Senza il trackingPerché Apple ha deciso di mostrare pubblicità sugli iPhone

La forte concorrenza sul web impone ai colossi digitali nuovi modelli di business. Dopo aver criticato per anni Facebook, adesso anche l'azienda di Cupertino infrange i suoi tabù sula privacy

Unsplash

Poco meno di un anno fa, il gruppo Facebook ha cambiato nome in Meta. Com’è noto, la svolta fu presa per ufficializzare il focus dell’azienda nel cosiddetto metaverso, su cui il gruppo guidato da Mark Zuckerberg ha finora investito dieci miliardi di dollari.

Come annunciato dallo stesso Zuckerberg, inoltre, sono tutti investimenti in perdita, almeno per ora: i primi possibili ritorni sono attesi per il 2030. Ma il metaverso non è stata l’unica perdita da dieci miliardi che ha interessato Meta quest’anno. Oltre alla concorrenza di TikTok, infatti, anche Apple ha contribuito a intaccare il modello di business di Facebook.

Tutto è cominciato nel 2021, quando Apple ha pubblicato una nuova versione di iOS (il sistema operativo per iPhone) che permetteva all’utente di impedire il tracciamento dei loro dati dalle app. Apriti cielo. A inizio 2022, il CFO di Meta disse di aspettarsi perdite vicine ai dieci miliardi di dollari, ammettendo di aver visto il proprio modello di business rovesciato da una semplice mossa di Apple. Nell’ultimo anno il valore della società è diminuito di circa 600 miliardi di dollari, anche a causa di questa svolta anti-advertising di Apple.

All’epoca, la decisione di Cupertino fu letta attraverso la lente della privacy, un fattore su cui Apple punta da tempo, anche per differenziarsi dalla concorrenza di Android (Google). Lo scorso agosto, il Wall Stret Journal ha fornito qualche informazione in più sul contesto che ha portato alla decisione: in realtà Apple voleva una fetta dei profitti che Facebook generava grazie al tracking degli utenti su iPhone.

Durante un incontro, un dirigente di Apple disse che le due aziende avrebbero dovuto «costruire business insieme», alleandosi per dividere i profitti del tracciamento pubblicitario. Tra le proposte di Cupertino ci fu l’introduzione di una versione di Facebook a pagamento, in cui gli utenti avrebbero dovuto abbonarsi per accedere al social network senza pubblicità (una possibilità che Apple apprezzava perché l’azienda avrebbe ottenuto una percentuale consistente degli abbonamenti via app).

Un’altra prevedeva che Apple si tenesse una percentuale delle cosiddette boost ad, in cui gli inserzionisti pagano per raggiungere un pubblico maggiore. Non se ne fece nulla, e nel 2021 milioni di utenti iPhone ebbero il privilegio di scegliere se permettere il loro tracking o meno. Secondo alcune stime, solo il 37% di loro ha accettato di farsi tracciare.

Potremmo dire che qui si conclude la fase uno di questa vicenda: Apple contro Facebook, 1-0. Nelle ultime settimane sono però giunte conferme di un imminente sbarco di Apple proprio nel settore pubblicitario. Proprio così: dopo aver combattuto – nel nome della privacy – contro il cattivo Zuckerberg, ecco che il gigante guidato da Tim Cook si prepara a infrangere uno dei suoi più grandi tabù: vendere pubblicità.

A oggi, scrive Bloomberg, gli effetti di questo cambiamento sono visibili su app come News e Stocks, nell’App Store, ma anche su Apple TV+, e in generale tutti i dispositivi Apple. Che cominciano a mostrare pubblicità, sotto forma di consigli nei risultati di ricerca dell’App Store, ma anche nell’app dedicata ai giornali, dove gli editori possono fare pubblicità a determinate storie. Il tutto, stranamente, avviene anche agli abbonati paganti al servizio News+, che sborsano dieci dollari al mese.

La policy legata alle pubblicità di Apple sembra più stringente di quella della concorrenza, vietando all’inserzionista di puntare le proprie ad su utenti specifici o su chi ha recentemente visitato un certo sito internet, eliminando alcuni dei metodi più invasivi del settore. Il focus sarà sui gruppi di persone, non sui singoli, anche perché l’azienda «non permetterà pubblicità che raggiungono meno di 5mila persone».

La svolta dell’azienda potrebbe stupire, ma rientra in una tendenza in corso da tempo, per cui giganti dei settori più disparati scoprono il mercato pubblicitario, trasformandolo in una fonte di profitto secondaria, per quanto notevole.

Un esempio oltre ad Apple? Amazon. Vendendo spazi pubblicitari nei suoi canali (i prodotti consigliati, ad esempio), il gigante dell’e-commerce ha creato un mercato da 31 miliardi di dollari nel 2021, crescendo del 18% nel 2022 e occupando la terza posizione del settore delle pubblicità digitali, dopo Google e Meta. La fase due di questa partita è appena cominciata.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter