Un caro amico, qualche giorno fa, mi decantava i pregi della “margherita” servita in una pizzeria che non frequentava da tempo: «Ottimi ingredienti, cornicione come si deve, cotta al punto giusto, fragrante…».
Fragrante? Certo che una pizza può essere fragrante, ma, gli ho domandato insospettito, che cosa intendi di preciso per «pizza fragrante»?
«Sì… ecco… croccante… leggera e croccante: ecco».
L’aggettivo fragrante e il connesso sostantivo fragranza sono tra le vittime più frequenti di quello svarione linguistico designato con il termine malapropismo (su cui cfr. “Linguaccia mia” dello scorso 7 novembre), ossia una forma decettiva di paronimia in cui lo scambio di parole che si somigliano nella forma ma differiscono nel significato non è un espediente retorico ma avviene del tutto involontariamente. Un “incidente di discorso” che non fa distinzioni socioculturali, come è confermato dal fatto che il mio interlocutore fosse un illustre cattedratico abituato a scrivere sui giornali.
Nel caso di fragrante/fragranza la coppia lessicale più assonante, quasi omofona, è in realtà flagrante/flagranza (dal latino flagro, “ardo, risplende: per cui un “reato flagrante”, ossia constatato nel momento stesso in cui viene commesso, “risplende” nella sua evidenza, come un fuoco che “arde” ancora nel momento in cui lo si guarda), ma la confusione è a livello di gag comica alla Nino Frassica. Nell’utilizzo più esteso, peraltro, flagrante vale come un sinonimo di “evidente, manifesto”.
Fragrante deriva invece da frago, “emano odore”, che può essere un odore buono o cattivo, ma nell’uso della parola è finito con il prevalere il senso positivo: infatti nelle confezioni delle boccette di profumo le descrizioni parlano di fragranze (floreali, fruttate, cipriate, o più nel dettaglio “di gelsomino”, “di bergamotto”, “di cannella” ecc.; a volte parlano anche di “note”, che è la stessa cosa ma più sottile). Una pizza fragrante è quindi una pizza profumata, o meglio che profuma. Profumo e fragranza sono di fatto sinonimi, anche se il secondo vocabolo sembra prestarsi meglio in relazione ai prodotti alimentari, in particolare quelli da forno consumati ancora caldi (tipicamente fragrante può essere infatti il pane, mentre per esempio delle fragoline di bosco si dice piuttosto che sono profumate).
Ma è davvero al profumo che si pensa quando si parla di pizza (o pane, torta, biscotto) fragrante? Prendiamo a caso un esempio (uno dei tanti) da internet, dal sito di un ristorante romano che encomiabilmente si incarica di dare qualche ragguaglio su come preparare la pizza in casa (probabilmente per lasciare a chi legge la conclusione che conviene andarsela a mangiare al ristorante): l’impasto va steso “rigorosamente con i polpastrelli, perché solo in questo modo rimarrà soffice e fragrante grazie alle bolle di gas formatesi con la lievitazione, che il mattarello schiaccerebbe via”.
Fragrante: cioè, l’impasto risulterebbe profumato grazie a questo lavoro di polpastrelli? A meno che non si tratti di polpastrelli poco puliti – nel qual caso però si ricadrebbe nel senso negativo dell’etimo, ossia non profumo ma cattivo odore – è ben difficile che la fragranza di una pizza derivi da questo modo di trattare la pasta e non piuttosto dalla qualità degli ingredienti. Infatti non è al suo profumo che si riferiva il amico, bensì, come mi ha spiegato, a quelle caratteristiche combinate di leggerezza e croccantezza che sono anche le più salienti in un preparato di questo genere. E la confusione è tanto più sorprendente in quanto vi incorrono persone che dimostrano di conoscere bene il significato di fragranza quando, per esempio, la usano riferita ai profumi per ambiente o persona.
Probabilmente, su un piano inconscio, agisce una vaga assonanza con la parola con cui è confusa, ossia croccante: foneticamente suggerita dalla presenza in entrambe della vibrante alveolare r a formare due gruppi consonantici dal suono piuttosto simile, gr e cr (ricordiamo che nella lingua latina più antica c e g erano la variante sorda e sonora della medesima lettera, resa con il segno C), che appunto conferiscono alla pronuncia una particolare vibrazione di echi onomatopeici. Senonché l’onomatopea è alla base unicamente dell’aggettivo croccante (anche sostantivo, quando designa un tipo di dolce fatto di frutta secca e zucchero caramellato), dal verbo francese croquer, formato sul rumore secco (“croc”) prodotto da certi alimenti, in genere (ma non solo) leggeri, quando vengono schiacciati tra le mani o sotto i denti.
In definitiva la croccantezza è una caratteristica che attiene al mondo del suono e delle sensazioni tattili, mentre la fragranza ha a che fare essenzialmente con l’olfatto. È pur vero che spesso le sensazioni si mescolano, per esempio quando addentiamo un toast ben cotto: non tanto però da non poter essere ricondotte ai rispettivi organi sensoriali e ai vocaboli più appropriati per renderne ragione.
E perciò, amico mio, se mi dici che quella tua pizza era fragrante, io ti credo e sono contento per te. Ma se poi mi aggiungi che era fragrante in quanto croccante, allora è flagrante: sei fuori strada.