Sono state diffuse a fine anno le stime dell’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) e Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) sui consumi di spumanti italiani per il 2022 e i risultati sono molto incoraggianti. Nonostante l’inflazione e i timori legati agli eventi geopolitici che hanno probabilmente condizionato il trend annuale dei vini fermi, quello dello sparkling nostrano si conferma come uno dei mercati più rosei grazie anche agli eccezionali dati dicembrini.
Chiudiamo infatti con un nuovo record produttivo, 970 milioni di bottiglie per un controvalore di 2,85 miliardi di euro (di cui 2 per il solo export), e le festività incidono in maniera sostanziosa su questi numeri, con 341 milioni di tappi saltati tra Natale e Capodanno, in Italia (95 milioni) e soprattutto all’estero, sempre più innamorato della nostra bollicina (3/4 delle vendite totali: 246 milioni, +8% sui volumi).
È dunque la richiesta straniera a generare una risposta così brillante, specie in paesi chiave come Stati Uniti, Regno Unito (menzione di merito a Kylie Minogue e al suo prosecco rosé in collaborazione con Zonin1821) e Germania, ma risultano in consolidamento anche piazze emergenti quali Canada, Svezia, Giappone, Est Europa. Da sottolineare a parte l’ormai strettissimo rapporto commerciale tra Italia e Francia, con un +25% sul volume delle esportazioni verso oltralpe, conferma che «i Francesi amano il Prosecco quanto noi Italiani amiamo lo Champagne» come sottolinea Corrado Mapelli, direttore generale di Gruppo Meregalli).
Il Prosecco (Doc, Conegliano e Colli Asolani) porta già da solo la bandiera di prodotto tricolore agroalimentare più commercializzato al mondo, con un valore complessivo annuo stimato superiore a 1,6 miliardi di euro, ma è sicuramente in buona compagnia: valori in incremento anche per l’Asti, conferme per il Franciacorta, aumento in doppia cifra per il Trento Doc, oltre alle buone prestazioni delle centinaia di piccole realtà sparse lungo tutto il territorio, in zone tradizionali e non. La crescita risulta più contenuta se si limita l’analisi alle sole produzioni a denominazione d’origine (83% dei casi, 6% gli Igt), ma appare comunque consolidato il ruolo di traino in favore di tutto il settore vinicolo nazionale.