Rallentare accelerandoIl pericoloso messaggio dietro la proposta di Salvini sui limiti in autostrada

Il ministro dei Trasporti associa la velocità all’innovazione e alla libertà di movimento, quando gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i giovani italiani. La sua proposta sui centocinquanta chilometri orari, oltretutto, pare poco utile in termini di risparmio di tempo e dannosa per l’ecosistema

LaPresse

Era metà marzo quando Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha annunciato di voler aumentare il limite di velocità in autostrada da centotrenta a centocinquanta chilometri orari. Di recente, il leader della Lega ha ribadito questo punto da inserire nel nuovo Codice della strada a cui starebbe lavorando, invocando (impropriamente) il fatidico «modello tedesco» che vede alcuni tratti autostradali liberi da vincoli sulla velocità di percorrenza. 

«La velocità è responsabilità individuale dei cittadini, purché non si mettano in pericolo gli altri. Lo Stato dovrebbe restare fuori da questo aspetto», ha detto Volker Wissing, omologo tedesco di Salvini e membro del partito liberale (Fdp), per annunciare l’ennesima bocciatura dell’introduzione di un unico limite di velocità lungo le “Autobahn”. La proposta (poco concreta) di Salvini sui centocinquanta all’ora riguarderebbe le zone con almeno tre corsie, un percorso per lo più rettilineo e dotate di sistemi di tutor per il controllo della velocità. 

Secondo l’Articolo 142 dell’attuale Codice della strada, quelle appena elencate sono le tre caratteristiche che un tratto autostradale deve avere nel caso in cui «gli enti proprietari o i concessionari» volessero innalzare il limite di velocità fino ai centocinquanta chilometri orari, «sempre che lo consentano l’intensità del traffico, le condizioni atmosferiche prevalenti e i dati di incidentalità dell’ultimo quinquennio». Il piano coinvolgerebbe l’A1 tra Modena Nord e Modena Sud, alcuni tratti dell’A8 Milano-Varese, dell’A4, dell’A1 tra Colleferro e Anagni e delll’A30 tra Caserta e Salerno.

L’idea dell’ex ministro dell’Interno, quindi, in realtà consiste nell’applicazione di una norma lasciata nel cassetto. Presentare con questa decisione il tema rimane però significativo: «Ci stiamo lavorando con i tecnici», ha detto a Radio24. 

In un momento storico drammatico per la sicurezza stradale, in cui le amministrazioni comunali (Bologna, Milano e non solo) stanno puntando a una riduzione del limite di velocità urbana, la proposta di Matteo Salvini appare rischiosa soprattutto per il messaggio che può lanciare alle nuove generazioni, oltre che poco utile e assolutamente non prioritaria. È vero, da una parte, che gli incidenti in autostrada sono pochi rispetto al totale (l’8,6 per cento, secondo i dati Istat relativi al 2021), ma è inequivocabile che il rischio di morte o di infortunio grave cresca all’aumentare della velocità di percorrenza.

In caso di incidente, evidenzia un nuovo studio di Altroconsumo, a centocinquanta chilometri orari l’energia sprigionata è superiore di oltre trecentomila joule rispetto a una velocità di centotrenta chilometri orari. Per chi necessita di concretezza, trecentomila joule è l’energia necessaria per sollevare di un metro dal suolo un oggetto da trenta tonnellate, ossia l’equivalente del peso complessivo di due autobus pubblici a due assi a pieno carico. La differenza di impatto è semplice da immaginare. 

Emblematico anche il gap in termini di spazio di arresto, che è la somma tra spazio di reazione e di frenata: a centocinquanta chilometri orari, rispetto ai centotrenta, servono oltre quaranta metri in più per fermare l’automobile completamente. Più si procede rapidamente, più si riduce la visione periferica del conducente. E il rischio di sbandare, specifica Altroconsumo, lievita. 

In Italia, ribadisce l’Istat (dati 2021), gli incidenti sono la prima causa di morte (trentacinque per cento) tra i giovani della fascia d’età 15-29 anni, meno colpiti da tumori (tredici per cento) e suicidi (dodici per cento). Allarga il campo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo cui il sinistro stradale è il fattore che – a livello globale – incide maggiormente sui decessi dei bambini e dei giovani tra i 5 e i 29 anni. Secondo il rapporto Dekra sulla sicurezza stradale 2022, gli incidenti nella fascia d’età 18-24 anni causano la morte del guidatore o del passeggero a fianco nel sessantaquattro per cento dei casi (dato riferito all’Unione europea). 

Guardando la differenza tra il 2020 e il 2021, in Italia il numero di morti in strada è cresciuto in primis nelle fasce d’età 15-19 anni (+41,7 per cento) e 25-29 anni (+34,9 per cento). Nella fascia 40-49 l’aumento, fisiologico per via dell’allentamento delle restrizioni pandemiche, è stato del 31,5 per cento. 

In generale, secondo la Polizia stradale, nel 2022 sono stati registrati 1.362 incidenti mortali che hanno causato 1.489 decessi (+7,8 per cento e +11,1 per cento rispetto al 2021). Nei fine settimana dal 30 dicembre 2022 a inizio marzo 2023, i dati dell’Associazione amici e sostenitori della Polizia stradale (Asaps) mostrano centonovantacinque vittime della strada. Settantatré avevano meno di 35 anni. 

Alla luce di questi numeri, così allarmanti per le nuove generazioni, la proposta di Matteo Salvini rischia di trasmettere un messaggio pericoloso e anacronistico. Il ministro, più o meno esplicitamente, associa la velocità all’innovazione, ai virtuosismi dei Paesi più efficienti di noi e alla libertà di movimento. Lo stesso ministro che sta cercando di disincentivare la mobilità sostenibile (tra l’iper-regolamentazione dei monopattini elettrici e i tagli ai fondi per le reti ciclabili urbane) e di favorire un tipo di mobilità che in Italia gode di privilegi senza eguali. 

Il discorso non cambierebbe nemmeno se la novità fosse utile e non dannosa per il clima e la qualità dell’aria. Ma non sembra così. Lo stesso studio di Altroconsumo sostiene che il passaggio dai centotrenta ai centocinquanta chilometri orari porti a un consumo di carburante più alto del venti per cento. Un’auto che a centotrenta all’ora brucia otto litri ogni cento chilometri, a centocinquanta ne “berrà” 9,7. Lo stesso vale ovviamente anche per altre velocità di percorrenza: guidare a centodieci all’ora invece che a centotrenta fa risparmiare dal sei al ventiquattro per cento di carburante. 

La stima di Altroconsumo parla di un aumento delle emissioni di CO2 pari al venti per cento, sempre facendo un paragone tra i centotrenta e i centocinquanta. L’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) è sulla stessa linea: «Ridurre la velocità di viaggio sulle autostrade, e quindi ridurre il consumo di carburante e le emissioni dei trasporti, […] potrebbe avere un effetto immediato sul consumo di carburante e sulle emissioni», hanno scritto gli esperti nel febbraio 2023.

Non a caso, nel 2019, la proposta dei Verdi tedeschi (respinta dal Parlamento) sui centotrenta all’ora in autostrada era accompagnata da cifre simili a livello di riduzione non solo della CO2, ma anche degli ossidi di azoto (NOx). Ricordiamo che, stando ai dati dell’Ue relativi al 2019, l’Italia è il primo Paese in Europa per decessi dovuti a patologie legate agli ossidi di azoto

L’Unione europea chiede di abbassare i limiti, mentre Matteo Salvini dice esattamente il contrario. Ma per quali vantaggi? Secondo le stime, basate su un tratto di settantacinque chilometri della Milano-Brescia, il risparmio di tempo medio si aggira attorno ai quattro minuti e mezzo, duecentosettanta secondi. Ovviamente la velocità di percorrenza non può essere costante dall’inizio alla fine, ma il beneficio di una misura del genere risulterebbe comunque minimo. Se non nullo. 

«Rallentare le velocità delle auto sulle nostre strade aiuterà l’Europa ad allontanarsi dal petrolio russo, salverà vite e ridurrà l’inquinamento», ha detto un anno fa Ellen Townsend, direttrice politica del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti (Etsc). Mentre nei Paesi Bassi, nel 2020, è entrata in vigore la riduzione del limite di velocità in autostrada (cento chilometri orari in tutto lo Stato), il governo Meloni va a centocinquanta all’ora. In retromarcia.