La resa dei conti tra Unione europea e Turchia è stata ancora una volta rimandata a data da destinarsi. Bruxelles, nonostante le minacce degli ultimi mesi, ha preferito continuare sulla strada del dialogo ed evitare la linea dura nei confronti di Ankara. I 27 leader degli Stati membri riuniti al Consiglio europeo hanno criticato le azioni unilaterali e provocatorie portate avanti dalla Turchia, ma hanno ricordato l’importanza strategica dei rapporti con il Paese anatolico e promosso nuovamente l’implementazione di un’agenda positiva.
«La Turchia ha condotto azioni unilaterali e provocatorie contro l’Ue (…) Le azioni unilaterali turche sono ancora in corso nel Mediterraneo, incluso nella Zona economica esclusiva di Cipro», è quanto si legge nel documento finale firmato dai leader europei. Eppure l’Ue, poche righe dopo, si impegna a «promuovere una partnership genuina con l’Unione e suoi Stati membri per poter risolvere le differenze attraverso il dialogo e nel rispetto della legge internazionale». Come già successo a ottobre, quindi, Bruxelles propone il rafforzamento dei rapporti economici tra le parti e invita a un maggiore dialogo sul tema dell’immigrazione, tallone d’Achille dell’Ue nelle relazioni con la vicina Turchia.
Le sanzioni tante attese, quindi, non sono state adottate: la Commissione ha inviato ad aggiornare la lista nera di soggetti e compagnie coinvolti nelle trivellazioni nel Mediterraneo, ma si tratta di una mossa ben poco efficace. Fino a oggi la black list ha dato scarsi risultati, come dimostra la decisione del Governo turco di proseguire con le esplorazioni di risorse energetiche nel mare nostrum fino a novembre. Lo stesso presidente turco ha più volte minimizzato l’impatto delle misure adottate finora dall’Ue, temendo invece una reazione più decisa sul piano economico come richiesto da Francia, Grecia e Cipro.
Questi ultimi tre Paesi, alla vigilia del summit, avevano proposto di sopprimere l’Unione doganale e di imporre un embargo sulla vendita di armi alla Turchia, ma Germania e Bulgaria si sono opposte all’adozione di una linea più dura. A spingere verso la strada del dialogo sono stati anche Italia, Spagna, Malta e Ungheria, che già negli incontri precedenti avevano fatto capire di essere contrari alle sanzioni.
In attesa degli Stati Uniti
Oltre all’aggiornamento della lista nera, il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di stilare entro marzo un report sulle relazioni politiche, economiche e commerciali tra l’Ue e la Turchia per esplorare ulteriori «opzioni e strumenti con cui procedere in futuro».
La data scelta per la presentazione del rapporto non è casuale. L’Ue, prima di adottare una posizione più dura verso la Turchia, vuole aspettare l’insediamento del democratico Joe Biden: il prossimo presidente dovrebbe avere un atteggiamento meno accondiscendente nei confronti di Ankara e a più volte promesso di imporre pesanti sanzioni contro la Turchia. L’obiettivo di Biden è convincere il Paese anatolico ad abbandonare il comportamento bellicoso tenuto finora e a riallinearsi alla Nato, alleanza di cui la Turchia fa parte insieme ad Usa e Ue.
Grazie al coordinamento con Washington, l’Ue potrebbe relazionarsi con le potenze che ne minacciano gli interessi a partire da una posizione di maggiore forza, potendo contare su un alleato nuovamente affidabile soprattutto per quanto riguarda la protezione del quadrante sud. Tuttavia, la decisione europea «di coordinarsi sulle questioni riguardanti la Turchia e la situazione nel Mediterraneo con gli Stati Uniti» e la mancata adozione di sanzioni mettono in luce la ormai nota debolezza dell’Unione a livello di politica estera. I leader Ue sono troppo divisi tra di loro per poter trovare la giusta intesa, finendo con il delegare agli Usa anche la protezione dei diritti dei suoi stessi Stati membri in ambito internazionale.
Le reazioni in Grecia
Prima dell’inizio del summit, il premier greco Kyriakos Mitsotakis aveva chiesto all’Ue di sanzionare la Turchia e di punirne quindi l’atteggiamento provocatorio nel Mediterraneo, affermando che era in gioco la stessa credibilità dell’Unione. Il primo ministro ha ricordato ai suoi colleghi gli impegni presi durante il summit di ottobre, quando Bruxelles aveva promesso ad Atene e Cipro l’adozione di misure più severe contro Ankara nel caso in cui le azioni unilaterali fosse proseguite. Mitsotakis ha anche cercato di convincere i leader europei portando come esempio proprio gli Stati Uniti, pronti a sanzione la Turchia per l’acquisto del sistema di difesa russo S-400, ma i suoi tentativi sono stati vani.
Tuttavia, nonostante la debole posizione assunta dall’Ue, il governo greco ha dovuto mettere da parte la propria delusione e cercare di presentare almeno in parte i risultati del summit come una vittoria. Diversi giornali greci però hanno raccontato la riunione del Consiglio come una sconfitta per la Grecia. «Nessuna sanzione per la Turchia, la vittoria di Erdogan in Ue», «Deboli sanzioni contro la Turchia e arrivederci a marzo», è quanto si legge sulle prime pagine di alcuni quotidiani greci. O ancora: «Sanzioni speciali contro la Turchia: vogliono salvare Mitsotakis senza colpire Erdogan», «Le tiepide avvertenze dell’Ue alla Turchia».
Ma le critiche contro il premier non sono giunte solo dalla stampa. Secondo quanto dichiarato dal partito d’opposizione Syriza, le conclusioni del Consiglio europeo «sono il peggior risultato possibile per la Grecia», mentre Mitsotakis è descritto come «completamente incapace di difendere i diritti e gli interessi sovrani del paese». La contesa con la Turchia nel Mediterraneo rischia di trasformarsi in un problema di politica interna e non solo estera per il premier greco.