Il 9 marzo Ivan Scalfarotto, senatore di Italia Viva e fondatore di Parks – Liberi e Uguali, di cui è dal 2014 presidente onorario, ha presentato in conferenza stampa a Palazzo Madama il suo disegno di legge recante Disposizioni in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio e all’adozione per coppie formate da persone dello stesso sesso. E proprio sul tema dell’omogenitorialità la destra di governo è andata negli ultimi giorni nuovamente all’attacco, provocando ampie reazioni anche al di fuori dell’universo rainbow. Non a caso, si terrà nel pomeriggio a Milano in piazza della Scala la manifestazione dal nome fortemente evocativo “Giù le mani dai nostri figli e dalle nostre figlie”.
Senatore Scalfarotto, matrimonio egualitario e adozione per coppie di persone dello stesso sesso. Ha davvero senso presentare uno specifico ddl a sette anni dall’approvazione della legge sulle unioni civili, per quanto considerata discriminatoria sin da allora da parte dei movimenti Lgbt+?
La legge sulle unioni civili è una normativa tecnicamente discriminatoria, perché distingue chi può avervi accesso sulla base dell’orientamento sessuale. D’altra parte, non si può non tenere in considerazione come il percorso fatto da molti altri Paesi – ad esempio, Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito – sia stato quello d’introdurre, come da noi, un istituto sperimentale nel momento in cui facevano il passo rivoluzionario di riconoscere le coppie gay e lesbiche davanti alla legge. Tuttavia, una volta che in quei Paesi si è verificato che il nuovo istituto non aveva prodotto sconquassi, si è quindi completato tale percorso ammettendo il matrimonio per tutte e tutti. Proprio per questa ragione mi pare il momento che anche l’Italia, dopo le unioni civili, faccia questo secondo passo. La legge 76/2016 ha dimostrato di funzionare: non ha, come paventato da alcuni, introdotto elementi di degrado morale nella società né disgregato le famiglie eterosessuali. Dunque, non vedo nessuna valida ragione per cui questa discriminazione debba permanere nel nostro ordinamento.
Aprire il matrimonio alle coppie di persone dello stesso sesso chiama anche in causa la regolamentazione dell’omogenitorialità, che, soprattutto negli ultimi giorni, continua a essere al centro di acceso dibattito. Cosa prevede il suo disegno di legge al riguardo?
Nel mio ddl è previsto che – una volta che l’accesso al matrimonio sarà aperto a tutte le coppie – chi lo avrà contratto avrà diritto a tutte le facoltà proprie di tale istituto. Nel momento in cui le coppie sposate saranno tutte uguali indipendentemente dal genere dei coniugi, avranno ovviamente accesso alle leggi in vigore anche in tema di filiazione e di adozioni.
Il 14 marzo la Commissione Politiche europee del Senato ha bocciato la proposta di Regolamento europeo per l’adozione di un certificato unico di filiazione. Qual è la sua valutazione nel merito?
I bambini, al di là di chi siano figli, hanno diritto come tutti i cittadini europei alla libera circolazione nel territorio dell’Unione, che è uno dei pilastri fondativi dell’Unione europea. Non si possono certamente colpire i bambini per scoraggiare la gestazione per altri. Innanzitutto, perché è immorale far pagare ai figli quelle che si considerano colpe dei genitori. In secondo luogo, perché questa logica – che ricorda tanto, per scorrettezza e inutilità, la logica per cui non si salvano i migranti, sperando di scoraggiare in tal modo le partenze – non funzionerà: nonostante tutti i divieti frapposti all’utilizzo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, questo non ha mai fermato chi desidera avere un figlio. In ogni caso, vale anche la pena di ricordare che, come dimostrano le statistiche, la stragrande maggioranza di chi si reca all’estero per ricorrere alla gpa, è costituita da coppie eterosessuali.
Perché, nonostante la Corte costituzionale abbia richiamato più volte il legislatore a garantire piena tutela ai bambini nati in coppie di persone dello stesso sesso, non si fa nulla al riguardo?
La ragione è che, nel caso della discriminazione sia sul matrimonio sia sulla filiazione, entrambe superate praticamente in tutto il mondo occidentale, esiste una convinzione radicata nel nostro Paese, vale a dire che le persone omosessuali avrebbero minore dignità o minori capacità di quelle eterosessuali. Stabilire in modo aprioristico che una coppia di gay o di lesbiche non può adottare significa, in sostanza, affermare, come viene detto apertamente, che le persone omosessuali non sono adatte a essere genitori. È una convinzione diffusissima nel nostro Paese, ma che non si appoggia su alcuna base scientifica. Dobbiamo ripartire dal principio che persone eterosessuali e omosessuali sono assolutamente uguali, dotate delle stesse capacità, delle stesse potenzialità, della stessa dignità davanti alla legge. A meno che non vogliamo assomigliare più a Paesi come la Polonia e l’Ungheria – per non parlare della Russia di Putin e del patriarca Kirill –, anziché a quelli con i quali normalmente ci confrontiamo.
Dopo che il sindaco di Milano, su richiesta della prefettura, ha annunciato lo stop alle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia, si terrò domani in piazza della Scala la manifestazione Giù le mani dai nostri figli e dalle nostre figlie. Eppure, si sperava altro atteggiamento da lui…
Il richiamo del governo attraverso il prefetto di Milano è simbolicamente molto negativo. E tuttavia bisogna dire che il vero problema non è che Milano non possa più rappresentare un’isola felice, perché non è di felici eccezioni di cui abbiamo necessità. Ci vuole una legge: non tutti hanno la fortuna di abitare a Milano e di avere un sindaco sensibile al tema dell’omogenitorialità come Sala. Bisogna dunque risolvere questa questione sulla base di norme generali e astratte. Oltre ad andare in piazza, è necessario assumere un’iniziativa politica e parlamentare che tenga un punto fondamentale: nel 2023 non è pensabile che in Italia esistano cittadini a diritti diminuiti, in barba alla Costituzione e alla cultura giuridica dominante in tutti i nostri Paesi amici e alleati.
Azione e Italia Viva hanno avviato un processo d’unificazione. Ma proprio su questioni come quella dell’omogenitorialità si levano all’interno del partito in fieri obiezioni e distinguo. Non è segno d’una certa schizofrenia in chi si sente e si professa in linea col pensiero di Macron, discostandosene appieno quando sono in ballo i diritti delle persone Lgbt+?
Trovo del tutto normale e fisiologico che nel Terzo Polo ci siano sensibilità diverse. Ritengo, anzi, la compresenza di diverse culture politiche un nostro elemento di ricchezza. Siamo dentro un percorso di creazione di un nuovo partito, di una nuova soggettività politica: in tale iter sarà assolutamente necessario che noi dibattiamo a fondo tutti i grandi temi, compreso quello dei diritti e delle libertà delle persona. Tema, che, dovremo certamente discutere in modo molto aperto e disponibile all’ascolto dell’altro. Per quanto mi riguarda sono a disposizione per questo esercizio di ascolto e di comprensione. Ma farò certamente tutto ciò che mi sarà possibile per sostenere e rappresentare le ragioni di chi ritiene che un partito, che aspira a essere liberale, europeista, modernizzatore, non possa non essere all’avanguardia anche in tema d’uguaglianza tra le persone. Credo che noi dovremmo lavorare per portare l’Italia a essere tra i Paesi più avanzati al riguardo, così come lo facciamo su tutti i temi. Mi riesce difficile capire perché proprio noi, che siamo il partito più decisamente schierato sulla costruzione europea, noi che siamo parte del gruppo europarlamentare fondato da Emmanuel Macron, solo e sempre sul tema dei diritti civili dovremmo stare insieme a Orbán e Kaczyński. Forse qualcuno avrà la bontà di spiegarmelo. La compresenza di culture politiche diverse è un’ottima cosa. Ma non può, a mio avviso, giustificare discriminazioni di diritto positivo, che non hanno radici né nella Carta costituzionale, né nel buonsenso, né nella scienza.
Renzi le ha obiettato qualcosa per questo suo prendere aperta posizione su omogenitorialità e matrimonio egualitario con tanto di disegno di legge?
Matteo Renzi è colui che, da cattolico, ha posto la questione di fiducia sulle unioni civili. È colui che da presidente del Consiglio ha detto: Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Renzi è dunque un cattolico, orgogliosamente cattolico. Ma è anche la persona che ha dato una delle più grandi prove di laicità nella storia della nostra Repubblica. Mi aspetto pertanto che questa laicità nel metodo sia anche parte integrante del percorso che porterà alla nascita del nuovo partito, che stiamo costruendo nel Terzo Polo. Penso che tutte le iscritte, gli iscritti, i militanti e i simpatizzanti, che si riconoscono in una cultura liberale e libertaria per quanto attiene ai diritti della persona, dovranno avere la capacità e la forza di far sentire chiaramente la propria voce in questo percorso.
Considerando quale sia l’attuale maggioranza, non crede che sarebbe stato meglio portare a casa, nella scorsa legislatura, una legge di prevenzione e contrasto dell’omolesbobitransfobia sia pur imperfetta?
Certamente. In Italia abbiamo l’ulteriore problema che il dibattito si svolge in un’ottica strettamente ideologica, dove l’uguaglianza è patrimonio della sinistra, la discriminazione della destra. È sbagliatissimo: basti pensare che nel Regno Unito e in Germania il matrimonio egualitario è stato approvato sotto la responsabilità di due leader conservatori. Noi invece ci troviamo in un sistema, in cui la discussione sui diritti delle persone diventa una bandiera, un tema identitario, l’unico vero tema in cui non è possibile arrivare a compromessi. Così la sinistra s’accontenta di affermare l’uguaglianza in Parlamento senza mai preoccuparsi veramente di realizzarla, la destra, invece, pensa d’aver fatto il suo lavoro affermando una discriminazione, che è sempre negativa per il Paese e che nega lo spirito della Costituzione. Dovremmo guardare a questi temi in maniera non ideologica e molto pragmatica, lasciando alla piazza di fare la piazza e facendo in modo che i politici, più che scendere in piazza, lavorino in parlamento a fare la fatica di approvare buone leggi per il Paese. Magari imperfette, ma assolutamente necessarie.