Raramente, o forse mai, si era visto Sergio Mattarella così preoccupato. Per la libertà, per la democrazia. Preoccupazioni “alte” relative a scenari imprevedibili condizionati dall’intelligenza artificiale, dalle nuovissime tecnologie, e da chi le usa, soprattutto (c’è chi ha voluto leggere qui un riferimento a Elon Musk). Nulla a che vedere con le sgrammaticature di Ignazio La Russa, l’arroganza dei Meloni’s boys, o della stessa presidente del Consiglio.
Piccolezze. Eppure non può essere un caso che proprio nell’Anno della Destra, parlando alle alte cariche dello Stato (Meloni assente per malattia), ieri il Capo dello Stato abbia mostrato un così alto livello di ansia politica, culturale, morale per il destino della democrazia.
Come se avesse voluto esternare l’idea di un potenziale crollo dei grandi valori a tutti i livelli, seppur contenuta dalla sempre ribadita fiducia nell’Italia. Sarà un caso, o forse no. Dietro il garbo e lo stile personale, Mattarella ha in sostanza fatto un salto di prospettiva allargando lo sguardo: «Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro “1984” di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del Novecento. Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini».
Sono parole gravi. Che in un certo senso segnano una novità, giacché il post-illuminismo del pensiero democratico sinora ha sempre messo in rilievo più le potenzialità che i pericoli della nuove tecnologie, ed è stata semmai la destra a nutrire i peggiori timori per lo sviluppo dell’innovazione.
Ma ora il Presidente della Repubblica dice che bisogna stare attenti. Che servono «controlli». Già, ma da parte di chi? Una preoccupazione che inoltre precipita su una situazione internazionale che è quella che è, segnata da due guerre e priva di una forte direzione politica mondiale. È l’incrocio di queste due emergenze che fa sorgere tutti i dubbi sul futuro. E se il Capo dello Stato ha volato alto senza far riferimento all’attualità politica nemmeno in senso lato, non è sfuggito un richiamo alla questione sociale: «Si allargano i divari sociali: alle vecchie diseguaglianze se ne aggiungono di nuove, nei campi del digitale e della conoscenza. E stridono le gigantesche ricchezze appannaggio di pochi a fronte del disagio di tanti, con una distanza mai prima registrata né in Italia né altrove». I governanti, seduti di fronte, avranno inteso?
Così come non è sfuggito il riferimento al Parlamento: «Dal rispetto della libertà di ciascuno discendono le democratiche istituzioni, l’equilibrio fra i poteri, il ruolo fondamentale del Parlamento, l’imparzialità, principio guida della pubblica amministrazione, unitamente al suo dovere di efficienza e competenza».
È stato solo un accenno, ma forte, a quei principi costituzionali di cui egli sente evidentemente il bisogno di riaffermare il valore. E anche questo non può essere un caso, nel momento in cui si discute di un progetto come quello del governo inteso a limitare i poteri del Parlamento nonché dello stesso Presidente della Repubblica. Ma non è da Sergio Mattarella che verranno mai contrappunti o tantomeno scossoni polemici su questa questione. Intenzionato, come abbiamo scritto, a difendere le istituzioni ancora per molto tempo.