Terza ViaI centristi sono stati la sorpresa delle elezioni in Polonia

«Diritto e Giustizia giocherà sui tempi, ma entro la fine dell’anno ci sarà un nuovo governo europeista», spiega il vicepresidente di Polska2050, Michal Kobosko. Sandro Gozi (Pde): «Ecr accumula sconfitte, Renew non può rischiare un testa a testa alle Europee per le divisioni in alcuni Paesi chiave, a partire dall’Italia»

I candidati di Polska2050: al centro il fondatore Hołownia, alle sue spalle a sinistra Michal Kobosko
I candidati di Polska2050: al centro il fondatore Hołownia, alle sue spalle a sinistra Michal Kobosko (foto da X/@PL_2050)

C’è un vecchio adagio sulla sinistra che esulta se vince in Spagna o in Minnesota, ma poi subisce rovesci in patria. O qualcosa del genere. Le elezioni in Polonia, probabilmente, si sono decise al centro e i centristi, a differenza della sinistra dell’apologo, possono trarre qualche spunto dal successo di Terza Via, che – semplificando – è una specie di Terzo polo locale. Ha due gambe, quella liberale di Polska2050 (parte di Renew) e i popolari di Psl, affiliati al Ppe. «Abbiamo risposto ai cittadini stufi di una scena politica sempre più polarizzata», spiega a Linkiesta il vicepresidente di Polska2050, Michal Kobosko.

Alcuni sondaggi ritenevano la coalizione (Trzecia Droga in polacco) in bilico sulla soglia di sbarramento, dell’otto per cento. È arrivata terza con il 14,4 per cento: se i suoi aderenti optassero per un gruppo unico – ancora non hanno deciso – sarebbe il terzo del Parlamento, dietro Diritto e Giustizia e il centrodestra di Donald Tusk. Una delle ragioni del successo, che ha sorpreso anche lui, secondo Kobosko è la stanchezza dell’opinione pubblica «per questa guerra senza fine, tra Tusk e Jarosław Kaczyński, che stanno invecchiando». Il primo ha sessantasei anni, il dominus di PiS ne ha settantaquattro.

I leader di Terza Via, Szymon Hołownia e Władysław Kosiniak-Kamysz, appartengono invece «a una nuova generazione di politici». Hołownia, ex giornalista alla guida di Polska2050, dal 2008 al 2019 ha condotto in televisione Poland Got Talent. Nota di colore: sua moglie pilota caccia Mig per l’aviazione. Nel 2020 si è candidato alle presidenziali: terzo al primo turno, con quasi 2,7 milioni di voti. Domenica 15 ottobre sono saliti a 3,1 milioni. Un risultato che vale alla lista sessantacinque deputati e undici senatori – metà sono di Polska2050.

I leader di Terza Via, da sinistra Kosiniak-Kamysz e Hołownia
I leader di Terza Via, da sinistra Kosiniak-Kamysz e Hołownia (Michal Dyjuk/Ap)

Due terzi degli eletti, racconta Kobosko dopo la riunione a Varsavia, sono al primo mandato. Ma la ventata di novità non si è mai tradotta in un’equidistanza tra i due protagonisti: «Noi siamo nel campo democratico, non in quello conservatore. Per questo ci alleeremo con Tusk e la sinistra». Terza Via è nata ad aprile, durante la campagna elettorale qualche osservatore la riteneva sovrapponibile a Coalizione civica. Tusk però ha presto smesso di considerarla un competitor, ha capito quanto quei seggi fossero fondamentali per disarcionare Diritto e Giustizia. Alla marcia del «milione di cuori» nella capitale, infatti, ha invitato chi non era convinto da lui a votare i centristi.

«La lezione è che le elezioni si vincono al centro», commenta Sandro Gozi, eurodeputato di Renew e segretario del Partito democratico europeo. «La contrapposizione sterile e spesso violenta tra estrema destra e sinistra ha stancato gli elettori». È d’accordo il vicepresidente di Polska2050: «La gente voleva poter votare per qualcuno e qualcosa, perché aveva votato contro qualcuno troppo a lungo». Dopo otto anni di dominio sovranista, le aspettative sono alte. «Sentiamo tutta questa responsabilità». C’è il rischio che Kaczyński e i suoi accoliti si oppongano alla transizione?

«Ciò che possono fare ora è giocare con i tempi – risponde Kobosko –. Il presidente Andrzej Duda rappresenta la loro area politica, temo lascerà continuare l’esecutivo attuale fino a Natale perché ha il potere costituzionale di prorogarlo. Con Kaczyński non si sa mai, però non hanno molti modi legali per bloccare la formazione della coalizione. In ogni caso, entro la fine dell’anno la Polonia avrà un nuovo governo, europeista e pienamente democratico». Una priorità sarà sbloccare 35,4 miliardi di fondi Recovery, in scadenza nel 2026-27, e altri settantacinque miliardi di fondi comunitari congelati quando la destra nazionalista ha picconato lo stato di diritto.

In generale, il prossimo esecutivo punta a far uscire il Paese dall’«isolamento». La Polonia non può stare nella stessa risma dell’Ungheria di Viktor Orbán, amico dei tiranni, ma aspira alla sala macchine dell’Unione. «Insieme a Berlino, Parigi e Roma», elenca Kobosko in quest’ordine. Basta scontri con Bruxelles: «Vogliamo dire ai nostri partner che la Polonia tornerà, si siederà ai tavoli e negozierà. Proteggeremo i nostri interessi nazionali, ma ci muoveremo in modo totalmente diverso da Kaczyński». È una questione di forma che però è anche sostanza.

Il vicepresidente cita «il terribile errore» di bloccare le esportazioni di grano ucraino. È un tema «divisivo», riconosce, d’altronde i coinquilini di Terza Via sono espressione del mondo agricolo. Il punto è proprio una diversa gestione dei dossier, evitando scontri frontali. Con una premessa importante: «L’Ucraina combatte non solo per sé, ma per la libertà e l’indipendenza dell’intera regione. Per il grano come per l’invio di armi, non è ammissibile dichiarare unilateralmente uno stop. Sono questioni di sicurezza comune».

Infine, una possibile divergenza all’interno del blocco democratico riguarda l’aborto. «Al momento, di fatto, è proibito» a causa di una sentenza orchestrata da Diritto e Giustizia nel 2020. Se Tusk intende ripristinare la legalità delle interruzioni di gravidanza, la linea di Hołownia è sottoporre la questione a un referendum. «Non possiamo continuare così, questa situazione ha aperto le porte al mercato nero. A guardare i sondaggi, i polacchi propendono per una liberalizzazione, ma pensiamo debba essere un processo. Non può avvenire da un giorno all’altro in una società in parte ancora molto cattolica e conservatrice, specialmente fuori dalle grandi città».

Gozi e Kobosko a Cracovia aprile 2022
Gozi e Kobosko a una convention di Renew Europe a Cracovia

Poi ci sono, a giugno dell’anno prossimo, le elezioni europee. Parafrasando Giampiero Boniperti, per Gozi (che forse apprezzerà, da juventino) non sono importanti, sono l’unica cosa che conta. In Italia, le forze di Renew sono divise. Il (fu) Terzo polo ha appena ufficializzato la scissione dei gruppi di Camera e Senato. «Lavoreremo fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno utile per una lista unica», chiarisce l’eurodeputato che, tra gli indiziati, attribuisce il fallimento della joint venture ad Azione di Carlo Calenda. Da Varsavia Kobosko evita i consigli agli «amici italiani» però, «è un peccato che ci sia stato un conflitto».

Un incartamento con conseguenze potenzialmente più vaste di un singolo Stato. «L’estrema destra di Ecr, invece di fare la rivoluzione conservatrice, continua ad accumulare sconfitte – conclude Gozi –. Il partito di Giorgia Meloni è stato pesantemente sconfitto in Spagna e cacciato dal governo in Polonia, però rischia di crescere alle elezioni europee. Non vorrei che ci trovassimo in un testa a testa tra Renew ed Ecr proprio a causa delle divisioni in alcuni Paesi chiave, a partire dal nostro. Siamo radicalmente alternativi all’estrema destra e quindi abbiamo una responsabilità molto forte soprattutto nei grandi Paesi. Il futuro, alle prossime elezioni, si gioca soprattutto in Francia, in Italia e in Polonia».

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