Nessuno deve toccare Alexander Nevsky. È un diktat non scritto della Russia contemporanea, che ha da poco festeggiato l’800esimo compleanno di uno dei combattenti più importanti della storia. Lo ha scoperto a sue spese Sergej Chernyschov, storico di Novosibirsk e direttore di una scuola della città. Di fronte all’ipotesi di cambiare il nome della piazza intitolata a Yakov Sverdlov, leader dei bolscevichi e fedelissimo a Stalin, e dedicarla all’eroe nazionale Alexander Nevsky, lo sventurato ha commentato: «È come scegliere tra un criminale e un collaborazionista».
Pessima idea. Se dare del «criminale» a Sverdlov non è un problema, definire «collaborazionista» Nevsky è invece grave. Nel giro di poco Chernyschov è stato chiamato da alcuni agenti della commissione investigativa per un interrogatorio. L’accusa, come riporta in questo articolo la Faz, sarebbe una violazione della legge «contro la falsificazione della storia». Non si sa ancora se ci saranno provvedimenti.
Il fatto è che Nevsky è una figura particolare nella storia russa e, soprattutto, è perfetta per la propaganda attuale del Cremlino. Visse nel XIII secolo ed è ricordato come emblema nazionale della vittoria. Sconfisse gli svedesi presso la Neva (da qui il suo soprannome) nel 1240. Due anni dopo batté i cavalieri dell’Ordine Teutonico nella battaglia del lago ghiacciato, resa celebre dal film di Ejzenstejn nel XX secolo. Con i soldati dell’Orda mongola stabilì un accordo di non aggressione e permise loro di prendere i tributi di Novgorod. Da qui, appunto, l’accusa di collaborazionismo da parte del professore.
Quando morì venne ordinato monaco, come era usanza all’epoca per le personalità più importanti. Questo contribuì a trasformare la sua figura, nei secoli successivi, in quella di un santo protettore. I primi racconti della sua vita ritraggono un difensore della Russia ma, soprattutto, un combattente dell’ortodossia. Da figura locale, diventa parte del canone dei santi ortodossi nel XV secolo per decisione di Ivan il Terribile. Nel XVIII secolo Pietro il Grande decide di trasferire le sue ossa a San Pietroburgo, cambiando la sua rappresentazione: da monaco, a conquistatore. In quell’occasione viene fondato anche l’Ordine al merito Alexander Nevsky.
Nel XIX secolo vengono esaltati i suoi tratti eroici militari e la sua capacità strategica di militare, tanto che nel XX, ai soldati della Prima Guerra Mondiale veniva chiesto di combattere come fece lui contro l’Ordine teutonico. Anche il comunismo esaltò il suo valore e lo fece diventare uno dei massimi eroi del cinema. Il suo coté religioso riemerse con il crollo dell’Unione Sovietica. Da quel momento la chiesa ortodossa russa ha riottenuto un certo ruolo nel trattamento della sua immagine.
Con Putin, il santo ha conosciuto un nuovo rinascimento. In uno spettacolo televisivo del 2008, Nevsk è stato votato come la figura più importante della storia del Paese. Non c’è città che non abbia una piazza e una chiesa dedicate a lui. Nel 2010 Putin ha riportato in vita l’Ordine al merito in suo nome. Del resto Nevsky è una figura che si presta benissimo per illustrare il nuovo corso: distanziamento dall’Occidente (con tanto di vittorie militari), esaltazione dei valori religiosi ortodossi, ma anche una politica estera a geometria variabile, aperta a nuove alleanze a seconda degli obiettivi.
Forse è per questo che le affermazioni di Chernyshov hanno allarmato le autorità, è possibile che queste abbiano letto nelle accuse di collaborazionismo una critica velata alla politica del Cremlino. In ogni caso, il verdetto delle indagini non è ancora noto. Ma come è intuibile, in Russia è meglio non scherzare né con i fanti né, soprattutto, i santi.