La Xylella divora gli ulivi della Puglia da un decennio, la piaga delle cavallette lo scorso anno ha devastato sessantamila ettari di terra solo in Sardegna, la flavescenza sta decimando i vitigni dell’Emilia-Romagna e di altre regioni italiane.
L’invasione delle colture da parte di parassiti e patogeni è una delle paure più grandi dell’essere umano, prodromo di carestie e indigenze alimentari. Ancora oggi, le conseguenze del cambiamento climatico sulla salute delle piantagioni – un singolo inverno caldo può consentire a un parassita di invadere nuovi territori – rappresentano un problema tutt’altro che marginale in un mondo in cui si stima che circa ottocento milioni di persone soffrano ancora la fame.
È qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale. Esattamente come accade in altri settori, gli algoritmi di apprendimento dei software sono in grado di migliorare costantemente la propria capacità di fare previsioni, contribuendo alla creazione di strumenti migliori per la gestione delle coltivazioni. Anche in Italia.
«L’IA ci può aiutare in tanti modi», spiega Maria Lodovica Gullino, professoressa di patologia vegetale all’Università di Torino e direttrice del Centro di competenza per l’innovazione Agroinnova (da lei fondato nel 2002). «Ci permette innanzitutto una migliore gestione dei dati. I dati che vengono rilevati dalle diverse centraline possono essere utilizzati molto meglio e questo aiuta a definire dei modelli previsionali più precisi. Questi modelli vengono utilizzati per evitare tutti quegli interventi che un tempo venivano fatti in maniera preventiva per “coprire” la coltura in caso di arrivo del parassita».
Negli ultimi decenni la fitoiatria – lo studio delle patologie delle piante – ha compiuto passi da gigante. È passata da una fase in cui prevalevano la difesa chimica e l’uso di agrofarmaci – spesso in maniera fortemente invasiva – a una fase in cui le conoscenze sulla biologia e sull’epidemiologia dei parassiti sono aumentate. Ciò ha permesso interventi molto più mirati, con prodotti sempre più precisi nel loro meccanismo di azione e con un minore impatto ambientale.
Il prossimo step di questo processo di innovazione è rappresentato proprio dall’intelligenza artificiale, con la fitoiatria di precisione. Tra gli strumenti utilizzati in questo campo ci sono anche i droni: «Possono aiutarci sia nell’effettuare i trattamenti – dice Gullino – sia nel rilevare i dati, permettendo un migliore controllo delle coltivazioni. Nel caso di coltivazioni molto estese, possiamo intervenire con la diagnostica a distanza, aiutando il controllo dei campi quando non c’è un’assistenza tecnica presente sul territorio in modo capillare. Si stanno facendo passi avanti proprio nella raccolta di immagini e nella costruzione di app che permettano di compiere una diagnosi in modo rapido».
È il caso di VinAI.farm, un software DSS (decision support system) sviluppato da una realtà fiorentina e dedicato ai viticoltori, che raccoglie dati climatici attraverso centraline meteo e li analizza con l’IA per prevedere l’insorgenza di fitopatologie nei vigneti. L’agricoltore può monitorare in qualsiasi momento lo stato della vigna attraverso un’app dall’interfaccia intuitiva, in modo da preservare la salute delle piante, minimizzare gli sprechi e aumentare la qualità e la quantità dell’uva.
Non è tutto. In Italia la cosiddetta “agricoltura digitale” sta assistendo a una crescita esponenziale e proliferano le startup attive in questo settore. XFarm Technologies (nata da un’idea del suo fondatore Matteo Vanotti) ad oggi conta più di centocinquantamila aziende agricole nel mondo, per un totale di due milioni ettari di campo tracciati. All’inizio di quest’anno xFarm ha ricevuto un finanziamento da un milione di euro da parte di Eic Accelerator (l’acceleratore dell’European Innovation Council) per lo sviluppo di xTrap, un sistema che sfrutta algoritmi di machine learning e modelli previsionali per il monitoraggio degli insetti fitofagi nelle coltivazioni.
«Il bello di questo cambiamento – conclude Gullino – è che si vede l’interazione di diverse figure come l’agronomo, l’economista e l’ingegnere, che sono un po’ i nuovi mestieri del nostro settore. Si mettono insieme ragazzi con un’estrazione diversa. È un settore in cui si sta investendo molto e che si traduce in una difesa molto più mirata e a un minore impatto ambientale, in grado di aiutare e sostenere sia le piccole medie aziende sia quelle più grandi. Quello che serve però sono tecnici specializzati in grado di leggere al meglio questa grande quantità di dati: il rischio è che se ne raccolgano enormi quantità ma che poi si faccia fatica nella loro interpretazione».
L’intelligenza artificiale al servizio dell’agricoltura è già realtà. Lo sviluppo su vasta scala di questo tipo di sistemi di ottimizzazione rappresenterebbe tuttavia un cambio di rotta lungimirante: per far fronte ai cambiamenti climatici, la nostra filiera alimentare dovrà essere pensata per rispondere rapidamente alle nuove sfide e le competenze tech apporteranno un contributo sempre più fondamentale all’interno di questo nuovo meccanismo.