ReindustrializzazioneLa «pausa ambientale» invocata da Macron preoccupa Bruxelles e gli ecologisti

Le parole del presidente francese durante la presentazione del progetto di legge «industria verde» hanno scosso l’Unione europea e messo in imbarazzo il suo stesso schieramento. È l’inizio di un passo indietro “green” in stile Sarkozy?

AP Photo/LaPresse

Non sono passate inosservate le parole pronunciate giovedì da Emmanuel Macron che ha chiesto, durante la presentazione del progetto di legge «industria verde», una «pausa normativa europea» per quanto riguarda le norme ambientali. Mentre il governo francese viene esortato dal consiglio di Stato a fare di più per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e gli attivisti per il clima vengono sempre più criminalizzati, le parole del presidente non rassicurano né in Francia né a Bruxelles. 

«Noi abbiamo già adottato molte norme a livello europeo, più dei nostri vicini. Ora dobbiamo metterle in pratica, non cambiare di nuovo le regole, perché altrimenti perderemo tutte le parti interessate», ha detto giovedì scorso Emmanuel Macron davanti a una platea di trecento persone, nel bel mezzo della presentazione della norma all’Eliseo. Tra i cattivi esempi da lui citati in ambito climatico ci sono «gli americani, i cinesi o qualsiasi altra potenza mondiale». 

Parole che hanno scosso subito Bruxelles, dove sono i conservatori del Partito popolare europeo (Ppe) a chiedere una moratoria su diversi testi del Green deal, il pacchetto di iniziative che mirano ad avviare l’Europa verso la neutralità climatica entro il 2050. Alcuni hanno ironizzato in merito a questa (ennesima) uscita poco rassicurante del presidente francese in campo climatico. Ad esempio, su Twitter, l’eurodeputato ecologista francese David Cormand ha scritto: «Il campione della Terra è tornato».

L’invito di Macron, però, ha messo in imbarazzo anche il suo stesso schieramento. Come riporta il giornale francese Le Monde, il presidente della commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo, il “macronista” Pascal Canfin, ha messo le mani avanti e ha definito quella di Macron «una frase infelice che non traduce ciò che fa la Francia». 

A poco è servita la retromarcia dell’Eliseo che, di fronte allo scalpore, ha precisato all’Afp che Emmanuel Macron non ha chiesto né una sospensione, né una moratoria e ancor meno un’abrogazione «delle norme attuali in corso di discussione». Il Presidente avrebbe invece invitato a mettere in atto le decisioni già prese in maniera omogenea in Europa, prima di fare altri cambiamenti, poiché le norme attuali sono già «le più ambiziose nel mondo». 

Spiegazioni poco convincenti, soprattutto secondo gli esponenti dei partiti di sinistra e le associazioni ambientaliste. Sul canale radio Franceinfo, Lorette Philippot, responsabile dell’associazione “Les amis de la Terre” ha ad esempio reagito dicendo che la dichiarazione del presidente è non solo «completamente irresponsabile, ma anche una grave ammissione di fallimento». 

«Bisogna andare molto più veloce e molto più lontano, piuttosto che frenare questi progressi davvero indispensabili», ha aggiunto l’attivista, sottolineando che il modello industriale difeso da Macron è incompatibile con le sfide imposte dalla crisi climatica. «Questa frase è più da presidente del Medef che da presidente della Repubblica, si vede quali interessi ci sono dietro», ha concluso, facendo riferimento al Movimento delle imprese di Francia (Medef), che rappresenta gli imprenditori del Paese. 

Transizione ecologica e sovranità industriale
Lo stesso ministro delegato all’Industria, Roland Lescure, non ha placato le polemiche dichiarando in televisione che questa pausa dovrebbe durare cinque anni perché «per stabilirsi in Francia, gli industriali hanno bisogno di sapere quale sorte li aspetta per i prossimi cinque-dieci anni». 

Con il suo piano di reindustrializzazione «verde», e la «pausa» da lui auspicata, Macron vorrebbe tutelare le industrie locali esposte alla concorrenza di Paesi meno attenti da un punto di vista ambientale come la Cina. «Non vogliamo solamente essere un mercato verde, ma produrre in modo green sul nostro suolo», ha spiegato. Mentre Cina, Stati Uniti e Germania sono in prima fila per quanto riguarda, ad esempio, la produzione di energia solare, Parigi stenta a stargli dietro. Nel 2022, per rendere l’idea, in Francia sono stati installati 2,6 gigawatt di pannelli solari: una decrescita rispetto ai 2,8 gigawatt del 2021.

Il progetto di legge «industria verde» vorrebbe quindi promuovere la decarbonizzazione delle industrie francesi, riuscendo così a conciliare due obiettivi: la transizione ecologica e la sovranità industriale del Paese. Quest’ultima, in particolare, dopo l’emergenza sanitaria è diventata una priorità assoluta. Per renderla concreta, il testo prevede ad esempio l’introduzione di un «credito fiscale industria verde» di cui potranno beneficiare le imprese dei settori definiti dal Net-Zero Industry Act, il piano di sussidi all’industria europea per favorirne la riconversione verde (che mira proprio a ridurre lo svantaggio competitivo dell’Europa rispetto agli Stati Uniti). 

Tra questi settori figurano il fotovoltaico, l’eolico, le pompe di calore e gli elettrolizzatori. Il Presidente francese spera così di generare «venti miliardi di investimenti». Non è tutto: il bonus per l’acquisto di un veicolo elettrico, che ammonta oggi a più di un miliardo di euro, dovrebbe essere ripensato per favorire i veicoli fabbricati in Europa piuttosto che in Cina. Un miliardo di euro saranno anche stanziati per decontaminare le zone industriali. A livello europeo, la Francia vuole spingere per far sì che, sui prodotti extraeuropei importati, vengano imposte le stesse norme in vigore nell’Unione

Industria verde? 
«Oggi sappiamo reindustrializzare e fare ecologia allo stesso tempo», ha spiegato Macron venerdì durante una visita in una fonderia di alluminio nel nord della Francia. Ma il clamore generato dalle sue dichiarazioni solleva inevitabilmente il dubbio sulla compatibilità tra reindustrializzazione ed ecologia. 

Se per tutelare le industrie francesi e incentivare l’occupazione fosse realmente necessario mettere tra parentesi le normative ambientali, sarebbe davvero possibile “rinverdire” l’industria come sostiene Macron? Il clima, infatti, «non va in pausa», ha ricordato Lorette Philippot a France Info, chiedendosi come si possa retrocedere sulle norme ambientali «quando in Europa e in Francia siamo ancora molto lontani dal raggiungimento degli obiettivi climatici». Come ha sottolineato la rappresentante di “Les amis de la Terre”, lo Stato francese è stato condannato due volte, nel 2020 e nel 2021, per i suoi ritardi a livello di impegni presi nella lotta contro la crisi climatica. 

Ancora mercoledì scorso, a un giorno dalla presentazione del progetto di legge «industria verde», il consiglio di Stato – la più alta giurisdizione amministrativa francese – ha di nuovo esortato il governo a fare di più in ambito ambientale e climatico, esigendo l’adozione di nuove misure per ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro un anno (nell’ambito di una causa che risale al 2019). 

Intanto, in questi ultimi mesi le contestazioni portate avanti da collettivi e associazioni ambientaliste non si sono fermate, prendendo di mira nuovi progetti di autostrade o la costruzione di enormi bacini idrici al servizio dell’industria agroalimentare (che non risolvono il problema della siccità). Dal canto suo, il governo Macron – in maniera simile rispetto a quello italiano – continua a criminalizzare gli attivisti per il clima, definendoli «ecoterroristi» (termine utilizzato dal ministro dell’Interno Gérald Darmanin).  

A livello europeo, il messaggio di Macron preoccupa anche per alcune proposte cruciali del Green deal, oggi contestate dal Ppe, come la riduzione dell’utilizzo di pesticidi. La Francia si è già contraddistinta in questo campo. Il 3 maggio, le deroghe provvisorie instaurate a più riprese dalla Francia per l’utilizzo degli insetticidi neonicotinoidi (vietati in Europa) nelle coltivazioni di barbabietole sono ad esempio state giudicate «illegali» dal consiglio di Stato, in seguito ad una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. 

Ecco perché, mentre la prima ministra Elisabeth Borne assicurava sabato che «non ci sarà nessuna pausa nell’ambizione climatica» della Francia, alcuni rivedono invece nelle parole di Macron quelle pronunciate in passato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy: «L’ambiente comincia a stancare». Un messaggio «preoccupante e disastroso», per Lorette Philippot, a un anno dalle prossime elezioni europee.

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