«Non pensatemi stracciata», dice ieri mattina alla Stampa colei che, scoprisse pure la cura per il cancro, resterà ormai sempre la cornificatrice che rimaneva immobile, coi fiori in mano, ad ascoltare il tizio che la stava lasciando facendo uno show davanti agli invitati alla loro festa di fidanzamento.
La scelta lessicale, “stracciata”, è molto interessante, e io sono molto indecisa rispetto all’angolazione da cui prendere questa vicenda che ha rallegrato un’estate che aveva molto bisogno d’un’alternativa ai ricchi che vivono da poveri: i torinesi che vivono da esibizionisti.
Scarterei quella «stato dei giornali che, non avendo evidentemente mai guardato il programma del decennio e non essendosi neanche fatti un’idea vaga di come sia costruito, usano tutti, per spiegare la vicenda, la chiave “Temptation Island”»: non è che ogni giorno possa mettermi qui a fare il non elogio funebre della stampa italiana.
Le angolazioni rimanenti mi pare siano due. Una attiene all’esibizionismo, e una alle fatiche del secondo giorno. Ma prima, casomai aveste passato gli ultimi due giorni nella capanna di Unabomber a leggere Musil, riassumiamo i fatti.
È mercoledì, giornata moscissima per i pettegolezzi estivi: sulla copertina del nuovo numero di Chi ci sono Maria Elena Boschi e Giulio Berruti che raccontano il loro amore. L’intervista non sarebbe in grado di interessare neanche i parenti dei due protagonisti, e noialtre comari disperiamo che questa estate sappia divertirci, quando arriva il video di fine di mondo.
Sarebbe il solito video che viene girato ormai in qualunque occasione alla quale sia presente più d’una persona (che la politica non si sia ancora resa conto che la vera questione di questo secolo è che ogni telefono ha una telecamera spiega la condanna all’irrilevanza della politica stessa).
È una festa di fidanzamento, i futuri sposi parlano, gli invitati li riprendono: come accade in qualunque concerto, pizzeria, compleanno, aperitivo. Solo che, quando lo sposo – che i giornali poi definiranno con espressione squisitamente novecentesca «della Torino-bene» – prende la parola, in confronto «ma Bruto è uomo d’onore» diventa un discorsetto amichevole.
La sposa in potenza sta lì, coi fiori in mano, dopo aver ringraziato il catering e altre amenità, e lui legge da un foglio e ringrazia anche lui il catering e il dj e un’amica (che nelle esegesi pettegole diventerà subito la delatrice), ma poi fa la mossa del tormentone, quella che farà diventare quella serata il video dell’estate: prende le corna e, invece di trattarle con una disinvoltura da Torino-bene, riserva loro una stizza da Gennarino Carunchio.
«Comincio con le scuse con [sic] tutti voi per questo pippone […] Dovrei annunciare a tutti voi che a ottobre io e Cristina ci sposiamo […] Questa sera desidero regalare a Cristina la libertà di amare, amare una persona, un noto avvocato cui chiaramente tiene più che a me […] Cara Cristina, so di [sic] quanto tu ne sia innamorata, sia dal punto di vista mentale che sessuale […] e so che prima di lui hai avuto una relazione con un noto industriale. Cari amici, non crediate che mi faccia piacere fare la figura del cornuto davanti a tutti voi».
Ora. Immaginate, se siete tra i dodici italiani che non hanno guardato il video (pubblicato da Lo spiffero, che non so cosa sia ma corro ad abbonarmi), che mentre lo sposo potenziale illustra le proprie corna, la sposa forse non più tanto potenziale resti lì, immobile, coi fiori in braccio.
Il primo giorno, il commento più diffuso era: solo a Torino. A Roma figurati, lei avrebbe fatto una scenata, si sarebbe messa a urlare, e allora tu, e ora però dico io le cose come stanno. Solo a Torino quello avrebbe finito il monologo come in una soap, indisturbato, mentre gli invitati restavano gelati. Solo a Torino chi filma, che il dio del cinema lo fulmini, avrebbe smesso di filmare proprio quando il discorso finisce e il cornuto molla il microfono, andando via seguito da lei, sempre muta e sempre coi fiori: sarà stato allora che sarà cominciato il casino vero, e tu spegni la telecamera?
Ma gli stessi che dicono «solo a Torino» avrebbero, fino a un attimo prima, giurato che mai a Torino. Mai in quella città schiva e di annecarledosio sarebbe potuta accadere una simile burinata. Se non l’ha capito la politica, quanto le telecamere sui telefoni abbiano cambiato il carattere degli esseri umani, figuriamoci se l’hanno capito gli aspiranti ritrattisti di caratteri locali.
Avrete anche voi un amico cui mercoledì avete mandato il video della piazzata, e che come suo solito non ha fatto un commento brillante che fosse uno, non ha notato un dettaglio sublime che fosse uno, come suo solito è stato un conversatore scarso. L’avrete poi ritrovato, quello stesso amico, su qualche social a fare lo splendido facendo battute sul cornuto del giorno.
Non è che l’amico che quando parla con voi ha la brillantezza di Valeria Marini poi sui social diventi Karl Kraus, ma lo vedete che mette, nel farsi cuoricinare dagli sconosciuti, un impegno che non impiega mai per intrattenere voi. L’umanità, in questo secolo più che mai, esiste solo di fronte a un pubblico, si rianima solo se viene guardata, s’impegna nella performance solo se s’accendono le telecamere dei telefoni.
Certo che il magnifico cornuto avrebbe potuto dire riservatamente alla sua Claudia Cardinale cara, ho saputo che te la fai con certi amici nostri, magari chiudiamo qui: ma vuoi mettere la soddisfazione di fare in pubblico la parte del generoso benché tradito («a Mykonos vai con il tuo avvocato, sii felice con lui: come sai, è tutto pagato»).
Vuoi mettere diventare leggenda istantaneamente (quasi istantaneamente: il filmato è del 27 luglio, chissà che sofferenza pensare per due settimane di aver fatto a vuoto quel numero a colori), e delle leggende avere i dettagli improbabili dati per veri da chi la sa lunghissima. Persino quell’intervista di Chi torna utile, nel punto in cui Berruti dice: «Il problema è che il complotto è sexy».
Come sempre nelle leggende, è impossibile sapere quali delle cose che si dicono del video che ci ha rallegrato l’agosto siano vere e quali no: davvero lei è svenuta dopo il discorso di lui (e dopo lo spegnimento della telecamera)? Davvero tra gli invitati c’erano due amanti di lei con le rispettive mogli? «Non eravamo centocinquanta, eravamo quarantacinque ed erano quasi tutti amici miei», rivendica lei nell’intervista alla Stampa. E anche: «Le persone che lui ha citato sono tutti fantasmi» (Yasmina Reza sta prendendo appunti).
Ma adesso basta parlare del filmato. Parliamo del secondo giorno. Ieri. La regola, nell’epoca in cui anche le valeriemarini sono costrette ad atteggiarsi a Karl Kraus, è che su una notizia o ci arrivi subito o ci arrivi con un’idea dirompente. E quindi ieri cos’hanno fatto tutti quelli che non si erano sbrigati a commentare il mercoledì del magnifico cornuto? Hanno cercato una chiave di lettura originale.
Una interessante chiesa che va da Christian Raimo a Giovanna Melandri ha optato per la lettura «bullismo e sessismo». Il cornuto avrebbe vessato la cornificatrice umiliandola pubblicamente. Nell’estate che ha deciso che “Barbie” è un baluardo dell’affermazione femminista, la cornificatrice non lo è. Fosse stata cornuta, e avesse fatto lei la piazzata, ne avremmo fatto la Carla Lonzi di questo secolo, o almeno la Taylor Swift delle piemontesi. Ma invece il non sposo le ha dato della poco di buono davanti a tutti, e quindi possiamo usare una delle nostre categorie a casaccio preferite: bullismo.
Lei ha capito l’andazzo, e alla Stampa dice: «A proposito di tradimenti, lui deve pensare a sé stesso in primis» (vale sempre la regola di Claudio Giunta: il latino è un crampo dell’intelletto; ma anche la regola del «maledizione, perché a fare una scenata simile non ci ho pensato io per prima»).
Come tutti i comizi e i monologhi teatrali, anche il discorso dell’Ugo Tognazzi che ci possiamo permettere è già oggetto di esegesi che ne svelino secondi strati. Egli data l’inizio della loro storia al 3 marzo 2020, cioè sei giorni prima che gli italiani venissero chiusi in casa dal governo pandemico. Dunque la coppia dell’estate è una di quelle coppie che si sono trovate a convivere forzatamente vedendo la clausura da pandemia trasformare un limone distratto in una relazione stabile? Se tre anni dopo si sono ritrovati a riempirsi di corna e a sputtanarsi in pubblico, è colpa del governo che ti costringeva a elevare qualcuno ad affetto stabile solo per andarci a letto?
E quando viene evocata la suocera, cui la cornificatrice avrebbe detto che temeva che il cornuto la maltrattasse («io che una donna non la sfiorerei neanche con un fiore»: il monologo del momento è scritto come un calendario di Frate Indovino), è quella forse una mossa preventiva per depotenziare le accuse che si aspetta Christian Raimo? E quando dice «come ti sei confidata» di chi parla: a chi la non più sposa avrebbe raccontato dell’avvocato? Spero nella resurrezione del giornalismo, per svelare tutti questi misteri.
Certo, adesso ci vorrebbe il colpo di scena. «Voi uomini ci sospettate solo quando siamo innocenti», diceva una delle amanti del “Magnifico cornuto”. Adesso l’avvocato, l’industriale, tutti i presunti colpevoli di concorso in cornutaggine dovrebbero, per salvare la reputazione della signora, confessare d’essere gay.
Svelando ai cinefili che il vero riferimento non era Marcantonio al funerale di Cesare; non era neppure Eleonora Giorgi che in “Sapore di mare 2” interrompe Little Tony per urlare al suo amante «grandissimo cornuto, ancora ti aspetto a Montecarlo».
Il vero riferimento della Torino-bene è evidentemente quel film del 1997 in cui Kevin Kline aspetta l’ultimo minuto per svelare a Joan Cusack, già con l’abito da sposa addosso, che lui veramente è gay. E lei all’improvviso, pur senza il soccorso dei reporter investigativi, capisce la fissa di lui per Barbra Streisand. E si sente abbastanza stracciata.