L’ultimo tweet di Nicola Sturgeon, un giorno prima dell’arresto e del rilascio, era per festeggiare d’aver superato l’esame teorico della patente. Nel suo primo editoriale dalle dimissioni da first minister raccontava proprio che finalmente stava imparando a guidare, poteva dedicarsi ai suoi affetti, tra le piccole gioie del ritiro da una vita pubblica così in vista, tutta tesa nello scontro con Londra, con cinque premier diversi, per l’indipendenza. A febbraio, quando l’ha lasciata, erano prevalenti le lacrime delle «motivazioni familiari».
Si era scritto della stanchezza, come Jacinda Ardern, e di una linea politica – considerare le prossime elezioni un «referendum di fatto» dopo che la Corte suprema inglese aveva negato a Edimburgo il potere di indire un nuovo referendum – non condivisa interamente dal partito. C’erano poi le indagini sui soldi dello Scottish National Party (Snp), ma restavano sullo sfondo. Si sarebbero sgonfiate, ripetevano le fonti ai giornali britannici. Il sospetto, ora, è che i guai giudiziari siano stati la motivazione principale del passo indietro, compiuto forse proprio nel tentativo di mettere al riparo la causa secessionista da una botta che potrebbe affossarla.
L’operazione Branchform
Domenica pomeriggio la polizia scozzese fa sapere di aver preso «in custodia» una «donna di cinquantadue anni». La donna in questione è Sturgeon, una delle politiche più influenti della storia recente, mediatizzata come “regina” di una nazione che non stampava neppure la compianta Elisabetta sulle sue banconote. Fa riflettere, abituati come siamo alla giustizia-spettacolo, che il comunicato eviti di strombazzare nomi e cognomi, a tutela della presunzione d’innocenza. Nel Regno Unito, l’identità dei sospettati resta protetta finché non vengono incriminanti formalmente.
Sono stati i media a risalire all’ex prima ministra, fino alla conferma del suo entourage. È la terza figura apicale dello Snp a venire arrestata e interrogata. Il primo è stato suo marito (sono sposati dal 2010) Peter Murrell, che dal 1999 fino a marzo di quest’anno è stato direttore generale del partito. A inizio aprile è stato ascoltato per undici ore, poi rilasciato senza accuse. Proprio come, due settimane dopo, il tesoriere Colin Beattie, poi dimessosi dal Parlamento locale.
A differenza loro, fermati senza preavviso, lo staff di Sturgeon precisa che lei ha concordato la deposizione con le forze dell’ordine. Si è sempre detta disposta a collaborare. Di Murrell, Beattie, Sturgeon sono le tre firme sui conti dello Snp. È sui suoi fondi che si basa l’operazione Branchform. Nota di colore, ma neppure tanto: i nomi delle operazioni poliziesche, in Scozia, sono casuali e non ammiccano all’oggetto delle indagini; l’opposto di quanto avviene nei nostri Paesi manettari dove le questure coniano titoli da blockbuster.
Qui non ci interessa parlare di cerchi magici, soffermarci sulla tenda forense blu comparsa durante le perquisizioni nel giardino della coppia, che si è trasferita fuori Glasgow per non dar fastidio ai vicini, né su quanto sia «lussuoso» il camper (valutazione sulle centomila sterline) sequestrato a Murrell fuori da casa di sua madre, a Dunfermline.
La presunta distrazione di fondi
In estrema sintesi, il caso è questo: le donazioni raccolte tra membri e simpatizzanti con lo scopo di organizzare la campagna per un nuovo referendum separatista sono state spese in un altro modo? Si parla di più di seicentomila sterline – la cifra luciferina di 666 mila, a voler essere precisi – raccolte nel 2017. A fine 2019, però, sui depositi intestati al partito risultano solo novantasette mila sterline, più altri asset per un valore di 272 mila sterline. A giugno 2021 il marito di Sturgeon fa un prestito di 107mila sterline allo Snp, per aiutarlo con «i flussi di cassa» dopo le elezioni in cui i nazionalisti hanno sfiorato la maggioranza assoluta.
È qui che si apre l’inchiesta, a luglio di due anni fa, anche sulla base delle lamentele di alcuni attivisti. Metà del finanziamento risulta restituito a ottobre 2022, ma un mese prima gli storici revisori dei conti del partito hanno interrotto l’incarico, però si saprà solo sette mesi dopo. Il 15 febbraio 2023 Sturgeon annuncia le dimissioni, diventate effettive a fine marzo con la scelta del nuovo leader, Humza Yousaf. In quella conferenza stampa, dice di sentire «nella mia testa e nel mio cuore» che è arrivato il momento di farsi da parte, ma non accetta domande sulle indagini. Rifiuta di rispondere.
Nel Regno Unito, va detto, vige il Contempt of Court Act del 1981: la stampa (per esempio la Bbc lo spiega chiaramente ai suoi lettori), ma anche i politici evitano accuratamente dichiarazioni che potrebbero influenzare un futuro processo. Si estende ai social, chi lo viola viene multato e rischia una condanna fino a due anni. Così nel racconto giornalistico si evitano le barricate tra innocentisti e colpevolisti tipiche dei talk nostrani.
La polizia aveva dodici ore per interrogare Sturgeon: ne ha usate sette (dalle 10.09 alle 17.24), poi l’ha rilasciata senza accuse. In base al Criminal Justice (Scotland) Act del 2016 i sospettati possono venire arrestati nuovamente in seguito, ma nel frattempo gli inquirenti devono raccogliere altre prove e presentarle al Crown Office and Procurator Fiscal Service, l’equivalente scozzese della procura. A questo ufficio i detective fanno rapporto e qui si decide se rimandare a giudizio un indagato. L’operazione Branchform non è ancora in questo stadio.
Il colpo per il partito e la sua battaglia
«Ovviamente, non posso scendere nei dettagli, ma voglio dire questo e farlo nei termini più forti possibili – ha scritto Sturgeon su Twitter –. L’innocenza non è solo una presunzione a cui mi dà diritto la legge. So oltre ogni dubbio di essere nei fatti innocente di ogni illecito». Dopo un paio di giorni di pausa, intende «tornare presto in Parlamento per rappresentare meglio che posso il mio collegio di Glasgow Southside».
In attesa degli eventuali sviluppi giudiziari, chi sta già pagando le conseguenze del trauma è lo Scottish National Party, già alle prese con una crisi di consensi. Proprio ieri mattina il nuovo segretario Yousaf prometteva di realizzare «l’indipendenza entro cinque anni». Poi è stato travolto dagli eventi. Ma qualcosa di simile avviene già da quando è stato scelto. Eletto sulla linea della continuità con Sturgeon, da mesi viene intercettato dalle telecamere solo per commenti su uno scandalo che ancora non esiste come tale, ma è alle sue prime – eventuali – battute.
Non sul programma, non sulla sua visione per la Scozia dove ancora lo Snp governa. È questo aspetto, quello di una vicenda che si trascina, a orologeria, sui tentativi del partito di sopravvivere alla sua leader più rappresentativa a minarne i tentativi di rilancio. Yousaf ha passato settimane a difendere l’ex prima ministra, con cui ancora si consiglia, invece di poter parlare del futuro della battaglia esistenziale dello Snp, anchilosato su un passato che non è neppure il sogno sfumato 55 a 45 nel 2014, ma la leadership precedente.
Così gli avversari hanno speculato. «Lo Snp è fagocitato da torbidità e caos», dice il fiduciario dei conservatori a Nord, Craig Hoy. «Per troppo a lungo è stato permesso di incancrenirsi a una cultura di segretezza e omertà al cuore dello Snp», rincara Ian Murray dei laburisti, che contano di sottrarre ai nazionalisti una ventina di seggi. Il partito si è spaccato: l’ex leader va sospesa? L’impressione è che, almeno nella percezione pubblica, l’ombra dell’arresto, con il suo danno d’immagine, si allungherà per mesi. Questo a prescindere da un eventuale processo.
La successione impossibile
È come se lo scambio di ruoli tra Yousaf e Sturgeon sia bloccato. Entrambi vorrebbero guardare avanti, ma sono costretti a fissare lo specchietto retrovisore, come nelle lezioni di guida della first minster più a lungo in carica. «Invece di affrontare il carovita, Westminster è consumata da questa soap opera di terz’ordine», twittava Yousaf venerdì, di fronte al vittimismo complottista di Boris Johnson che lascia il Parlamento per provare a riprendersi, prima o poi, il potere. Due giorni dopo sarebbe stata la Scozia a meritarsi i titoli a tutta pagina dei tabloid.
Per dirla con un mostro sacro della tv britannica, Robert Peston: «Non c’è mai stato un ribaltamento delle sorti così veloce o drastico come quello di Nicola Sturgeon. Penso non ci siano precedenti moderni in cui un ex leader così potente come lei venga tenuto “in custodia” dalla polizia. Solo poche settimane fa i suoi colleghi insistevano che fosse solo una tempesta in un bicchier d’acqua (l’inglese è migliore: «storm in teacup», ndr). Ciò non per supporre in alcun modo colpevolezza o innocenza, ma solo per mettere l’arresto in un contesto storico».