La più grande lezioneIl primo giorno di scuola in Ucraina, nonostante la guerra e nonostante le bombe

La maggior parte degli istituti riapre con la didattica a distanza, anche per includere gli alunni all’estero. Chi va in presenza dovrà avere nello zainetto anche medicine, ricambio e powerbank. Dopo mesi di violenza cieca dei russi, ci si impegna a guardare al futuro

di Eugene Gsk, da Unsplash

L’anno scolastico 2021-2022 in Ucraina è stato brutalmente interrotto dalle bombe russe che spesso cadevano anche nei cortili e sugli edifici delle scuole. Le aule sono diventate le basi dei soldati russi e in seguito vandalizzate, distrutte, saccheggiate. Alcuni hanno lasciato anche dei messaggi sulle lavagne: «È stato un ordine», «ve lo siete meritati», «è il prezzo da pagare», «scusate», scritti quasi tutti con errori grammaticali. Mentre strappavano i monitor dalla presa della corrente nell’aula di informatica per portarseli a casa come bottino, mentre usavano gli angoli delle aule come bagni, mentre staccavano dalle pareti quei disegni con i soli, le nuvole e gli alberi, i bambini che li avevano disegnati stavano nei rifugi o per strada verso qualche posto sicuro, oppure non c’erano più.

Dall’inizio dell’invasione russa su larga scala sono stati uccisi 379 bambini e 1.114 sono stati feriti, migliaia sono stati deportati in Russia, ma è impossibile avere cifre precise. La scuola è stata sospesa e i bambini ucraini hanno imparato la più grande lezione di vita, di solidarietà, di empatia, ma anche purtroppo di crudeltà, di ingiustizia e di morte.

In primavera, dove è stato possibile, l’anno scolastico è ripreso con la didattica a distanza. In Ucraina la pandemia è stata una prova generale per tutto quello che è arrivato dopo. Per tanti l’istruzione era passata al secondo piano, cedendo lo spazio alla banale sopravvivenza. Le matricole non hanno avuto la loro festa della fine del primo anno di scuola, i maturandi non hanno avuto la loro festa di fine anno. Celebrare semplicemente la vita era già abbastanza.

Sono passati sei mesi dall’inizio dell’invasione su larga scala: il fronte, le vite, la quotidianità si sono ridimensionati, adattati e abituati. Anche se la parola “abituati” non è quella giusta e forse non riguarda proprio il territorio ucraino. Ci si concede qualche uscita al ristorante per sostenere gli imprenditori locali, ci si concede qualche maglietta nuova, anche se sono principalmente quelle con le scritte patriottiche che per metà finanziano l’esercito ucraino, ci si concede qualche libro e soprattutto il tempo per leggerlo, quel tempo e quello spazio che richiede concentrazione. E in questo spazio viene anche ritagliato il nuovo anno scolastico. Il primo anno scolastico al tempo della guerra.

La maggior parte delle scuole in Ucraina, che iniziano oggi primo settembre, partirà con la strada ormai battuta della didattica a distanza, anche i bambini e gli insegnanti, che si trovano all’estero potranno partecipare. Nelle città di Kharkiv, Dnipro, Mykolajiv e nelle regioni di Odesa e Zaporizzhia la DAD è obbligatoria. Nelle altre regioni ucraine, solo le scuole dotate dei rifugi antiaerei possono ripartire con la didattica in presenza. Il numero dei bambini presenti a scuola deve essere pari a quello che può accogliere il rifugio antiaereo. Mille e trecento scuole rimangono nei territori occupati dall’esercito russo. Duemilacentotrentuno scuole sono state danneggiate e duecentosessantanove non potranno essere ricostruite.

I genitori dei bambini che decideranno di mandare i loro figli a scuola in presenza hanno ricevuto una lista delle cose che deve contenere lo zaino di uno scolaretto al tempo della guerra: bottiglietta d’acqua, snack, barrette energetiche, il foglio con l’indirizzo, numeri di telefono dei genitori e dei parenti vicini, telefono cellulare con il powerbank sempre carico, le medicine individuali, la biancheria intima e i vestiti di ricambio, il giocattolo preferito. La scuola invece deve provvedere a cibo, acqua, coperte, prodotti igienici, torce, medicine.

Bisogna essere ottimisti, bisogna ripetere il mantra “Io credo in ZSU” (forze armate ucraine), bisogna guardare e soprattutto vedere il futuro, ma in questo futuro ci saranno le generazioni degli ucraini nati tra il 2004 e il 2016 che al posto di una classe avranno un rifugio antiaereo, al posto di aspettare i buoni voti aspettano i padri e le madri dal fronte, al posto di sapere a la matematica conosceranno a memoria i nomi delle armi. Impareranno la geografia con i nomi dei paesi che aiutano l’Ucraina e dove si trovano i loro compagni e amici, amici che inizieranno l’anno scolastico non insieme a loro, ma in paesi diversi, in realtà diverse, in una lingua diversa. Bisogna guardare e vedere il futuro, ma le lenti sui loro occhi saranno per sempre offuscate da queste macchie.

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