Colonialismo a MilanoAl Centro Brera continua la propaganda russa (forse è ora che se ne occupi Sala)

Gli interventi della vicepresidente del Parlamento europeo, del Comune e di due membri del direttivo della storica associazione fondata da Craxi hanno fatto saltare un’oscena messinscena putiniana organizzata col Consolato russo, ma il presidente Carluccio insiste con un concerto di Natale affidato a un’associazione che si vanta di «propagare» la cultura imperialista russa. Una scrittrice ucraina spiega che cosa significa

AP/Lapresse

La settimana scorsa, grazie alla sentita partecipazione della comunità ucraina a Milano, della vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, che combatte la propaganda russa non solo in Italia ma in tutta Europa, e grazie all’intervento del Comune di Milano, è stato cancellato l’evento coorganizzato dal consolato generale russo e dal Centro Internazionale di Brera.

Già qualsiasi cosa organizzata dalla rappresentanza ufficiale dello Stato russo, che è riconosciuto da una risoluzione del Parlamento europeo dal 2022 come Paese sponsor del terrorismo, non dovrebbe suscitare il minimo dubbio sul vero fine di questi eventi. Tuttavia, al Centro Brera (e qui bisogna specificare: al suo presidente Stefano Carluccio) l’esperienza del consolato russo non è bastata.

Così ha affidato a un’associazione russa anche il concerto di Natale programmato per oggi, martedì 17 dicembre. L’associazione, che per qualche motivo decide di invocare la pace con una frase vaga nel comunicato stampa del concerto, parla di tutte le guerre e di nessuna di preciso: «Basta guerra nel mondo e pace nei cuori», un messaggio che avrebbe dovuto essere rivolto direttamente al consolato generale russo, che rappresenta quella guerra, e non al pubblico del Centro Brera che sa benissimo chi sta conducendo la più sanguinosa guerra del Ventunesimo secolo alle porte d’Europa.

Coorganizzatore di questo evento, oltre a Carluccio del Centro Brera, è l’Associazione culturale musicale Stravinskij Russkie Motivi. Sul sito della fondatrice dell’associazione, Larissa Yudina, ci sono alcune frasi che chi studia il colonialismo russo, praticato anche e soprattutto tramite la cultura, conosce benissimo: «La missione di propagare la cultura russa in tutto il mondo», con la scelta curiosa del verbo propagare, non diffondere o promuovere, ma propagare. E ancora, sul sito viene evidenziata anche «una curiosa assonanza» con il nome del compositore Stravinskij, «che ricorda la parola italiana “stra-vincere” e per questo scelta come buon auspicio e come direzione vincente verso cui punta questa Associazione». Insomma la maniacale voglia di prendersi tutto e di stravincere ovunque. Infine, «l’Associazione promuove: motivi musicali, artistici e culturali, ma anche motivi patriottici di grande amore per la Russia e per la sua storia e cultura», con quella parola (patriottici) che rimanda al patriottismo dei soldati russi che «difendono patriotticamente» la loro patria invadendo un Paese libero e sovrano.

Nonostante si continui a separare la cultura dalla politica, la cultura russa è sempre stata usata come strumento dell’imperialismo e dell’espansione russa. Da secoli, i territori conquistati prima dall’Impero russo e poi integrati con forza nell’Unione Sovietica sono stati marcati dalla toponomastica, dai monumenti, dalla presenza dei centri culturali russi e dalla lingua russa. Russificando gli spazi di Ucraina, Bielorussia, Georgia, Lettonia, Estonia e Lituania, la Russia ha creato il pretesto per invaderli e per “proteggere” la cosiddetta popolazione russofona – resa russofona con la forza e il dominio della cultura russa. Per esempio, nella città ucraina di Odesa, ci sono due monumenti dedicati al poeta russo Pushkin (1799-1837) e non ce n’è nessuno dedicato allo scrittore ucraino Yuriy Yanovsky (1902-1954), che aveva raccontato Odesa nel romanzo “Il Maestro della Nave”. Questo è solo uno di migliaia di esempi della presenza della cultura russa e della cancellazione delle altre culture: ucraina, bielorussa, georgiana nello spazio geografico una volta colonizzato all’Unione Sovietica e all’Impero russo.

La cultura russa da secoli si nutre delle risorse di altre culture: silenziandole, cancellandole e assimilandole. La pratica secolare di usare la cultura come arma non è andata persa. In una recente inchiesta indipendente ucraina, i giornalisti di Telebachennya Toronto raccontano come a partire dal 2008, dall’invasione russa della Georgia, Mosca ha messo in atto un programma di espansione culturale gestita dai servizi segreti russi Fsb.

I giornalisti si sono occupati di due tipi di queste organizzazioni che si chiamano Rossotrudnichestvo e Russkiy Mir Foundation. Le loro filiali sono state aperte in ottanta Paesi in tutto il mondo. Per ogni Paese è stato scelto un approccio diverso: per quelli occidentali è stata scelta la strategia di ripulire la reputazione imperialista, creando l’immagine di una Russia come un Paese europeo ricco di cultura con cui collaborare; nei Paesi che cercano di uscire dalla sfera di influenza russa, come Ucraina, Moldavia e Georgia, si è cercato di rafforzare l’identità russa attraverso la lingua e la cultura russa. Il reportage racconta come queste due strutture siano connesse direttamente con lo Stato russo e con i servizi segreti di Mosca, e prova come questi usino la cultura russa come strumento di influenza e di ripulitura dell’immagine della Russia: corsi di lingua, eventi, concerti, lezioni, borse di studio e fondi per i collaboratori sul posto sono gli strumenti con cui Mosca si presenta nelle vesti di valido collaboratore e servono a coprire i crimini di guerra commessi in Georgia, Siria, Ucraina e in altre operazioni di sabotaggio che destabilizzano la situazione interna dei Paesi come Moldavia, Romania, Bielorussia, Polonia, Francia, Germania.

A quelli che credono ancora che la cultura russa sia fuori dalla politica e rimanga uno strumento non per uccidere le persone ma per costruire i ponti, propongo un’altra lettura.

Nella polemica attorno all’evento del Centro Brera col Consolato generale russo, ovviamente i vari sostenitori della Russia hanno accusato noi ucraini di voler cancellare la cultura russa. Con un evento propagandistico cancellato non si cancella la cultura russa, peraltro molto radicata nella mente occidentale. Tuttavia noi ucraini, e non solo noi ucraini ma anche tutti i popoli che hanno vissuto sotto il giogo russo, non proponiamo di cancellare ma di ripensare e di ristudiare la cultura russa. All’ammiratore dell’arte russa vanno dati nuove chiavi di lettura. Se la Russia è stata brava a distrarre l’attenzione di molti a partire dall’invasione della Georgia nel 2008, non è più stata così brava a farlo a partire dal 2022 con l’invasione su larga scala dell’Ucraina.

Non si può più continuare a leggere la letteratura classica russa senza pensare alle fosse comuni a Izyum, non si può più guardare il balletto russo senza pensare alle bombe cadute a Lviv che hanno seppellito sotto le macerie famiglie intere. Non si può più organizzare una serata di Natale al Centro Brera di musica classica russa suonata da musicisti russi senza pensare al direttore d’orchestra ucraino Yuriy Kerpatenko, ucciso dai soldati russi a Kherson per essersi rifiutato di dirigere l’orchestra per gli occupanti russi.

Le persone che schiacciano i bottoni per lanciare le bombe russe sulle città ucraine, che sono andati in Ucraina a commettere i peggiori crimini di guerra sul territorio ucraino, sono cresciuti all’interno della cosiddetta “grande” cultura russa. Se sono cresciuti così violenti, allora la grande cultura russa è fallita, e se è fallita va ristudiata, non esportata così com’è, com’è descritta sul sito dell’associazione culturale musicale Stravinskij Russkie Motivi e con l’aiuto dei servizi segreti russi in Europa e in tutto il mondo, e senza alcuna nuova analisi viste le circostanze.

Pensando al gesto del direttore d’orchestra ucraino Yuriy Kerpatenko, mi viene in mente il gesto del direttore d’orchestra italiano Arturo Toscanini che nel 1930 rifiutò di aprire un concerto con l’inno “Giovinezza” a Bologna. Toscanini in seguito fu aggredito e schiaffeggiato da un gruppo di squadristi. Il gesto di Toscanini tuttora suscita ammirazione tra gli italiani. Perché, allora, il rifiuto di Kerpatenko e di tutti gli ucraini di collaborare con gli occupanti non suscita nessuna ammirazione tra gli italiani, ma anzi viene interpretato come un gesto da invasati che vogliono a tutti i costi cancellare la grande cultura russa?

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