«I giovani si stanno disinnamorando delle automobili». È il titolo di un recente articolo dell’Economist dedicato a una svolta culturale, innescata da motivi economici, sociali, ambientali e di sicurezza, che sta interessando tutti i Paesi più ricchi e sviluppati. Si tratta di un contenuto rilevante, perché l’autorevolezza della testata ha fornito ulteriore legittimità a un fenomeno che non è l’invenzione di una nicchia di «ambientalisti radical chic», aiutando il tema a riposizionarsi nell’immaginario collettivo. L’articolo è stato pubblicato a pochi giorni di distanza da un pezzo simile del Washington Post, e questo denota il recente cambio di direzione della stampa internazionale.
La patente non è più un rito di passaggio necessario per diventare – e sentirsi – adulti, emanciparsi, essere autonomi e allineati rispetto ai coetanei. Per la Generazione Z, che include tutti coloro che sono nati tra il 1997 e il 2012, le priorità e le sensibilità cominciano a essere altre. Dieci anni fa, non avere un documento di guida era inconcepibile. Ora, invece, nelle grandi città (dove è possibile avere una vita normale senza possedere un’automobile) sta quasi diventando cool, uno status symbol, un modo per dimostrare che esistono alternative più sostenibili, divertenti e sicure rispetto a un’opzione figlia del boom economico degli anni Sessanta.
Ciò non significa che le automobili spariranno dalle nostre città, ma che questo cambio di passo potrebbe riequilibrare i rapporti di forza sulle strade e sul suolo pubblico. Rapporti di forza che pendono palesemente dalla parte dei mezzi a motore, inquinanti e (spesso) ingombranti. Nel 1977, la Corte suprema statunitense definì l’auto una «necessità virtuale» per tutti gli americani. Vent’anni dopo, nel 1997, il 43 per cento dei sedicenni statunitensi era in possesso di una patente di guida. Nel 2020, ultimo anno per cui sono disponibili i dati ufficiali del Bureau of transportation statistics, la percentuale è scesa a quota 25.
La tendenza è riscontrabile anche nei giovani adulti americani: uno su cinque nella fascia 20-24 anni non ha la patente (uno su dodici nel 1984). In generale, il numero di documenti di guida è in calo tra tutti gli under 40, così come il tempo trascorso all’interno di un’automobile. Tra il 1990 e il 2017, per rendere l’idea, la distanza percorsa annualmente in macchina dai sedicenni americani è calata del 35 per cento (-18 per cento nella fascia 20-34 anni).
Sono dati in un certo senso sorprendenti, considerando la superficie degli Stati Uniti e i problemi del suo trasporto ferroviario per passeggeri, ma abbastanza in linea con quelli europei. In Gran Bretagna, come sottolinea l’Economist, la percentuale di adolescenti con la patente si è quasi dimezzata negli ultimi vent’anni (dal 41 per cento al 21 per cento).
L’Italia soffre di una carenza di numeri. Un report del 2018 di Facile.it, che ha avuto accesso ai dati del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mostra che nel 2016 i giovani fra i 18 e i 19 anni che hanno preso la patente sono stati 287.551: l’8,4 per cento in meno rispetto al 2012. I numeri Aci/Istat avvalorano il trend: nel 2011 erano più di un milione le automobili intestate agli under 25 italiani, mentre nel 2021 circa 590mila (-43 per cento). Va specificato che, per quella fascia d’età, la popolazione è rimasta pressoché stabile (-3 per cento).
Le informazioni raccolte dall’osservatorio di Segugio.it, portale che confronta le assicurazioni di auto e moto, confermano che gli italiani hanno sempre meno fretta di mettersi alla guida di un’automobile. Nell’agosto 2022, solo il 53 per cento degli under 25 affermava di aver preso la patente a 18 anni. Un numero nettamente più basso rispetto agli over 50 (80 per cento). Una buona notizia anche in ottica futura: secondo uno studio condotto dal dottor Kiron Chatterjee, professore di Travel behaviour presso l’University of the West of England, chi inizia a guidare tardi continuerà a usare meno l’auto anche dopo i 40 anni. Sembra che le abitudini di guida sviluppate in gioventù siano destinate a persistere.
Il motivo di questo cambiamento è anche legato ai costi dell’assicurazione: nell’agosto 2022, gli under 25 pagavano in media 759,2 euro per un premio RC auto, oltre il doppio della media nazionale (369,2 euro). I rincari hanno coinvolto anche il mercato delle auto usate (il prezzo medio è aumentato in media del 33 per cento tra il 2019 e il 2022, secondo l’indice Agpi) e, ovviamente, la benzina.
Ci sono poi altri fattori che stanno allontanando la Generazione Z dall’automobile. Gli incidenti stradali sono in aumento, i giovani sono più attenti alle problematiche ambientali (i mezzi a motore sono i principali responsabili delle emissioni di ossidi di azoto), lo smart working si sta consolidando, le città stanno cambiando per diventare meno “autocentriche” e incentivare la mobilità attiva: Città 30, Zone 30, Città dei 15 minuti, ciclabili, rimozione dei parcheggi, piazze aperte, zone pedonali e a traffico limitato, allargamento dei marciapiedi.
Per quanto divisive, le misure imposte dall’alto per disincentivare l’uso dell’auto stanno ottenendo i risultati auspicati dalle amministrazioni. I giovani che vivono in città sono consapevoli delle alternative a loro disposizione, e quindi non vedono nella patente e nel mezzo a motore la stessa priorità percepita dalle generazioni passate. Notate bene, però, che in questo passaggio stiamo parlando di contesti urbani iperconnessi, moderni e aperti alle nuove tendenze.
Nonostante un’urbanizzazione sempre più imperante, i dati Eurostat ci dicono che il 39,2 per cento della popolazione dell’Unione europea vive in città. Per il restante 60,8 per cento (il 31,6 per cento risiede nei piccoli paesi e in provincia, il 29,2 per cento nelle aree rurali) non è così semplice fare a meno dell’automobile. Soprattutto in Italia, dove si stanziano miliardi per le autostrade ma le linee ferroviarie sono inefficienti e le reti ciclabili – a differenza del nord Europa – sono frammentate, poco diffuse e non progettate per collegare comuni diversi. Il rischio è che la svolta culturale evidenziata dall’Economist venga vista come “vittoria da ZTL”, oscurando la necessità di ridurre la dipendenza di tutti – anche di chi vive in un paesino di tremila anime in provincia – dal mezzo a motore privato.