«Il Movimento di Unità Nazionale riceverà la punizione che merita. Pagherà per i suoi crimini contro il popolo georgiano». Con queste parole Bidzina Ivanishvili, “segretario onorario” e fondatore del partito di maggioranza a Tbilisi, Sogno Georgiano, si è rivolto al corteo riunitosi nella capitale il 29 aprile per mostrare sostegno verso l’introduzione della controversa legge sugli agenti stranieri. Aggiungendo, per tentare di non attirare le ire del Parlamento europeo, ormai rassegnato alla deriva filorussa di Tbilisi: «E prometto che, una volta superato questo ostacolo, con la sovranità e dignità intatte nel 2030 la Georgia si unirà all’Unione europea». Non ha funzionato. Il 7 maggio Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri della Commissione europea, ha ricevuto una lettera firmata da trenta europarlamentari in cui è stata chiesta, per la prima volta nella storia dell’Unione europea, la revoca dello status di candidato membro a Tbilisi.
«Il costante atteggiamento antidemocratico delle autorità georgiane ha superato il limite», spiegano i firmatari: «Tale comportamento ha inasprito le tensioni e le polarizzazioni nella politica e nella società del Paese». E spiegano che la situazione «non può più essere ignorata dall’Unione europea». La stesura di questa dichiarazione è almeno in parte legata proprio al discorso di Ivanishvili del 29 aprile, in cui ha accusato le Ong e «l’opposizione radicale» di agire per conto di un «partito di guerra globale» responsabile delle guerre russe in Georgia e Ucraina e di aver organizzato due colpi di Stato.
È questo il motivo per cui, formalmente, Sogno Georgiano ha deciso di riprovare a introdurre una legge sugli agenti stranieri (e una contro la comunità queer): preservare l’identità nazionale del Paese e tutelarsi da un’influenza straniera troppo forte. Ma, come sottolineato da Radio Free Europe, l’attenzione riservata alle proteste e al dibattito su questa legge ha permesso al Parlamento a Tbilisi di varare altre manovre che sembrano nascondere un disegno politico più ampio che mira a salvaguardare proprio Ivanishvili.
Il 19 aprile Sogno Georgiano ha approvato una riforma fiscale che dovrebbe attrarre investimenti dall’estero, ma che di fatto trasforma il Paese in un paradiso fiscale. In questo modo, Ivanishvili potrebbe proteggersi da eventuali sanzioni ad personam da parte dell’Ue. E sempre come scudo dalle sanzioni, la Banca Nazionale Georgiana ha aumentato le riserve d’oro a disposizione di sette tonnellate, e deciso che non sarà necessario rispettare le sanzioni internazionali disposte contro cittadini senza che si tenga prima un processo a livello domestico.
Ogni decisione politica a Tbilisi, così, sembra mirare a proteggere Bidzina Ivanishvili, (ex) oligarca russo e successore di Mikheil Saakashvili come primo ministro per poco più di un anno, dal 25 ottobre 2012 al 20 novembre 2013, per sua decisione di ritirarsi dalla politica (così diceva all’epoca) in quanto aveva ormai «portato a termine la sua missione» di liberare la Georgia da «criminali assetati di potere». La carriera politica di Ivanishvili sembrava aver avuto vita breve: aveva debuttato nel 2011 con l’obiettivo di mettere un punto al governo di Saakashvili (che nove anni dopo la Rivoluzione delle Rose era sfociato in un regime autoritario) in modo da salvare la propria patria.
Certo, in realtà Ivanishvili sembrava aver messo da parte questo impeto patriottico dal 1982 al 2002, periodo in cui, essendosi trasferito a Mosca era riuscito a diventare, nel 1996, parte della Semibankirschina (“I sette banchieri”, ossia i sette imprenditori più importanti della Russia). Guarda caso, l’anno della rielezione di Boris Yeltsin. E sempre in questi trent’anni aveva accumulato un patrimonio tale da renderlo l’uomo più ricco della Georgia. Quando nel 2011 era salito alla ribalta, in Occidente, più che i suoi legami col Cremlino, erano state messe in evidenza la sua vena artistica e di mecenatismo.
Ma Boris Berezovsky (oligarca russo morto nel 2023 in circostanze mai chiarite) aveva fatto notare alla stampa che Ivanishvili «è un uomo che sottostà alle regole imposte dal governo russo». E che il collega non avesse mai incontrato difficoltà nel portare avanti i suoi affari nella Federazione: «in Russia non puoi essere un imprenditore non ostacolato dal governo senza farti portatore dei suoi valori». Sogno Georgiano non si è mai dichiarato apertamente filorusso. Ivanishvili dalla sua entrata in politica aveva professato la necessità di riallacciare i rapporti con Mosca per tentare di riportare Abcasia e Ossezia del Sud (le due regioni separatiste occupate dal Cremlino dal 2008), ma senza abbandonare il percorso di integrazione euro-atlantica del Paese.
Il suo obiettivo era garantire alla Georgia un futuro democratico e trasparente: nel 2013, sembrandogli di aver gettato le fondamenta per questo progetto, si era dimesso. E nel 2015 si era mostrato riluttante rispetto a un possibile ritorno sulle scene: «Lo paragonerei a una seconda venuta», spiegava umilmente. «Servirebbe un qualche disastro per farlo succedere». Eppure, nel 2018 era tornato a essere segretario di partito, e aveva ricoperto questo ruolo per tre anni, finché a gennaio 2021 si era nuovamente dimesso, forse per sviare le accuse di mantenere una vicinanza che andava ben oltre la diplomazia al Cremlino.
I membri dell’opposizione avevano guardato con sospetto alla decisione di Ivanishvili. «Per quanto ancora questo scemo pensa di poter ingannare il popolo Georgiano?» diceva Saakashvili in un post su Facebook: «Sicuramente dovrà andarsene ma non dicendo “Lascio formalmente il potere ai miei tirapiedi”, dovrà lasciarlo per davvero». E in tutto il Paese era rimasto il sospetto che l’oligarca sarebbe nuovamente tornato in un futuro più o meno lontano.
E così è stato: il 30 dicembre 2023 Ivanishvili è stato (ri)nominato segretario onorario di Sogno Georgiano. Non per sostituire il primo ministro Irakli Kobakhidze, ma per «portare il Paese alla vittoria» grazie alla sua esperienza. Ivanishvili ha spiegato che il suo ruolo consiste nel controllare il governo, che sarebbe rimasto libero di agire a proprio piacimento senza che nessuno si intromettesse, dato che, a suo dire, l’opposizione sarebbe stata incapace di svolgere le sue mansioni in quanto «il torrente di bugie» da essa prodotto l’aveva depotenziata al punto di non riuscire più a esercitare un qualsiasi tipo di influenza sulle azioni della maggioranza.
In realtà, sono state individuate due possibili ragioni che avrebbero spinto Ivanishvili a prendere questa decisione: la prima sarebbe sfruttare la propria popolarità per tentare di convincere la parte di elettori sostenitori di Sogno Georgiano che sono rimasti delusi dalla politica portata avanti dagli altri leader di partito a votare nuovamente il partito di maggioranza durante le parlamentari di ottobre. La seconda ha che fare con la politica estera, in particolare con i rapporti con la Russia. I detrattori dell’oligarca, infatti, credono che il suo ritorno sia legato al desiderio di Mosca di mantenere un controllo più fermo sull’ex Repubblica sovietica per sabotare i tentativi di integrazione europea della Georgia.
Nel 2011, Ivanishvili aveva dichiarato che sperava di «stupire l’Europa» per la quantità di democrazia che con la sua politica avrebbe portato a Tbilisi. La lettera indirizzata a Borrell dimostra che l’oligarca è riuscito perfettamente nella prima parte del suo intento. Anche se per ragioni diverse da quelle sperate.