Le opposizioni più scombiccherate del mondo stanno riuscendo nell’inedita impresa di dire le stesse cose pur continuando a odiarsi reciprocamente. Le dichiarazioni di Elly Schlein, Matteo Renzi, Carlo Calenda, Riccardo Magi, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli contro la solipsistica conferenza stampa di Giorgia Meloni sono del tutto sovrapponibili – Giuseppe Conte fa corsa a sé, perennemente confuso, ma anche lui non ha fatto sconti alla presidente del Consiglio.
Parliamo di sei partiti (più il Movimento 5 stelle) che nulla riesce a far dialogare; marciano divisi e colpiscono divisi, finendo per fare al governo il solletico. Nemmeno sulla vicenda allucinante dell’onorevole (sic) Emanuele Pozzolo, che secondo il Corriere della Sera pare abbia sparato lui il colpo di mezzanotte, ha indotto le opposizioni a un atto parlamentare comune; e neppure l’enigmatica e per questo inquietante denuncia di Meloni circa condizionamenti e ricatti ha spinto Schlein, Renzi e gli altri a fare fronte comune nel reclamare una spiegazione in Parlamento.
Ognuno parla per sé, basta che si conquisti il passaggio nel pastone del Tg1 – un Tg1 tra l’altro sempre più fazioso e squilibrato. Il Partito democratico, in particolare, dato che è il partito più forte, continua a occuparsi dei suoi problemi interni e caso mai a combinare pasticci sulle prossime amministrative, come in Sardegna o a Firenze, e soprattutto a non dare battaglia a quel Giuseppe Conte che gli morde i polpacci: vedremo già mercoledì in Parlamento la replica della rottura sugli aiuti militari all’Ucraina, l’ennesima divaricazione tra Schlein e l’avvocato del popolo che dovrebbe (avrebbe già dovuto) comportare una rottura, altro che diplomatici salamelecchi: com’è possibile che in una fase cruciale e drammatica per Kyjiv ci si possa tirare indietro? E che anzi ci si sieda a un tavolo “romano” per stipulare accordi spartitori sulle elezioni regionali?
Questa buffonesca situazione tra l’altro sta coprendo le strutturali divisioni della destra, a cui si sono aggiunte quelle nuove sempre a proposito delle regionali, con la bella differenza che i tre (non sei o sette) capi della destra si mettono intorno a un tavolo, s’ammazzano e poi però decidono, mentre le opposizioni neppure si salutano tra di loro.
Emblematico il rapporto malato tra Calenda e Renzi che è all’origine dell’abortito Terzo Polo e dunque della possibilità di una “gamba” più moderata di cui l’opposizione avrebbe bisogno come il pane (e vedremo se i tentativi di un nuovo discorso al centro porteranno risultati prima delle elezioni europee). Dunque, finché i partiti dell’opposizione non si parleranno pur dicendo le stesse cose il teatro dell’assurdo messo in scena da questi neo-beckettiani servirà solo a perpetrare lo spettacolo mediocre di una destra che malgrado tutto si sta prendendo il Paese. Chissà se Elly-la-federatrice intende fare qualcosa.