Joe Biden sta cambiando la forma del nuovo mondo. Con Aukus, la nuova alleanza militare che coinvolge Stati Uniti, Regno Unito e Australia, annunciata il 15 settembre, Washington aiuterà Canberra a dispiegare sottomarini a propulsione nucleare, che fortificherà così la propria presenza militare nella regione del Pacifico.
In un articolo pubblicato su The Atlantic, Tom McTague spiega come la firma del patto sia una rottura con il trumpismo dell’America First: il presidente statunitense ha detto che Aukus è un esempio di alleanza che «proietta il potere americano», una premessa in netto contrasto con la linea isolazionista dell’ex presidente Donald Trump che nei suoi quattro anni di mandato ha tentato di minare il multilateralismo.
La nascita di Aukus ha un senso di profonda continuità: le tre nazioni firmatarie del patto hanno combattuto insieme per gran parte dell’ultimo secolo e, con Canada e Nuova Zelanda, sono membri di Five Eyes, l’alleanza di sorveglianza e condivisione delle intelligence nazionali. Ma leggere questa nuova modalità di cooperazione soltanto attraverso questo prisma è riduttivo: il vero significato del patto è contrastare la Cina. Secondo un alto funzionario americano interrogato da McTague, per Washington era importante trovare un modo di ancorare il Regno Unito «ai nostri obiettivi strategici nella regione». La visione di Biden di un «Indo-Pacifico libero e aperto» è legata alla volontà di limitare al massimo l’ingerenza cinese nel Pacifico.
Una visione che si sposa con la politica estera di Boris Johnson, basata sul perseguimento di un «ordine internazionale pacifico e aperto», come stabilito nella revisione strategica britannica di quest’anno. L’accordo è anche un modo per rendere più concreta la Global Britain sognata dai fautori della Brexit: Johnson ritiene che per il Regno Unito un mondo più agile e fluido, libero dalle regole (e dal modo di pensare) inflessibili dell’Unione europea e caratterizzato da un maggiore dinamismo sia un’opportunità, dove Londra può reagire rapidamente agli eventi. Anche firmando alleanze come Aukus esclusivamente sulla base dei propri interessi nazionali.
Biden ha fatto riferimento anche al Quad, il raggruppamento informale di Stati Uniti, Giappone, India e Australia che è un altro dei pilastri della politica di contenimento di Pechino. Aukus riflette la necessità di ristabilire un ordine mondiale che si era lentamente appannato a causa di decenni di autocompiacimento americano, fino all’inaspettato punto di rottura definitivo del 2016, con la vittoria elettorale di Trump e la Brexit.
La scelta di invitare la Cina nella World Trade Organization, l’organizzazione internazionale del commercio) nel 2001 non ha portato a una svolta in senso democratico o liberale della Cina, come auspicato da alcuni leader mondali dell’epoca. Viceversa, ha contribuito ad accrescere il potere cinese mentre gli Stati Uniti e i loro alleati (compresi Regno Unito e Australia) sono stati distratti in Medio Oriente e Afghanistan.
Il risultato di questo processo è che gli Stati Uniti rischiano di perdere il primato all’interno del vecchio mondo libero e aperto del commercio globale costruito a partire dal secondo dopoguerra. In questo senso, non sono mancate le denunce cinesi nei confronti della creazione di Aukus: il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha affermato che la mossa «mina seriamente la pace e la stabilità regionali», mentre l’ambasciata a Washington ha accusato Regno Unito, Australia e Stati Uniti di avere una «mentalità da guerra fredda».
Aukus ha rappresentato anche uno smacco per la Francia, che nel 2016 aveva stretto un accordo con l’Australia per la vendita di una flotta di sottomarini diesel. Già a marzo di quest’anno il primo ministro australiano Scott Morrison si era messo in contatto con Washington: tornando sui suoi passi, qualche giorno fa ha infine annunciato pubblicamente – insieme al primo ministro britannico Boris Johnson – l’annullamento dell’accordo con la Francia e la nascita della collaborazione con Stati Uniti e Regno Unito.
Le risposte dell’Eliseo non si sono fatte attendere: il ministro degli Affari esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha definito la decisione una «coltellata alle spalle», mentre Benjamin Haddad dell’Atlantic council ha sostenuto come la scelta abbia riportato le relazioni tra americani e francesi al punto più basso dalla guerra in Iraq.
Biden ha provato a tranquillizzare Parigi, ricordando che la Francia rimane un partner chiave nell’Indo-Pacifico e ha specificato che i sottomarini che pattuglieranno la costa australiana non saranno dotati di armi nucleari, ma solo di propulsione nucleare. Una mossa per sottintendere che, con l’accordo, gli Stati Uniti non stanno violando i propri impegni di non proliferazione, ma sono semplicemente intenti a rafforzare le alleanze già esistenti.
La direzione intrapresa dagli Stati Uniti è chiara: sulla scia della fine della guerra in Afghanistan, l’impegno nel Pacifico e la priorità delle vecchie alleanze anglosassoni rispetto a quelle europee caratterizzeranno la strategia americana almeno per il prossimo decennio.