La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che l’altra sera, ospite di Accordi e disaccordi sul Nove, Rocco Casalino ha detto che lui mica è stato formato dal Grande Fratello, ma dalle «letture illuministe, Rousseau, Voltaire, Baudelaire» (se non l’avessero interrotto avrebbe probabilmente continuato con Histoire d’O, Boris Vian, escargot).
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che ieri sera, su Radio Radicale, il turno di intervistare Casalino era di Virginia Saba, che a esser patriarcali si potrebbe dire che, più che come intervistatrice, è nota come fidanzata di Luigi Di Maio. Era circa la settecentesima intervista di Casalino, che come dice una mia amica ha scelto una promozione sottotono, che ti lasci lo spazio e la voglia di scoprire il suo libro da sola, devi solo ricordarti di non aprire il frigorifero, altrimenti ti esce Casalino pure da lì. Rocco ha approfittato di questa settecentesima occasione per: dirsi emulo di Pannella (ma tu pensa); dire di Di Maio che «la sua rettitudine è totale» e che se nel 2018 avesse telefonato a Berlusconi a quest’ora sarebbe presidente del Consiglio; e prendersela col Corriere, «un giornale che ormai alimenta fake news», dicendo che la sua stanza non era niente di speciale, la stessa di Bonaiuti, aveva rifiutato quella occupata dal suo predecessore, Filippo Sensi, perché «era tutta d’oro, la trovavo troppo barocca», poi poco dopo cambia idea e dice che certo che aveva una bella stanza, «non facevo il portinaio».
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che l’altro giorno un esponente minore dei Cinque del quinto piano, già inviato moralizzatore di varietà coi balletti e ora deputato europeo, ha fatto una diretta Facebook per dire che «il movimento» dev’essere «una spina del fianco del governo Draghi» (chissà cosa crede voglia dire, stellina), e si è detto «addolorato», anche se non si è fatto venire il luccicone come Casalino, addolorato per l’espulsione dei deputati dissenzienti ma anche addolorato perché i deputati non hanno assecondato il voto su Rousseau, addolorato ed equidistante, tipo i tredicenni cui nel mezzo del divorzio dei genitori chiedono «vuoi più bene al papà o alla mamma?».
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che venerdì mattina lo stesso deputato europeo era collegato con un talk show e continuava a spiegare l’imprescindibilità del voto su Rousseau, e gli altri ospiti tentavano invano di dirgli sì ma voi siete stati eletti dagli italiani come corpo elettorale un po’ più ampio degli iscritti a Rousseau, e lui sbatteva le ciglia incredule come noialtri quella volta che scoprimmo che il topino dei dentini non ci lasciava davvero le cinquecento lire sotto al cuscino.
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che ieri ha cominciato a girare la lettera con cui gli espulsi sono stati espulsi, e a un certo punto, come in una lettera di comare cornuta, si diceva che l’aver votato no quando Rousseau aveva deciso sì «pregiudica l’immagine e l’azione politica del nostro Gruppo parlamentare», dovessero poi pensare che abbiamo eletto gente che ragiona con la propria testa. Maiuscole da far rivoltare Calvino nella tomba a parte (nella lettera si maiuscolano anche «Tu» e «Tua»: non vedevo un italiano così brutto da quando ho letto il libro di Casalino), il «ci hai sputtanato, cosa dirà la gente» così tipico dei mariti cornuti era perfetto, il soggetto che Germi non ha fatto in tempo a dirigere.
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che, la sera di giovedì (la giornata nella cui mattina Draghi aveva eroicamente citato gli istituti professionali nel suo discorso, facendo venire un coccolone a una classe dirigente feticista dell’aoristo), Casalino e Alessandro Sallusti si sono ritrovati collegati con la stessa trasmissione, e Sallusti ha saggiamente notato che lo stato della nazione era esemplificato dal fatto che loro due, «un ingegnere mancato e un perito chimico mancato», si contendessero la cima della classifica dei libri più venduti (qualcuno faccia un’inchiesta sugli avvocati che stanno comprando a decine di migliaia il libro di Palamara e Sallusti, il bollettino di Lady Whistledown nella Bridgerton in sedicesimo in cui abitiamo).
La situazione politica e quella sentimentale sono così ingarbugliate che – a Rocco Casalino che giovedì argomentava che chi lo criticava fosse omofobo, «prendevano di mira alcuni miei atteggiamenti che ovviamente sono legati alla mia omosessualità», sostenendo che «amo’, ci sarà un Conte ter» fosse stato irriso per «quell’“amore” che magari è anche un po’ nel linguaggio mio ma anche un po’ del mio mondo» – indirettamente rispondeva venerdì Massimo Recalcati, sostenendo che gli omicidi di donne fossero il nuovo razzismo, la donna come «luogo del diverso, come i neri, gli ebrei, gli omosessuali», e quindi io d’ora in poi intendo sostenere che se mi sbeffeggiate non è perché dico delle scemenze ma perché sono luogo del diverso (secondo Recalcati sono anche «sgombra dal fallo», e insomma, dottore, la smetta di sputtanarmi).
Zuckerberg l’aveva capito prima di tutti: situazione complicata. C’è una pagina, nel libro di Casalino, che, per quanto mal scritta, tende ad Arbasino (o almeno a Paolo Poli). In quella pagina l’autore argomenta che i gay stavano meglio quando stavano clandestini. Mi aveva ricordato Fran Lebowitz e la sua invettiva sui gay che combattono per il diritto al matrimonio e ad arruolarsi nell’esercito, due cose per sfuggire dalle quali una volta si arrivava a fingersi gay. Secondo me Rocco la pensa uguale, anche se non la saprebbe dire bene quanto Fran (parla quattro lingue, dicono i difensori: ma forse tutte male quanto l’italiano). Però non può concedersi il lusso d’una posizione così di fronda; la situazione politica e quella sentimentale sono esigenti: ti obbligano a frignare che sì, ti discriminano in quanto luogo del diverso, tu che sei stato un pezzo delle istituzioni fino a tre quarti d’ora fa.