Da Damasco a KyjivPutin perde la Guerra Mondiale Siriana, ma spera ancora nella viltà occidentale

Il regime di Assad, sostenuto da Mosca e Teheran, è caduto grazie alla resistenza militare e civile dell’Ucraina, e alle operazioni con cui Israele ha cancellato Hezbollah e indebolito l’Iran. L’Europa e l’Italia continuano pericolosamente a non capire la minaccia dell’imperialismo russo e della controrivoluzione americana di Trump

AP/Lapresse

Le rivoluzioni sembrano sempre impossibili il giorno prima, e sempre inevitabili il giorno dopo. In queste ore abbiamo assistito alla caduta del feroce regime siriano di Bashar al Assad, senza aver capito le origini e le cause del suo repentino tracollo.

Da tredici anni in Siria si combatte una Guerra Mondiale piccola ma ad alta intensità, che ha fatto oltre mezzo milione di morti e sei milioni di sfollati all’estero di cui però non è mai fregato niente a nessuno perché gli arabi e i musulmani siriani sono stati uccisi e martoriati da altri arabi e da altri musulmani, peraltro gli stessi che attaccano ogni giorno Israele, con l’aiuto militare di coloro che ogni giorno lanciano missili e droni contro le città ucraine.

La Guerra Mondiale Siriana ha visto schierati da una parte Iran, Russia e Hezbollah libanesi nel campo del regime di Assad, e dall’altra gruppi di ribelli, islamisti e no, curdi e laici, sostenuti dagli Stati arabi del Golfo e molto blandamente dagli Stati Uniti, con l’opportunista Turchia di Recep Tayyip Erdogan in mezzo a giocare un ruolo ambiguo.

La Guerra Mondiale Siriana nasce in seguito alla repressione violenta (uno storico marchio di fabbrica degli Assad, famiglia di macellai fin dal 1982) della ribellione civile del 2011 contro il regime di Damasco, una versione siriana della cosiddetta Primavera araba, a sua volta causata dall’onda lunga dell’intervento angloamericano in Medio Oriente post 11 settembre 2001.

Assad allora si salvò grazie all’intervento militare e politico di Iran e Russia, ma anche grazie al mancato intervento dell’America di Barack Obama, nonostante il regime di Damasco avesse varcato la cosiddetta “linea rossa”, fissata dallo stesso Obama, sul divieto di uso di armi chimiche.

Assad oggi si è arreso e ha chiesto, e ottenuto, asilo politico a Mosca, perché – dopo il pogrom di Hamas del sette ottobre 2023 e gli attacchi missilistici di Hezbollah e Iran – Israele ha cancellato vertici e manovalanza di Hezbollah e ha indebolito l’Iran degli Ayatollah; ma il regime di Damasco è caduto anche perché l’Ucraina ha resistito all’invasione russa, rendendo così impossibile o insostenibile il sostegno della Russia, oltre che di Iran ed Hezbollah, al dittatore siriano.

Dubito che i fatti siriani, e la fuga a gambe levate del dittatore, degli iraniani e dei russi da Damasco e dintorni, riusciranno a fare chiarezza sulla posta oggi in gioco in Europa, e quindi in Italia, anche perché nella cloaca pubblica televisiva che offre il conduttore collettivo unico delle coscienze troveremo sempre i soliti screditati “esperti” a spiegare che cosa sta succedendo, e sono gli stessi che dicevano che la Russia non avrebbe mai attaccato l’Ucraina, che Mosca avrebbe conquistato Kyjiv in pochi giorni, così come già aveva già vinto in Siria.

Eppure Putin e Trump e i georgiani e i polacchi e i baltici, e i moldavi, e ora anche i rumeni, e ovviamente i favolosi ucraini, non sanno più come dirvi come stanno le cose, e scusate se per una volta uso la pedagogica seconda persona plurale perché, francamente, la prima non mi sento più di utilizzarla dopo aver scritto centinaia di articoli per sostenere, appunto, quello che tutti costoro vi stanno dicendo a voce alta da mesi e mesi: e cioè che Putin è un agente del caos che non ha alcuna intenzione di trattare la fine del conflitto che ha iniziato contro l’Ucraina e contro il sistema democratico internazionale, essendo interessato soltanto a ricostruire l’impero russo; che Donald Trump sta pianificando una controrivoluzione americana reazionaria con potenziali effetti devastanti sull’Europa; e che gli unici che hanno capito che cosa sta succedendo in Europa sono i paesi che fino a trent’anni fa vivevano in regimi totalitari guidati direttamente o indirettamente da Mosca.

Soltanto negli ultimi giorni, l’Osce ha invitato la Russia al vertice di Malta nell’ingenuo, illusorio e pericoloso tentativo di riaprire un canale di dialogo con Mosca, ma Mosca ovviamente ha interpretato l’invito come un cedimento strutturale dell’organizzazione per la sicurezza europea e dell’Occidente, tanto da aver utilizzato, con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, l’incauto reintegro in un consesso tenutosi sul suolo europeo per vomitare falsità sull’aggressione all’Ucraina, parlando invece di guerra scatenata dalla Nato contro la Russia, e di finti corpi di uomini posizionati ad arte dal governo ucraino a Bucha, dove i russi fecero le fosse comuni di civili ucraini, per manipolare le coscienze occidentali.

Se vi sembrano oscenità tali e quali a quelle che da quasi tre anni vengono ripetute quotidianamente nei salotti televisivi italiani, avete individuato il punto esatto di questo articolo: la Russia provoca il caos nelle società occidentali, manipola il consenso con l’ingegnerizzazione delle fake news, corrompe i processi elettorali, finanzia le forze estremiste ed eversive allo scopo di indebolire le democrazie liberali e di riconquistare il controllo dei paesi un tempo colonizzati o sotto la sfera di influenza sovietica, e sfida il mondo libero in Medioriente e in Asia, alleandosi con i peggiori aguzzini mai apparsi sulla faccia della Terra, aiutandoli e facendosi aiutare.

Gli unici a capirlo, e a spiegarlo in tutte le lingue possibili, sono i paesi che dalla caduta del Muro di Berlino e dal crollo dell’Unione Sovietica si sono affrancati dal colonizzatore moscovita, e che oggi vivono con grande preoccupazione il revanscismo imperialista russo. Loro sanno che non si tratta di chiacchiere, ma di una minaccia esistenziale. E quindi si mobilitano, e avvertono gli europei occidentali del pericolo.

E così oggi c’è la nuova rivoluzione delle rose georgiana, figlia di quella del 2003, che scende per strada non solo a Tbilisi, ma in tutto il paese caucasico; c’è la resistenza moldava della coraggiosa presidente Maia Sandu, costretta a superare le pesanti interferenze russe; c’è la resistenza politica, culturale e militare dell’Ucraina libera e indipendente; c’è l’attivismo democratico dei paesi baltici, l’avanguardia del mondo liberale in Europa che oggi esprime con Kaja Kallas e Andrius Kubilius l’Alto rappresenta per la politica estera e il Commissario alla difesa dell’Unione europea; c’è la formidabile mobilitazione politica e militare della Polonia europeista, almeno finché durerà; c’è l’adesione della Finlandia neutrale (e della Svezia) alla Nato. C’è, infine, la battaglia dei democratici rumeni, gli unici capaci di rispondere con mezzi adeguati alla guerra scatenata dal Cremlino, grazie alla Corte Costituzionale che ha annullato il voto presidenziale corrotto dai russi prima che avesse effetti irreversibili, un antidoto a disposizione delle istituzioni democratiche che prima Barack Obama nel 2016, e poi Joe Biden nel gennaio 2021, hanno evitato di iniettare nella società americana, nonostante le prove delle influenze russe sulle elezioni del 2016 che hanno portato Trump alla Casa Bianca, e malgrado, quattro anni dopo, l’assalto al Congresso e il fallito colpo di stato trumpiano.

Ieri Donald Trump ha confermato a Meet the Press che è pronto a uscire dalla Nato se i paesi europei continueranno a non comprare «automobili e cibo americano» e se non spenderanno per la sicurezza europea il 4 per cento del loro prodotto interno. Oggi l’Italia spende l’1,5 del pil, e non riesce a rispettare nemmeno l’obiettivo del 2 per cento: questo vuol dire che sia nel caso in cui l’America abbandoni la Nato sia nel caso la Nato continui a proteggere l’Europa, attribuendone il costo agli europei, saremo costretti a tagliare pensioni, istruzione e sanità, e ad aumentare le imposte, per pagare la difesa e rispettare il ricatto dell’America First di Trump.

Più di questo, di nuovo, che cosa deve dire Donald Trump per far capire che fa sul serio, dopo che ha nominato a capo delle 18 agenzie di intelligence americane una svalvolata come Tulsi Gabbard, anch’essa da imputare a Barack Obama che nel 2012 le diede voce alla sua convention in North Carolina, che è nota per abbeverarsi a Russia Today, per diffondere fake news del Cremlino, per chiedere a Zelensky di arrendersi accogliendo gli invasori e torturatori russi con lo spirito pacifico dell’aloha hawaiano, e perché, nel 2017, andò a Damasco ad abbracciare Bashar al Assad, definendolo «non un nemico degli Stati Uniti», proprio mentre il dittatore siriano massacrava il suo stesso popolo.

Che altro devono dire, e fare, Putin e Trump da una parte, e gli ucraini, i georgiani, i polacchi, i moldavi, i rumeni, e i baltici dall’altra, per farvi capire che cosa stiamo rischiando mentre voi fate finta di niente, e mangiate il gelato?

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