Veste guerriglieraMeloni promette battaglia alle istituzioni europee, ma intanto perde pezzi

La premier dice che le destre si uniranno nel Parlamento Ue per mettere in difficoltà Commissione e Consiglio, intanto è Orbán a mettere in difficoltà lei prendendosi i deputati di Vox. In ogni caso, questo non è il modo migliore per fare gli interessi dell’Italia

Lapresse

L’altra sera in tv, con un sorriso ammiccante che promette battaglia, Giorgia Meloni spiegava a Paolo Del Debbio che a Strasburgo ne vedremo delle belle quando si tratterà di votare certe leggi. Il Parlamento europeo sarà la giungla della guerriglia delle destre che improvvisamente uniranno come una falange i loro coltelli contro la maggioranza formata da socialisti, popolari e liberali. Una maggioranza a suo dire non legittimata dalle urne perché gli europei hanno premiato le liste e i partiti di destra. Tesi singolare, come se i voti per gli “usurpatori” non fossero validi. Tesi eccentriche come quella di Matteo Salvini secondo cui in Italia non c’è la dittatura delle minoranze che dall’opposizione continuerebbero a spadroneggiare in Italia. Viene da ridere ma comunque questa è un’altra storia.

Il focus è quello succederà in Europa con il voto parlamentare su Ursula von der Leyen e i voti futuri che esprimeranno i nuovi europarlamentari. Ecco, secondo la premier non durerà «questo tentativo di mettere la polvere sotto il tappeto, pensando che si possa fare finta di niente e non tenere conto delle indicazioni dei cittadini che chiedono un significativo cambio di passo». Dunque, ha avvertito Meloni, quando la vera e presunta maggioranza virerà «inevitabilmente» a destra, «riusciremo anche a dare qualche soddisfazione agli elettori».

In sostanza avremo un Consiglio europeo con un commissario italiano che entrerà in rotta di collisione con il Parlamento europeo. Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia bocceranno provvedimenti votati dal loro uomo a Bruxelles. Un commissario, tra l’altro, che Meloni vorrebbe pesante, cioè con deleghe molto importanti, anzi che sia pure un vicepresidente esecutivo. Un capolavoro di logica politica! Ma soprattutto una linearità sconvolgente se consideriamo chi dovrebbe comporre il fronte compatto per dare soddisfazione agli elettori.

Su dossier come il Green Deal, che von der Leyen ha detto che non vorrà smontare del tutto, o le misure relativa all’agricoltura, la pesca, l’immigrazione, si dovrebbero sommare i voti di Marine Le Pen e di Matteo Salvini ovvero gli identitari, con quelli dei Patrioti di Viktor Orbán a quelli della premier (Fratelli d’Italia) e i polacchi del PiS. E perché no quelli di Alternativa per la Germania? Una compagnia che, se la matematica non è ancora un’opinione, si è rafforzata notevolmente ma non è ancora, e per fortuna, maggioranza a Strasburgo. Potranno fare, appunto, la guerriglia, mettere in difficoltà la Commissione e il Consiglio europeo (dove siede una parte dei guerriglieri). Andranno in ordine sparso su altri dossier, per esempio sull’Ucraina e l’immigrazione, per non parlare delle questioni economiche e finanziarie. Lì in mezzo ci sono cicale e formiche, chi non vuole dare un euro all’Italia e chi è contro il nuovo Patto di stabilità, votato di recente dal governo italiano.

Intanto vedremo se la guerrigliera Giorgia sarà così determinata alle maggioranze variabili e improbabili, se e dopo avere ottenuto quello che chiede e lei dice spetti all’Italia. Se l’otterrà potrà dire che la sua determinazione è servita a differenza del passato, quando i governi di sinistra si accucciavano e ottenevano comunque pochino. Ora, con lei che si astiene in Consiglio su von der Leyen e vota contro il socialista Antonio Costa e la liberale Kaja Kallas, e magari ripeterà questo voto in Parlamento, Roma spezzerebbe le reni a Parigi e Berlino.

Vedremo come andrà a finire e cosa porterà a casa, ma in Europa essere di lotta e di governo non sembra il presupposto migliore per fare gli interessi della nazione. Magari la premier ha fatto il conto senza l’oste francese. Avrà pensato che avrà accanto il nuovo governo Bardella, di essere di fronte a un imminente tracollo del governo Scholz. E che i Paesi dell’Est anti-russi e i baltici (Kallas è estone) non contino niente. E che invece basta fare fronte con Orbán che da presidente di turno dell’Europa va a Mosca a baciare l’anello di Putin.

Prima di volare al Cremlino, il premier magiaro, ha strappato Vox a Merloni. Un tradimento da parte di Santiago Abascal per il quale la nostra premier si esposta molto. Partecipando ai comizi spagnoli con i suoi yo soi…
Come armata brancaleone non c’è male.

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