Fare l’amore e fare la guerraI matrimoni degli ucraini al fronte, le famiglie spezzate dal conflitto e un’intimità da ricostruire

La legge marziale consente di sposarsi il giorno stesso del reclutamento: lo hanno fatto più di centomila coppie nel Paese. I traumi dei soldati al ritorno dalla prima linea, il sesso sotto le bombe, il nuovo significato di una gravidanza

Un matrimonio al fronte tra due soldati ucraini
AP Photo/Felipe Dana

La divisa risolve dilemmi da tempi di pace. «Cosa mi metto?». I pixel mimetici sono l’abito di chi si sposa a ridosso della zona dove si combatte. Abbiamo visto sui social le foto del giorno speciale dei mobilitati, il velo bianco a coronare il verde militare dell’uniforme della sposa. Molti, invece, attendono le licenze, per tornare a casa e non rinunciare a un rituale immaginato da bambini, respinto da adolescenti.

Nell’Ucraina che resiste vige la legge marziale. I maschi tra i diciotto e i sessant’anni non possono lasciare il Paese. Un’altra clausola prevede però che chi si arruola possa sposarsi il giorno stesso della coscrizione. A Kyjiv ne hanno approfittato più di quattromila fidanzati. I tempi d’attesa, prima della guerra, erano di circa un mese. Nei primi sei mesi del 2022, sono convolate a nozze oltre centomila coppie.

Più in generale, il conflitto è stato un catalizzatore. Di nuove relazioni, ma anche della fine di rapporti in crisi. Di separazioni e divorzi. Il senso di precarietà che si porta dietro ha spinto numerose persone a smettere di aspettare. Li ha messi davanti all’importanza delle persone amate, ha fatto riconsiderare errori del passato. Ha raso al suolo finte priorità, restano solo le cose che contano.

Nelle interviste è evidente la volontà di riappropriarsi del destino. È un moto di libertà, quella che Putin voleva negare. Anna, trent’anni, ha voluto la limousine. «La vita deve andare avanti», ha detto alla Cnbc. Pavlo e Oksana hanno ribadito i loro voti dopo diciott’anni di matrimonio civile, in una piccola chiesa di Chernihiv. Murzak ha traslocato nelle retrovie, per poter stare assieme al marito tra un’azione e l’altra.

Dopo la vittoria, l’Ucraina sarà chiamata a ricostruire anche la sua demografia. Già nel 2014, l’annessione illegale della Crimea da parte dei russi l’ha privata di 2,4 milioni di abitanti. Le vittime civili della guerra, secondo l’Onu, sono state quasi settemila; i feriti undicimila. Sono stime al ribasso, mancano quelle dei territori ancora sotto occupazione, come Mariupol, dove i russi hanno bombardato il teatro stipato di profughi. Izium, Lysychansk e Sievierodonetsk. I nemici in ritirata hanno lasciato dietro di sé massacri, fosse comuni e mine nascoste nei cadaveri.

Uomini e donne in età fertile sono morti in battaglia. Le nascite, tra marzo e ottobre, sono state sessantottomila, meno della metà delle centoquarantaseimila dello stesso periodo nel 2021. Per questo, oggi, un pancione ha un significato nuovo e diverso. «Quando dico di essere incinta – ha raccontato Tetiana a Politico – e mi fanno le congratulazioni, so che sono felici non solo perché l’ho voluto così a lungo, ma perché questi bimbi sono i nostri figli comuni per il futuro».

Con quindici milioni di sfollati e sette milioni, soprattutto donne e bambini, di ucraini rifugiati in Europa, sono molte le famiglie spezzate dal conflitto. Sono relazioni a distanza, alimentate dalle videochiamate. Yaroslav, 43 anni, non vede la moglie e i figli da inizio 2022. Risente della distanza, della mediazione di un display: «È come se non l’avessi più vista, è come parlare con una sconosciuta. Dovremo imparare a conoscerci daccapo».

Le conseguenze sulla salute mentale saranno un altro aspetto da approfondire. Quando Putin a settembre ha paventato la bomba atomica, nella capitale è diventata virale sui social la proposta semiseria di organizzare un’orgia sulla collina Ščekavycja. O un rave. «Bisogna ridere delle fregnacce di Putin, sennò diventi matto», ha detto uno dei partecipanti alla Ukrainska Pravda. «Putin non sa amare, non prova sentimenti».

È un istinto umano. Il sesso come palliativo della morte. Senza scomodare il mito, Eros e Thanatos, la filosofia: divertirsi, svagarsi per scordare tutto il resto, fosse solo per un attimo. Anche per questo, i fanti hanno cantato nelle trincee delle guerre più atroci, di cui l’alcol e gli stupefacenti sono stati un propellente alla pari della polvere da sparo.

L’aspetto goliardico, quasi epicureo, secondo il terapista Alexander Kolomiychuk ha prevalso soprattutto durante le prime fasi del conflitto. Un’inchiesta del Washington Post ha raccontato il fronte, privato, della sessualità. I traumi seguono i sopravvissuti quando sono in libera uscita. Dopo i «match» su Tinder faticano a sostenere una conversazione con le coetanee. È così difficile andare oltre il «come stai», ritrovare qualche boccata di normalità, di frivolezza persino.

Per loro, scrive il giornale americano, «l’intimità è stata un’altra vittima della guerra». Il senso di sopravvivenza che scatta al fronte – l’adrenalina degli scontri, i boati dell’artiglieria, i compagni da soccorrere e quelli per cui è troppo tardi – segue i veterani pure a casa. Resta un alone di sfiducia. Un vuoto problematico da riempire.

Nelle città, al buio per i missili e i droni, ci si ingegna per la resilienza. «Quando le luci sono spente e senti volare i razzi, non puoi limitarti ad aspettare. Dobbiamo vivere, e amarci». Sono aumentate le vendite di sex toys con i led e di profilattici fosforescenti, ha riferito il titolare di un negozio al Washington Post. Ai liberatori fanno lo sconto, spesso sono le loro compagne a passare, per far loro una sorpresa in una rara licenza.

Tinder era stato un campo di battaglia virtuale. Si basa sulla geolocalizzazione. Prima dell’invasione, alcuni soldati russi erano comparsi sulla app delle donne ucraine, tradendo la presenza di contingenti sul confine. Un vizio, quello di usare cellulari privati nonostante i divieti, che le reclute non hanno perso (e continuano a pagarlo con la vita).

La piattaforma ha ospitato «operazioni digitali speciali». Sfruttando la funzione (a pagamento) che permette di localizzarsi in città all’estero, numerosi attivisti hanno raggiunto cittadini della Federazione per raccontare loro la verità. Molti russi contattati in questo modo hanno chiesto aiuto per fuggire dal Paese, altri hanno esibito un nazionalismo xenofobo alla «Hitler non aveva tutti i torti» e dimostrato di essere intrisi di propaganda.

Nel 2022 abbiamo provato odio e scoperto che cos’è la solidarietà. Ma pure amore. E gli ucraini, più di tutti, conoscono il suo significato, lo custodiscono per noi.