È una storia veramente imbarazzante per la premier. Mentre Giorgia Meloni si trova a Berlino per un importante vertice intergovernativo italo-tedesco, il ministro dell’Agricoltura torna alla ribalta della cronaca per aver chiesto e ottenuto di scendere a Ciampino dal treno veloce per saltare sulla sua auto blu. Il Frecciarossa era in ritardo di due ore per un guasto sulla tratta Roma-Napoli ma il potente Cognato d’Italia doveva raggiungere Caivano per l’inaugurazione di un nuovo parco. Insomma, non proprio una priorità assoluta, un’emergenza istituzionale, come invece una compiacente nota di Trenitalia ha sottolineato per giustificare una fermata non prevista sulla linea degli Intercity in cui era finita la Freccia.
A parte il fatto che di questi guasti se ne verificano tanti ogni settimana, ma questo è un altro discorso, il problema in questione è Lollobrigida: avrà pure sentito l’esigenza e la responsabilità politica di esserci nel luogo di una tragedia ai danni di una ragazzina, ma chi gli ha dato il diritto di pretendere quello che un cittadino non avrebbe mai potuto pretendere? Un comune cittadino, un pendolare che lavora in una di quelle città collegate e paga profumatamente il biglietto dei treni veloci. Mettiamo che sia un imprenditore che deve chiudere un affare importante, un chirurgo dalle cui mani dipende la vita di una persona, un avvocato dalla cui difesa dipende una persona in carcere. I casi d’urgenza possono essere migliaia quanti sono i passeggeri. Non è populismo, questo, argomenti anti-casta tanto a chilo. È un modo di intendere l’esercizio del potere da parte di chi si vanta di essere vicino al popolo, e accusa l’élite di sinistra chiusa nella ridotta della Ztl.
Ora, intendiamoci, la politica è sempre stata costellata di prepotenze, di «non sa chi sono io», di ministri che si costruiscono privilegi. Vi ricordate l’ex ministro dei Trasporti Claudio Scajola che fece istituire il volo Alitalia Fiumicino-Albenga, vicino la sua Imperia?
Dimissioni? I Fratelli d’Italia fanno quadrato attorno al vero numero due del governo, che potrebbe diventare commissario europeo se il suo partito entrerà nelle stanze del potere a Palazzo Berlaymont. A tifare per lui c’è la Coldiretti, che all’Agricoltura comunitaria avrebbe un grande amico. I rapporti con questa categoria sono fortissimi. Basti pensare che quando Ettore Prandini, pochi giorni, fa ha spintonato e insultato Benedetto Della Vedova (il parlamentare di Più Europa stava protestando davanti a Palazzo Chigi contro il divieto della carne coltivata), Lollobrigida si è subito schierato con il suo grande elettore, negando l’evidenza di un video.
Lollobrigida è un intoccabile. «Certi sciacalli non sanno più a cosa aggrapparsi», lo difende il capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti. Il marito di Arianna Meloni può permettersi pure di passare per ignorante, di far finta di non sapere che la sostituzione etnica di cui ha parlato a proposito della presunta invasione di migranti non è una roba razzista, un’espressione da suprematista bianco. Non chiede scusa per avere usato la sua carica per scendere dal treno. Anzi, sostiene che quella a Ciampino era una fermata straordinaria disponibile per tutti. Certo, come se tutti avessero un’auto blu ad aspettarli fuori la stazione per proseguire il viaggio. Come se la sua presenza a Caivano era essenziale perché, ha detto lui una volta arrivato a destinazione, «la gente deve percepire la presenza concreta dello Stato, e a Caivano lo Stato c’è e si vede: si nota anche che la fiducia cresce».
Cresce pure la presunzione di essere dei marchesi del Grillo, di far dire a Trenitalia che in certe situazioni le fermate straordinarie sono previste, e vale per tutti. La differenza è che a chiedere la fermata ad personam è stato un ministro e gli altri una volta scesi dalla carrozza sono a piedi.
Gli underdog sono diventati arroganti. E che facciano dire ai loro portavoce che Lollobrigida a Caivano ci sarebbe andato pure a piedi, perché c’erano bambini ad aspettarlo, è una giustificazione ridicola.