Alla conquista dell’estTutte le difficoltà di una controffensiva ucraina per riprendersi i territori occupati

Nonostante l’annuncio del governo, non è ancora chiaro se si tradurrà in un attacco in grande stile, che avrebbe molti vantaggi ma anche numerosi rischi, oppure in una manovra di logoramento più coordinata, che comunque faciliterebbe la strada per iniziative sul campo più decise

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Il governo ucraino ha annunciato la propria intenzione di lanciare una controffensiva nel sud del Paese. Questo rappresenterebbe il primo tentativo da parte di Kyjiv di riconquistare il territorio perduto a partire dal 24 febbraio: la ritirata russa dal nord e l’evacuazione dell’Isola dei serpenti sono infatti state decise soprattutto da Mosca, anche se ovviamente in risposta alle pesanti perdite inflitte dalle forze ucraine.

L’annuncio del governo non deve essere interpretato come l’inizio di un attacco in grande stile, con l’utilizzo di truppe meccanizzate e con l’obbiettivo di riprendere l’iniziativa sul campo. I difensori hanno intenzione di coordinare la campagna di bombardamenti e attività di sabotaggio con il fine di incrinare il fragile sistema logistico russo.

Deteriorare la rete di rifornimenti figura certamente fra i principali obiettivi che gli ucraini possono porsi in questa fase, soprattutto perché metterebbe i bastoni fra le ruote delle forze missilistiche di Mosca. quando gli ucraini vorranno sferrare un assalto di terra convenzionale lungo il fronte sud, non mancheranno anche altri bersagli politicamente, economicamente o militarmente importanti.

Anche la liberazione di Kherson rappresenterebbe un forte segnale politico e impedirebbe la proclamazione di una repubblica popolare in stile Donetsk, che cementerebbe l’impegno politico di Mosca a mantenere il controllo della regione. Infine, un attacco ben assestato potrebbe alleggerire la pressione sul fianco sud del saliente ucraino in Donbass, l’area geografica centrata a Kramatorsk e circondata da tre lati dalle truppe russe e le milizie alleate.

Un’azione nella regione di Kherson o nel settore di Zaporizhia avrebbe poi numerosi vantaggi sul piano logistico. Gli ucraini possono contare su una forte attività partigiana attorno a Melitopol, che indebolisce le linee di comunicazione via terra nel corridoio Donbass-Crimea. Ciò potrebbe rendere difficile rifornire le truppe russe in questa zona, almeno nel breve periodo, e riportare sotto controllo ucraino un importante porto e parte della navigazione fluviale.

Esistono tuttavia dei rischi che renderebbero un assalto lungo questi due fronti particolarmente azzardato, soprattutto nella fase attuale. Anche se negli ultimi mesi si è molto scritto della penuria di uomini che affligge le formazioni russe, è altrettanto vero che nonostante la mobilitazione generale, gli ucraini stanno avendo difficoltà a coprire una fronte così lungo. Le truppe di Kyjiv sono fortemente eterogenee a livello di preparazione e di morale, e anche fra i veterani non tutti hanno ancora dimestichezza con i sistemi Nato più complessi.

I programmi di addestramento dei Paesi dell’Alleanza Atlantica, come quello avviato dal Regno Unito, richiederanno comunque qualche mese prima di dare dei frutti. In più, nonostante gli aiuti materiali, anche l’Ucraina deve scegliere in maniera oculata come gestire delle risorse comunque limitate e con lo spettro di una nuova emergenza sul confine con la Bielorussia e l’erosione della propria posizione in Donbass.

Operazioni frontali in questa zona richiederebbero anche un approccio diametralmente contrario a quello che ha fatto la fortuna dei difensori finora. La conformazione del terreno, una steppa piuttosto piatta e con la profondità strategica delimitata dal mare di Azov, suggerirebbe un importante impegno di forze corazzate in congiunzione con l’artiglieria e supporto aereo ravvicinato. Gli ucraini non dispongono attualmente del materiale necessario per brillare in una battaglia di mobilità: i carri T-65 che compongono il grosso della forza corazzata ucraina è inferiore all’equipaggiamento russo, e i droni TB-2 Bayraktar si sono dimostrati progressivamente meno efficaci a causa di nuove contromisure russe e un uso più sistematico dell’artiglieria antiaerea.

Rimane anche un rischio politico importante: il fallimento di un assalto contro Kherson, ad esempio, potrebbe gelare l’entusiastico supporto degli alleati e mettere in discussione la capacità ucraina di montare operazioni complesse, a prescindere dalle capacità mostrate finora.

Se gli ucraini dovessero infine preferire un inasprimento delle campagne di bombardamento dei depositi russi e un aumento delle attività di resistenza, allora è verosimile che i russi si vedrebbero costretti a distogliere almeno parte delle unità altrimenti destinate ad altri fronti. Ciò potrebbe rallentare il processo di integrazione della regione, soprattutto per quel che riguarda il rafforzamento delle linee ferroviarie e i sistemi logistici per rifornire le truppe trincerate a Kherson.

Il logoramento non sarebbe dunque decisivo, e senza una soluzione diplomatica in vista, il principale obiettivo ucraino rimane riguadagnare l’iniziativa e porsi nella posizione di riconquistare militarmente il proprio territorio. Anche un’operazione “minimal” faciliterebbe in ogni caso future offensive meccanizzate e guadagnerebbe tempo prezioso per la ricostituzione delle forze armate ucraine.