La rivelazione dell’omosessualità di Francesco Borgonovo da parte di Massimiliano Parente ha sollevato soprattutto a destra un coro d’indignazione contro l’atto «squallido» (La Russa dixit) e il suo autore. Lo scrittore, che collabora con Il Giornale, è stato così investito da una tempesta d’improperi e aprioristicamente accusato di mera denigrazione per un non meglio precisato regolamento di conti. Il vicedirettore de La Verità, che collabora, fra l’altro, anche con la testata di CasaPound Il Primato nazionale, ha invece incassato numerosi attestati di vicinanza a partire da quelli del già menzionato presidente del Senato e dei vari Daniele Capezzone, Mario Giordano, Alessandro Orsini.
Negli scorsi giorni gli stessi quotidiani sono stati pressoché unanimi nel solidarizzare con Borgonovo e attaccare Parente. Riprova, invero, d’una diffusa quanto distorta mentalità che, ben dura a morire, confonde orientamento sessuale con vita sessuale e inveisce non già contro chi predica in un modo e razzola in un altro, ma contro chi tale ipocrisia mette in luce. Perché, alla fin dei conti, Massimiliano Parente, facendo outing – rendendone cioè pubblico l’orientamento sessuale – a Francesco Borgonovo, ha semplicemente portato alla pubblica attenzione l’indigeribile contraddittorietà di chi è omosessuale e, al contempo, paladino di crociate anti-Lgbt+. Null’altro. E ha ben ragione lo scrittore quando osserva su Twitter come «la solidarietà a Borgonovo» dimostri «l’omofobia di chi, oltre a togliere i diritti alle famiglie gay, ritiene che dire di qualcuno che è omosessuale sia infamante. Come se avessi detto che è pedofilo».
A Linkiesta il giurista e avvocato Antonio Rotelli rileva come «non tutti gli outing siano uguali. Dal punto di vista giuridico non c’è d’altra parte offensività in sé nel dire di qualcuno che è omosessuale: si sta infatti parlando di una caratteristica personale, non già della sua vita sessuale. Se la rivelazione fosse stata invece fatta con un intento diffamatorio od offensivo, allora lì si potrebbero individuare alcune fattispecie di reato». È in questo caso che essa sarebbe diffamazione.
«Dalla lettura del tweet di Parente – continua lo studioso – si evince che la finalità di quello che scrive non è far sapere al mondo che Borgonovo è omosessuale. Quest’aspetto è presente ma secondario rispetto al ragionamento che viene sviluppato: la sua è una critica alla conciliabilità tra l’essere omosessuale e il dire determinate cose». Rotelli ricorda inoltre come in più sentenze la Suprema Corte si sia occupata dell’utilizzo della parola omosessuale o lesbica, l’una e l’altra dalla valenza neutra e non già direttamente offensiva come, ad esempio, frocio: «Quello che la Cassazione fa sempre è valutare il contesto. Ad, esempio nella sentenza 30545 del 2021 a una donna viene dato della lesbica e della puttana. Il procedimento non è per diffamazione ma per atti persecutori: nel confermare la relativa condanna viene fatta un’enumerazione di tali atti, tra i quali l’aver voluto i rei volutamente e sprezzantemente fatto riferimento a una persona come lesbica e puttana».
A contare dunque è il quadro complessivo che le menzionate parole neutre disegnano: «È necessario sottolineare come nella sentenza 50659 del 2016, che è la più citata al riguardo, la Cassazione dica che la parola omosessuale non è atta a ledere la reputazione di una persona».
D’altra parte, il giornalista statunitense Michelangelo Signorile, che è considerato l’ideatore dell’outing come capillare strategia politica di difesa contro gli attacchi alle persone Lgbt+, rilevava già nel ’97 che un tale atto «non ha nulla a che fare con la privacy bensì con l’omofobia» e, più in generale, con «il rifiuto di presentare l’omosessuale in una luce favorevole (come nel caso di un personaggio celebre)». E nel caso di Borgonovo un tale rigetto non si limita unicamente a ciò che attiene alle famiglie omogenitoriali, ma s’estende, ad esempio, alla negazione di un effettivo problema di discriminazione e violenza verso le persone Lgbt+ e all’ossessive affermazioni su un disegno omosessualista mondiale per imporre in maniera autoritaria «il regime del gender» (titolo, questo, d’un libro scritto a quattro mani con Maurizio Belpietro ed edito nel 2021).
Franco Grillini, che ha conosciuto negli anni ’90 al Cassero di Bologna Michelangelo Signorile, ricorda a Linkiesta come il giornalista e attivista d’Oltreoceano avesse precisato il significato dell’outing quale «metodo di lotta politica» e determinatone i criteri ben determinati, in «quanto si fa verso persone omosessuali omofobe in posizione di potere. Le quali fanno carriera proprio grazie all’omofobia: succede nelle gerarchie ecclesiastiche, in politica e anche nel giornalismo».
Secondo l’ex parlamentare e leader storico del movimento Lgbt+ italiano, «nel caso di Borgonovo siamo di fronte a una totale sproporzione tra la sua ossessione sulla presunta ideologia gender e la possibilità di replica della nostra collettività, presa di mira soprattutto per ciò che riguarda i diritti in campo legislativo». Un’ossessione che oggi, dopo le dichiarazioni di Massimiliano Parente, possiamo però comprendere un po’ di più e meglio valutare.