«Ho lavorato con cinque presidenti americani. A tutti ho fatto la stessa domanda: perché l’aviazione degli Alleati non ha bombardato le linee ferroviarie che portavano ai campi di concentramento?». Elie Wiesel, scrittore americano, ex deportato ad Auschwitz e Buna, sopravvissuto e testimone della Shoah, non ha mai ricevuto una risposta alla sua domanda. «Mi dicevano sempre: “Dovevamo bombardare le fabbriche”». Ma non è la verità.
Lo spiega Arcangelo Ferri, giornalista Rai, che ha pubblicato per Il Saggiatore Bombardate Auschwitz. Il libro è una inchiesta storica che vuole dare una risposta all’interrogativo di Elie Wiesel. Perché non hanno fermato lo sterminio dei nazisti? «C’entra la burocrazia – spiega Ferri – c’entra l’ottusità di alcuni reparti militari, e c’entra anche l’antisemitismo. Non pochi erano d’accordo».
Questo implica che gli Alleati sapessero cosa accadeva nei campi di concentramento.
Sì. Gli alleati non solo lo sapevano, ma lo sapevano fin dai tempi della sua pianificazione, cioè nel 1942. Durante la guerra, poi, sono state molte le associazioni ebraiche che hanno fatto pressione per chiedere un intervento. Erano almeno una trentina, tra cui il Congresso mondiale ebraico. Ma non sono riusciti a ottenere nulla.
Perché non sono intervenuti?
Da un lato ha pesato un certo grado di antisemitismo, diffuso soprattutto negli ambienti di chi prendeva le decisioni finali. Poi l’atteggiamento dei militari, che non gradivano ricevere ordini e consigli su come condurre le operazioni. E poi una certa confusione burocratica: gli apparati, spesso, non erano a conoscenza delle informazioni che possedevano. La Royal Information Service dell’Aviazione, ad esempio, possedeva immagini ad alta risoluzione scattate dai voli di ricognizione dei campi di concentramento, ma non lo sapeva.
Dal punto di vista tecnico era possibile intervenire?
È una delle scuse utilizzate per giustificare il mancato bombardamento. C’è un verbale del Ministero della Guerra Usa che lo documenta. Per come era impostata la strategia militare e per come era disposta la macchina bellica, si dice nel documento, non avrebbe potuto sopportare “diversioni” rispetto alla linea decisa. Oltre al fatto che bombardamenti a bassa quota non erano fattibili.
Fu un misto di ottusità, ostruzionismo dei militari, antisemitismo
E non è vero?
È del tutto falso. Nel 1943, ad esempio, tre squadroni di Mosquito hanno bombardato un carcere, ad Amiens, per distruggere le mura e favorire la fuga di prigionieri politici e partigiani. Ma non solo: un pilota americano, che ha partecipato alle operazioni nell’Est Europa, me lo ha confermato. “Sorvolavamo spesso Auschwitz, era un punto d’incontro per le nostre operazioni nell’area”.
Cos’altro le diceva?
Che se avesse saputo quello che succedeva, non avrebbe esitato a sganciare una bomba. Con un rischio di perdite umane molto basso avrebbe distrutto le linee ferroviarie, e i forni crematori. Per costruirli, va ricordato, hanno impiegato diverse settimane. Ma nessuno glielo ordinò.
Nessuno ai vertici ha chiesto di intervenire?
Sì, certo. Ma nella storia capita sempre che le decisioni più importanti, alla fine, passino attraverso pochi individui. Uno di questi era John McCloy. Era il vice segretario alla Guerra, e aveva un ruolo fondamentale per decidere le priorità militari. Fu lui a respingere ogni richiesta. L’intervento avrebbe richiesto una pianificazione troppo lunga, ed era troppo difficile, sosteneva. Lo stesso, poi, accadde anche in Inghilterra. Churchill, una volta informato, aveva dato l’ordine di colpire le linee ferroviarie. A trasmetterlo fu Anthony Eden, membro dell’esecutivo per la politica di guerra. Ma i vertici militari si opposero.
Non è chiaro quale fosse la posizione di Roosevelt
Roosevelt come si poneva sulla questione?
Non è chiaro. McCloy, per giustificare le sue scelte, disse che era stato proprio il Presidente a consigliargli di non intervenire. Ma sembra più un tentativo di scaricare la colpa. Quello che è certo è che Roosevelt ricevette una richiesta ufficiale, ma non rispose mai. Quando gli fu recapitata non era alla Casa Bianca. In ogni caso, l’amministrazione si spaccò sulla vicenda.
Cosa accadde?
Uno dei sostenitori dell’intervento fu Hans Morgenthau, segretario del Tesoro americano, insieme a John Pehle. A quei tempi era cominciata una campagna di sensibilizzazione per salvare gli ebrei in Europa, colpiti dal nemico nazista. Le loro proposte trovavano l’ostruzionismo da parte del Dipartimento di Stato. Ma si organizzarono: si presentarono dal presidente Roosevelt con due rapporti, uno pubblico e uno segreto, che conteneva una serie di informazioni molto gravi. Si dimostrava che il Dipartimento di Stato aveva taciuto, con costanza, una serie di crimini perpetrati contro gli ebrei. Roosevelt acconsentì alla creazione del War Refugee Board, che contribuì ad assistere diverse centinaia di migliaia di rifugiati, tra cui molti ebrei.
Ma non si colpirono i campi di concentramento.
No, non accadde. C’era un ostruzionismo invincibile. Dicevano che non era possibile – ed è documentato – anche in giorni in cui erano partite, dalla base pugliese, anche operazioni di bombardamento di zone ben oltre Auschwitz. Il motivo profondo, poi, non si sa. E non si saprà mai.