Dove regna il suono Una giornata nello studio di registrazione di Roberto Cacciapaglia

La nostra intervista al compositore e pianista milanese, che il 14 marzo riceverà il Premio Montale Fuori di Casa 2023 per la categoria “Musica”. All’interno di uno di quei cortili cittadini curati al dettaglio, si trova il luogo in cui si “crea la meraviglia” e che pare uscito da un’altra epoca

Courtesy of Roberto Cacciapaglia

Gli studi di registrazione fanno quasi sempre l’effetto promessa. È tutto pronto, basta che musicisti e tecnici si mettano al proprio posto perché avvenga la meraviglia: una performance live che rimarrà registrata su un supporto audio.  Si lavora, là dentro, per realizzare la promessa del disco che verrà. Quello che poi sarà per tutti e che con la sua musica porterà gli ascoltatori in ogni luogo dell’immaginazione, ma non lì, non nello studio di registrazione.

Quello è un posto privato, un’officina, dove il suono viene forgiato e il disco costruito. Una scatola magica che parla di sé solo agli esperti, a raffinati audiofili o appassionati tali da riconoscere se il suono è stato lavorato a Londra o in California, per esempio. In ogni caso, quel luogo determina il suono del disco. Che però come un vettore, una freccia, si dirige verso l’esterno. In qualche modo rappresenta il musicista stesso, che si esprime dall’interno verso l’esterno, anche lui come un vettore o una freccia.

Ecco perché entrare nello studio di registrazione di un musicista è un privilegio ed essere ammessi è un gesto di fiducia. E entrare in quello di Roberto Cacciapaglia, musicista, sperimentatore e girovago dei paesaggi dell’anima, è stato un vero regalo. È un momento importante per il compositore milanese classe 1953, che martedì 14 marzo – presso la Fondazione Culturale Ambrosianeum – riceverà il Premio Montale Fuori di Casa 2023 per la sezione “Musica”. L’ennesimo riconoscimento della sua carriera, cominciata alla fine degli anni Settanta.

Ma torniamo alla visita nel “regno” di Cacciapaglia. La meraviglia è cominciata in cortile. Casa milanese dell’inizio del secolo scorso, con un cortile quasi prevedibile, ma inatteso per la cura che tutt’oggi i suoi abitanti gli riservano. Si viene così ospitati, anche se solo per il tempo del passaggio, nella bellezza, per poi scendere pochi gradini di una scala, probabilmente un tempo di servizio. La porticina, più piccola del previsto, è proprio lì e un lungo corridoio, subito dietro di lei, nasconde il pianeta Cacciapaglia. Ma in un attimo, come sullo scivolo, si percorre quel piccolo tratto fin troppo stretto (si cammina in fila indiana!) per  giungere nel bosco.

Bosco? Oh, sì. La foresta (immaginaria) è lì fuori e noi siamo in un piccolo chalet completamente in legno e sughero. Di Milano, che è solo dietro la porta, ci si scorda completamente. Piuttosto, mi sembrava di essere Alice, caduta dal corridoio in un regno da scoprire. «Sono venuti due tecnici degli Abbey Road Studios a realizzare questo spazio», mi spiega Cacciapaglia, che in quei mitici studi ha registrato parecchie volte e che li ha presi a modello per il tipo di suono che regalano. Intanto mi conduce nella sala principale, quella dove si suona, che ospita la nostra chiacchierata. Divanetto nel bosco in compagnia di pianoforte a coda. Il look del padrone di casa, Cacciapaglia, merita due parole, perché contribuisce all’atmosfera da Paese delle Meraviglie. Borsalino, capello lungo che sporge dai lati del copricapo, panciotto, abito e una sciarpa rossa. Almeno un secolo fa, ma forse qualcosa in più, abbinato però con quella nonchalance tutta contemporanea.

«Qui sono venuti gli sciamani, abbiamo suonato con loro, quelli degli indiani d’America. Prima sono stato a lungo nelle loro riserve e poi li ho ospitati qui. È stato incredibile: una testimonianza di grandi maestri spirituali ma anche della musica». Ha viaggiato tanto, forse il primo viaggio, quello che ha segnato la ricerca della spiritualità e della sua relazione così profonda con la sua musica, è quello dell’Egitto in compagnia di Franco Battiato, un’amicizia importante fatta di esperienze estreme (musicali e non) con lo sciamano della nostra Sicilia. L’Egitto, poi la Turchia (dove per altro ha una data a breve con il suo nuovo disco, Invisible Rainbows) dove si è immerso nella cultura Sufi, poi l’India, il Tibet, Israele, l’America, Londra.

Ma qui, a Milano, nel suo studio, c‘è tutto. Perché il suo studio è lui stesso. Poi si scopre che HHH, il titolo di un suo brano di qualche anno fa e piuttosto noto anche online, sta per Haendel, Hendrix House. E non è nulla di immaginario: i due musicisti hanno vissuto nella stessa casa. E la loro musica, beh, Cacciapaglia ha dimostrato che quella di Haendel entra in quella di Hendrix per ritornare in quella di Haendel. «Haendel faceva piangere gli inglesi», mi racconta Cacciapaglia, che voleva visitare la sua casa per questa ragione: «Tutto va armonizzato nella comprensione del potere del suono nell’attimo in cui lo si percepisce», spiega. E poi continua: «Brook Street, questo l’indirizzo e in effetti entro nella casa museo a lui dedicata. Guardo le partiture esposte, i clavicembali e poi mi appare una gigantografia di Hendrix…quasi da allucinazione. Così ho scoperto che aveva vissuto lì, in quella stessa casa, per gli ultimi tre anni della sua vita. Due geni della musica nello stesso spazio! Poi è venuto fuori quel brano, HHH, ma quella delle case dei musicisti è una mia ricerca. Ammetto che ultimamente mi interessa più trovare che cercare…» ride.

Poi si alza per andare al pianoforte. «Mi interessa il potere del suono. Ho visitato moltissime case di musicisti importanti, sono stato a Bayreuth a visitare la casa di Wagner, a Torre del Lago quella di Puccini, i luoghi di Beethoven, l’Hotel Vittoria dove ha vissuto Caruso, la casa di Mozart, in particolare il padiglione dove ha composto il Flauto Magico. Si va oltre lo spazio e il tempo. Mi spiego: la nota nello spazio crea lo stesso effetto di un sasso nello stagno: le onde si propagano. Dunque il suono oltrepassa gli ostacoli, come per i tibetani che recitano i mantra, ovvero suoni che oltrepassano tutto». Anche i muri delle case?

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