Inside BerlinoIl caso Schröder è lo specchio della Germania filo-russa

Il Bundestag tedesco ha revocato parte dei diritti di cui l’ex cancelliere beneficia in quanto ex capo del governo, con una regola che permette di sanzionare gli ex membri dell’esecutivo che arrechino danni alla reputazione della Repubblica Federale Tedesca: un modo per sanzionare le sue operazioni da lobbista in contatto con Vladimir Putin anche durante la guerra contro l’Ucraina

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Durante una conferenza stampa a L’Aia tenutasi giovedì, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha risposto a una domanda in merito all’eventualità di intervenire sugli asset di Gerhard Schröder, ex Cancelliere legato alla Russia, sostenendo che non siano necessarie per il momento simili misure, e affermando come la cosa migliore sarebbe che si dimettesse lui stesso dagli incarichi che ricopre.

La domanda nasce da una recente risoluzione del Parlamento Europeo in cui si chiede di sanzionare alcune figure europee che ricoprono incarichi per aziende russe, come appunto l’ex cancelliere socialdemocratico, che è nel consiglio di amministrazione della compagnia petrolifera Rosneft, controllata dal Cremlino, e presiede il consiglio di amministrazione di Gazprom, il consorzio russo del gas.

Le parole di Scholz erano sembrate destinate a cadere nel vuoto, dal momento che simili richieste vanno avanti da mesi, ma venerdì Schröder ha effettivamente annunciato di voler lasciare ogni incarico presso Rosneft. Si tratta di una novità rilevante: da tempo l’ex cancelliere era al centro di numerose polemiche in patria e in Europa a causa non solo del suo ruolo nelle compagnie russe, ma anche della sua reticenza nel condannare Mosca per l’aggressione.

Da quando è iniziata l’invasione, Schröder è finito a incarnare tutta la complessità dei rapporti tra Germania e Russia, sommando su di sé le ambiguità e le contraddizioni di decenni di politica estera tedesca. Fin dagli anni Settanta, infatti, la Ostpolitik ha visto nella creazione di rapporti economici tra Mosca e Berlino un modo per evitare conflitti, nella convinzione che gli scambi avrebbero reso poco conveniente a entrambe le parti una eventuale escalation militare.

Un disegno portato avanti, nei decenni, tanto dai governi a guida Spd che Cdu. Sebbene la Ostpolitik nasca con il governo di Willy Brandt, è proprio Gerhard Schröder ad aver svolto un ruolo centrale in questo processo: durante la sua Cancelleria, dal 1998 al 2005, i rapporti con la Russia (e la dipendenza energetica di Berlino) si sono stretti particolarmente. In quegli anni, ad esempio, si è avviato il progetto Nord Stream, il gasdotto che sarà poi raddoppiato da Nord Stream 2 durante gli anni di Angela Merkel, finendo bloccato da Scholz, a opera ormai completata, come sanzione verso la Russia dopo l’invasione.

Negli anni da Cancelliere, Schröder ha sviluppato un buon rapporto personale con Putin, finendo ad accettare da questi un’offerta di lavoro per la società che gestisce Nord Stream, pochissimo tempo dopo la fine del mandato di governo.

Nel tempo, però, sono cresciute le perplessità verso il progetto e l’aumento d’influenza russa che questo comportava, sommandosi alle critiche verso la figura dell’ex Cancelliere, rinforzatesi anche negli anni di Merkel a seguito dell’approvazione di Nord Stream 2.

Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, i nodi sono venuti al pettine: in Germania, a quel punto, è iniziato un bilancio dell’eredità della Ostpolitik. L’ex Cancelliere è stato indicato da più parti come l’espressione più pura dei legami controversi con la Russia alimentati dalla Germania; molti esponenti e militanti della SPD si sono espressi per la sua espulsione dal partito, mentre cresceva la pressione perché rompesse ogni legame con Mosca.

Qualche giorno fa, il Bundestag ha revocato parte dei diritti di cui Schröder gode in quanto ex capo del governo, applicando una regola che permette di sanzionare gli ex membri dell’esecutivo che arrechino danni alla reputazione della Repubblica Federale Tedesca agendo per gli interessi di uno Stato straniero.

Non solo, però, l’ex Cancelliere (fino a venerdì) ha rifiutato di abbandonare ogni suo ruolo, ma spesso si è anche lasciato andare a dichiarazioni in linea con la narrativa del Cremlino sulla guerra in Ucraina: in una recente intervista al New York Times, ad esempio, si è detto contro la guerra sostenendo che bisogna «creare pace il più velocemente possibile», senza però distanziarsi da Putin. Interrogato sui crimini di guerra a Bucha, ha affermato come tutto sia da accertare, e anche parlando del caso Navalny ha mostrato di non essere convinto che l’avvelenamento sia responsabilità del Cremlino.

Nel corso dell’intervista, Schröder ha poi sostenuto di essere convinto che per la Germania il dialogo con la Russia sarà fondamentale dopo il conflitto, e che «nel lungo termine non si può isolare un Paese come la Russia né economicamente né politicamente», forse con l’intenzione di suggerire che il suo ruolo va visto anche in quest’ottica: ad esempio ha dichiarato di «fare gli interessi tedeschi» e di essere contento che «almeno una delle parti si fidi» di lui, riferendosi alla stima di cui gode presso il Cremlino. Nelle settimane seguenti l’invasione, ad esempio, si è recato recato a Mosca per provare, secondo quanto dichiarato, a cercare una via per la pace, evidentemente senza risultato.

In effetti, la figura di Schröder, così come il rifiuto testardo di condannare Putin e di recidere ogni legame con le società russe, va contestualizzata anche su un piano più culturale. I decenni di Ostpolitik hanno lasciato un’impronta profonda sul modo in cui molte persone, in Germania, specialmente nella politica, vedono i rapporti con la Russia.

Nel 2020, ad esempio, i Länder orientali si opposero al blocco di Nord Stream 2 anche per non guastare i rapporti con Mosca, mentre recentemente il governo tedesco non ha sciolto le riserve sulle sanzioni alla Russia fino all’ultimo momento utile, cioè fino all’invasione dell’Ucraina. Il piano puramente economico e geopolitico, per quanto rilevante, si accompagna a un piano più psicologico. Molti tedeschi, ad esempio, considerano i rapporti con la Russia identitari per la Germania del dopoguerra, vedendo nell’invasione del Paese ad opera della Germania nazista, e nei 27 milioni di morti da essa causati, un crimine storico che in qualche modo la Ostpolitik si proponeva di ripagare.

Anche su questo aspetto, la figura di Schröder è paradigmatica. Nato nel 1944, non ha mai conosciuto il padre, morto sei mesi dopo la sua nascita combattendo per i nazisti proprio sul fronte orientale. Da giovane militante socialdemocratico, Schröder è stato tra coloro che hanno criticato molto la reticenza a parlare dei crimini del nazismo della generazione precedente, ed è stato molto attratto da Brandt e dall’inizio della Ostpolitik. Lui stesso ha dichiarato che quella fase ha influenzato profondamente la sua visione della Russia, influendo anche anni dopo, quando è diventato Cancelliere e quando ha adottato due bambine russe, in due diversi matrimoni.

Nelle ultime settimane, la Germania sta rendendosi più indipendente da Mosca sul piano energetico: ha diminuito le importazioni di gas dal 55% al 35%, ridotto quasi del tutto quelle di carbone e più che dimezzato quelle di petrolio. Ma al di là della dipendenza economica, il dialogo tra i Paesi ha svolto (e probabilmente svolgerà anche dopo il conflitto) un ruolo identitario nella storia recente tedesca. Una storia che in Gerhard Schröder ha trovato la sua personificazione più autentica, più contraddittoria e più fedele allo spirito della Germania del dopoguerra.

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