,5% nel 2023. Dati simili per la zona Euro: +2,6% quest’anno e 1,4% il prossimo. Si tratta di numeri in calo rispetto alle ultime stime, soprattutto per quanto riguarda il 2023: la scorsa primavera si prevedeva un aumento del 2,3% del prodotto interno lordo complessivo europeo, lo scorso inverno persino del 2,8%.
Ma all’inizio di febbraio, quando furono pubblicate le previsioni invernali, la guerra in Ucraina non era ancora scoppiata. Cinque mesi dopo, il quadro è molto più fosco: l’invasione russa ha incrementato i prezzi di energia e cibo, che a loro volta provocano l’aumento dell’inflazione erodendo il potere d’acquisto dei cittadini comunitari. Il tutto condito da un contemporaneo rallentamento della crescita negli Stati Uniti e dall’impatto negativo sull’economia globale delle rigide politiche di contenimento del Covid19 messe in atto in Cina, che rallentano le esportazioni danneggiando interi settori produttivi.
Sul breve termine, nemmeno la «promettente stagione turistica estiva» che ci attende non eviterà «un’attività economica contenuta» per il resto del 2022. Prima dell’inizio del conflitto, infatti, si stimava una crescita del 4%. I problemi causati dalla guerra non devono far dimenticare i rischi legati al Covid19, che infatti vengono menzionati espressamente: «La possibilità che una nuova ondata pandemica nell’Ue causi perturbazioni all’economia non può essere esclusa».
E così Germania e Francia registrano un ribasso nelle loro previsioni di crescita, come tutti i grandi Paesi europei, che scontano il calo nella stima del 2022, del 2023 o in entrambe. Resistono comunque sopra la media europea la Spagna, trascinata dal turismo tornato ai livelli pre-pandemia, la Polonia, grazie a grossi investimenti per la crescita, e le economie di Stati più piccoli: Irlanda, Portogallo, Malta tra le migliori nella previsione combinata dei due anni.
Per l’Italia, gli scenari economici si traducono in una previsione del 2,9% in più per il 2022, molto meglio del +2,4% ipotizzato in primavera. Ma la stima per il prossimo anno raffredda ogni entusiasmo: crescita allo 0,9%, un punto percentuale in meno rispetto all’ultima previsione e secondo dato più basso di tutta l’Unione dopo la Svezia.
Come spiega il commissario Gentiloni, questa dinamica dipende dai cosiddetti «effetti di trascinamento»: l’Italia è ripartita meglio di altri Paesi dell’Ue dopo la crisi del Covid19 e dunque registra oggi «previsioni molto positive» per l’anno in corso. Nel 2023 l’effetto svanirà e la crescita italiana sarà inferiore di qualche decimale alla media europea, per una serie di ragioni: riduzione del potere d’acquisto che frena i consumi, problemi di approvvigionamento nelle catene produttive e costi più alti per ottenere liquidità dai mercati.
Sollecitato dalle domande dei giornalisti italiani, Gentiloni si è soffermato anche sulla possibile crisi di governo in Italia, che dalla Commissione viene seguita con «preoccupato stupore». «La stabilità è un valore in sé e penso che in questo momento serva coesione», dice Gentiloni: il messaggio è piuttosto chiaro, nonostante il linguaggio istituzionale.
Il picco dell’inflazione
Al centro delle preoccupazioni europee, però, resta sempre il gas: la dipendenza europea dai combustibili fossili russi rende l’Unione particolarmente vulnerabile e i rischi rimangono alti, scrive la Commissione, che il 20 luglio presenterà un pacchetto di misure straordinarie sul tema, da cui resta per ora escluso il price cap. Nuovi incrementi dei costi, causati dalla riduzione dei flussi provenienti dalla Russia, «potrebbero soffocare la crescita e incrementare ulteriormente l’inflazione».
Che già ora viaggia a livelli storici: a giugno nella zona Euro ha toccato il record di tutti i tempi, +8,6%. La previsione complessiva per il 2022 si attesta all’8,3% nell’Unione e 7,6% nella zona Euro, con punte del 17% in Lituania ed Estonia. Nel 2023, crescita più contenuta, ma comunque significativa: +4,6% nell’Unione, +4% considerando solo i Paesi che adottano la moneta unica.
Anche in questo caso c’è una stima al rialzo (e quindi peggiorativa) rispetto all’ultima volta: in primavera si prevedeva un’inflazione sotto il 7% nel 2022 e intorno al 3% nel 2023 e già allora la si considerava eccezionalmente alta.
Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi, perlomeno, l’Italia rimane sotto la media in entrambi gli anni: +7,4% nel 2022 e +3,4% nel 2023. La tendenza inflazionaria, afferma il commissario, si manifesta in maniera molto differente tra gli Stati membri: quelli dell’Europa orientale sono quasi tutti in doppia cifra nella stima dell’anno in corso e guidano la classifica anche nel successivo.
Un freno a questo rialzo continuo potrebbe arrivare dalla recente discesa del prezzo del petrolio e altre materie prime, così come da un «forte mercato del lavoro» europeo, che permetterebbe alle famiglie di impiegare i propri risparmi per rispondere all’aumento dei prezzi.
Ma senza troppe illusioni, perché ogni ondata di aumenti nel prezzo del gas si riflette immediatamente su quelli al consumo dell’elettricità e potrebbe portare a difficoltà ancora più accentuate, mettendo a rischio non solo la crescita ma anche la stabilità finanziaria degli Stati membri.
La possibilità della recessione si fa infatti meno remota a ogni nuovo giro di previsioni della Commissione. Lo scenario più grave, quello del segno meno davanti al dato della crescita europea, è «diventato molto più reale», ha detto Gentiloni, e potrebbe verificarsi nella seconda metà dell’anno. «Al momento non siamo ancora a questo punto, ma la tempesta è possibile». Meglio cominciare a prepararsi al peggio.