Nella classifica delle cento città più inquinate d’Europa stilata dall’Agenzia europea per l’ambiente, una su tre si trova in Polonia. Lungo le sponde della Vistola i livelli di inquinamento atmosferico sono diventati, infatti, un serio problema, con l’elevata concentrazione di particolati PM2.5 e PM10, biossido di azoto e ozono troposferico che costringono la Polonia a un’esposizione superiore rispetto agli standard di qualità dell’aria tracciati dall’Unione europea.
Nelle scorse settimane Varsavia ha approntato un piano per cercare di risolvere un problema legato a decenni di industrializzazione e urbanizzazione che hanno amplificato a dismisura il divario esistente fra natura e società. La ministra del Clima e dell’Ambiente, Paulina Hennig-Kloska, e il viceministro, Mikołaj Dorożała, hanno annunciato la realizzazione delle cosiddette foreste sociali.
Un’idea ambiziosa che prevede l’istituzione di quattordici “anelli verdi” larghi fino a sessanta chilometri intorno alle principali città polacche, spazi in cui poter ritrovare il contatto con la natura e, soprattutto, polmoni verdi fondamentali a contrastare l’inquinamento cittadino. Aree sicure, pulite e protette che saranno esentate dal disboscamento, così da agevolare il raggiungimento dell’obiettivo del governo che punta a proteggere il venti per cento delle aree forestali dell’intera Polonia entro fine anno.
Commentando l’avvio dell’iniziativa, Dorożała ha sottolineato come le foreste abbiano svolto tradizionalmente tre funzioni fondamentali nella vita del Paese. Le enormi distese boschive hanno assicurato alla Polonia un importantissimo approvvigionamento di legname, utile sia come materiale da costruzione che come combustibile. La presenza dei parchi nazionali ha garantito poi continuità alla tutela dell’ecosistema, mentre l’ultimo tassello riguarda proprio il ruolo sociale svolto dagli spazi verdi, un campo in cui esistono «ampi margini di miglioramento», come ha detto il viceministro.
Gli abitanti di Varsavia, Cracovia, Danzica, Breslavia, Poznan e altri centri avranno accesso alle foreste sociali, per un totale stimato di circa tredici milioni di persone, più di un terzo dell’intera popolazione polacca. L’idea di fondo è quella di riuscire a utilizzare questi spazi come aree in cui entrare in contatto e sintonia con la natura, vivere momenti di relax oppure dedicarsi ad attività più dinamiche come il ciclismo ma anche la raccolta di funghi e bacche.
Valorizzare la natura e tutelarla per metterla al servizio delle persone e ridurre gli effetti negativi generati proprio da un’azione umana scellerata. L’ambiziosa finalità dell’istituzione delle foreste sociali si traduce nell’inversione di un paradigma cristallizzato da secoli che, soprattutto in Polonia, ha visto i boschi unicamente come fonte di materie prime senza troppi riguardi per il benessere dell’ecosistema. Ma una volta arrivato il conto (salatissimo) delle criticità ambientali e dei tassi di inquinamento, la Polonia ha saputo guardare il problema attraverso una prospettiva risolutiva e, per questo, decisamente inedita.
Il programma mira a trasformare la politica forestale polacca, ponendo al centro le esigenze delle persone, della natura e del clima, e non solo la produzione di legname. La creazione degli anelli verdi destinati a diventare luoghi per la socialità e abbattere l’inquinamento urbano ha suscitato grande interesse anche a livello europeo, tanto che Norvegia, Slovacchia, Spagna e Ungheria starebbero già studiando piani per realizzare progetti simili, secondo quanto riportato dell’Agenzia europea per l’ambiente. Nuovi alberi, prati, aiuole ma anche strategie per un’accurata gestione idrica oltre alla realizzazione di edifici ecosostenibili per contrastare l’accumulo di calore, migliorando la qualità dell’aria e assorbendo le quote di acqua piovana in eccesso.
E mentre in Europa i vicini prendono appunti su come restituire una finalità sociale agli spazi verdi, a Varsavia non si risparmiano i paragoni con il recente passato politico. Nel 2023, infatti, la Corte di giustizia europea aveva bacchettato pesantemente il governo del premier Mateusz Morawiecki per aver incrementato le quote di disboscamento, in particolare nella foresta vergine di Białowieża.
Da una legge forestale polacca che non ottemperava agli obblighi previsti dall’Unione europea in materia di tutela ambientale a un’iniziativa che si può leggere come un tentativo concreto di invertire tale tendenza, favorendo l’attuazione di un modello di sviluppo sostenibile che incentivi un rapporto sempre più stretto tra natura e società. In attesa dei primi risultati della tanto discussa Nature restoration law, che ha fissato l’obiettivo di ripristinare almeno il venti per cento delle zone terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050, la nascita delle foreste sociali in Polonia ha tutte le carte in regola per rappresentare l’atteso “anno zero” nella lotta all’inquinamento atmosferico e nella riqualificazione di un ambiente tanto bistrattato ma pronto a restituire ogni suo effetto benefico, compresa la socialità.