La costruzione di un mito Le sublimi bariccate sul Game per sopravvivere alla pandemia (e all’editoria)

Alessandro Baricco pubblica un libro online (senza editore) pieno di suoi tipici colpi a effetto che a noi cariatidi fanno tornare voglia di ricopiare le frasi sulla Smemo, nonostante i tre soggetto-virgola-predicato

Pixabay

«Questo libro è stato pensato per essere letto sullo smartphone. Scansiona il QRCODE e inizia a leggere». E io, che al ristorante continuo in pieno virus a chiedere il contagioso menu di carta perché non so leggere i codici col telefono, io cariatide – non quanto Baricco, ma pur sempre cariatide – restia al progresso cerco invano di scendere alla pagina successiva, sullo schermo del computer, penso che certo ci sarà il testo, magari formattato peggio ma ci sarà; e invece no.

«I giovani hanno i capelli lunghi, e le basette come cespugli», cantava Lorenzo Jovanotti nel 1994. Adesso che anche Lorenzo è cariatide come noi, alla canzone che descriveva i luoghi comuni sui giovinastri si potrebbe aggiungere: fanno tutto dal telefono. E noialtre cariatidi che sul telefono non riusciamo a leggere più di dieci righe? Baricco, che come tutte le cariatidi ha un sacco di fissazioni, ci direbbe che dobbiamo entrare nel game.

Il nuovo libro di Alessandro Baricco non ho ben capito come s’intitoli. Sotto al suo nome c’è scritto “Quel che stavamo cercando – 33 frammenti”. Ma l’indirizzo del sito è Libro privato: chissà se i giovani sono in grado di memorizzare un titolo diverso dalla url.

Comunque s’intitoli, comincia con tre – tre, mica uno – soggetti separati dal predicato da una virgola. È chiaramente fatto per innervosirmi, ma mi passa subito, perché il libro privato che Baricco ha messo on line – invece di farsi coprire di dobloni da un editore e permettere alle cariatidi di cianciare di «profumo della carta» – il libro senza carta per ogni frammento ha l’audio.

Ha quella voce baricca taleqquale a quando fingevamo persino d’interessarci a Rossini, pur d’ascoltarlo, quella voce baricca che ascolteresti anche se declamasse l’elenco del telefono (come mai nessuno ha mai pensato a un «Baricco legge il menu»?), quella voce baricca che ti fa per un attimo vacillare e dire che sì, quelle pause sono giuste, d’ora in poi la virgola tra il soggetto e il predicato la metterai sempre anche tu, d’ora in poi baricca anche tu, è certamente solo questo dettaglio che ti mancava.

Poi vabbè, nei frammenti un po’ più lunghi l’audio non arriva fino alla fine, perché chiunque abbia programmato il software deve avergli dato una durata massima insufficiente, ma non è che si possa pretendere troppo, ci sono coetanei di Baricco che non riescono a spegnere la telecamera di Zoom quando si smutandano, ci sono mie coetanee che non vedono gli allegati alle mail se non glieli segnali, lui ha fatto tutta ’sta roba, ha scritto i frammenti, li ha letti con quella voce da pornografo laureato, che altro volete, incontentabili.

Ah, naturalmente ci ha mentito con una grazia che neanche Beyoncé quando fa uscire i dischi a sorpresa (o le gravidanze altrettanto a sorpresa). Non ricordo dove, perché ho una memoria da cariatide, ma – durante i mesi in cui tutti facevano dirette su ogni social – lo vidi intervistato da qualcuno, e ricordo con certezza che disse che no, quale libro nuovo, non stava scrivendo niente, nessuno di quelli che fanno il suo (stavo per scrivere “nostro”: il mio delirio di onnipotenza è ormai fuori controllo) mestiere riuscivano a concentrarsi su niente in quei giorni.

Me lo ricordo non perché fosse un concetto particolarmente originale (tutti in quei giorni ritenevano di dover dire che era impossibile scrivere, impossibile concentrarsi, impossibile pretendere produttività), ma perché chiuse l’affermazione con un guizzo baricco (baricco come aggettivo, intendo): disse una cosa tipo «Tranne quelli che cucinano, quelli ci riescono».

E invece stava scrivendo. O meglio, riadattando, per poi darci il game della pandemia. (All’inizio della lettura pensavo che la gamitudine di quest’operina baricca fosse una mia impressione; poi inizia a citarlo, il game, con il compiacimento e la frequenza con cui altri parlano di sé in terza persona).

Questo pandgame (scusate, ma soprattutto mi scusi Baricco: non so cosa mi sia preso) in cui dice che abbiamo lavorato a costruire un mondo in cui ci si spostasse rapidissimamente mettendo le basi per la diffusione della pandemia (è colpa di Ryan Air); che, nella costruzione della pandemia (“costruzione” perché la racconta come la costruzione d’un mito: ha pur sempre fatto il classico; non perché pensi che ci siamo messi in uno scantinato a giocare con le provette; se lo pensa, non lo dice), ha «inciso una diffusa e inconsapevole convinzione che si vive troppo a lungo» (è colpa di quota 100); che «tutta un’élite intellettuale è tornata a farsi ascoltare invece di essere archiviata» (e io che pensavo che, col numero di stronzate dette e contraddette in questi mesi, a fine pandemia sarebbero stati i primi a doversi trovare un nuovo lavoro, ché il pubblico televisivo ormai tira le uova al televisore ogni volta che compare uno scrittore o un medico).

Soprattutto, operina in cui ci sono sublimi bariccate, frammenti nei frammenti, ciò per cui leggiamo da anni Baricco: le frasette da scrivere sulla Smemo.

Quel frammento finale in cui si fossateggia sulla costruzione e l’abbandono dell’amore e della pandemia, che vorrei avere quindici anni per plagiarlo in qualche lettera a qualche cotta (cotta che limonerebbe comunque un’altra, ma trovandomi intelligentissima).

O quando dice che «la più grande delusione degli ultimi vent’anni è stata scoprire che la frase “nulla sarà come prima” è bigiotteria intellettuale[,] se nemmeno dopo l’11 settembre è risultata vera»: lì ho desiderato avere di nuovo un Uni Posca per trascriverla coi cuoricini sulle “i”.

(Sì, lo so che lo stesso concetto l’ha espresso anche la vostra portinaia, che anche i più fessi di noi hanno preso per il culo i vari «ne usciremo migliori», ma la differenza tra noi e lui è l’aver pensato a «bigiotteria intellettuale»: quelli bravi non creano sensazioni, danno un nome a sensazioni che non ne avevano uno – mica sarete stati assenti il giorno in cui si spiegava Shakespeare).

Nulla è più inutile d’un editore. Questo ci dice Baricco, soprattutto, nel mettersi on line così, senza marchi e senza lanci pubblicitari, senza firmacopie e senza profumo della carta. Poi lo farà, figuriamoci se i frammenti on line non sono come il maiale in cucina, figuriamoci se la costruzione di un amore e di una pandemia non servirà tra un anno o giù di lì a ossigenare i bilanci d’un editore, figuriamoci se Baricco può venir meno al suo dovere di rianimatore dell’editoria italiana.

Ma ormai il danno d’immagine è fatto. Quando il pubblico medio chiederà cos’è il self-publishing, gli si potrà dire: quella cosa che distingue Baricco da uno youtuber.

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