Lost in transitionMentre Biden mette insieme un governo da Riccioli d’oro, Trump perdona tutti

Dopo quattro anni di un’Amministrazione cattivissima, il prossimo presidente degli Stati Uniti non fa l’errore di cedere ai radicali e si circonda di gente preparata e affidabile che sa ascoltare tutte le anime del partito democratico e anche oltre

LaPresse

Trump non va a Gettysburg
Ieri il pubblico globale tossicodipendente da Trump si aspettava grandi soddisfazioni dalla sua gita a Gettysburg. «È tecnicamente un incrocio tra House of Cards e Scemo e più scemo», aveva commentato quando era stata annunciata il vicegovernatore democratico della Pennsylvania John Fetterman. E in effetti.

Era un evento in cui due repubblicani della Pennsylvania discutevano di frodi elettorali ai suoi danni. C’era Rudy Giuliani. A Gettysburg c’è stata una battaglia della guerra di Secessione, il Gettyburg Address è il discorso più importante di Abraham Lincoln. Ma il previsto trionfo kitsch di patriottismi, fake news, e mascara per capelli che cola sulle guance si è tenuto senza Trump. Ufficialmente perché Giuliani è stato a contatto con due persone positive al Covid. Non molti hanno creduto che fosse la vera ragione.

E due ore dopo, un Giuliani non in quarantena ha parlato in un albergo di Gettysburg (un vero albergo, non come il Four Seasons di Philadelphia che risultò essere una ditta di giardinaggio). Ha esordito suggerendo che Trump forse ha vinto in Virginia (ha perso per mezzo milione di voti). Ha detto «conosco bene i truffatori», e si sono fatte battute.

Nessun grande network televisivo ha trasmesso in diretta la conferenza stampa. Gli appassionati di frasi significative hanno condiviso un passaggio del discorso di Gettysburg, quello di Lincoln: «Siamo ora impegnati in una grande guerra civile, e vedremo se la nazione, o qualunque nazione, potrà sopravvivere».

Trump perdona tutti
Si sapeva dall’altro ieri che Trump avrebbe perdonato Michael Flynn. L’ha detto ieri sera, con un tweet in cui sembra che l’abbia nominato commendatore: «È un grande onore annunciare che al generale Michael Flynn è stato garantito un perdono totale. Congratulazioni a @GenFlynn e alla sua splendida famiglia». Trump «agisce come una figura del crimine organizzato», ha commentato il presidente della commissione Intelligence della Camera Adam Schiff.

Nonostante il full pardon, l’ex generale poi consigliere per la sicurezza nazionale, che si è dichiarato colpevole di aver mentito all’FBI sul Russiagate, avrà altri problemi giudiziari; altri capi d’accusa, altre indagini. E ora che non è più sotto processo, e non ha più il diritto di non rispondere per non incriminarsi, verrà chiamato a testimoniare contro Trump.

E i procuratori potrebbero fare ricorso contro il perdono, perché il presidente uscente ha perdonato un presunto complice. Il ricorso complicherebbe i suoi progetti (oltre a Flynn, Trump vuole perdonare molta altra gente, forse anche se stesso).

Il gabinetto Riccioli d’oro
Dopo quattro anni di un’amministrazione cattivissima, Joe Biden sta mettendo insieme quello che il Los Angeles Times ieri ha chiamato un Goldilocks Cabinet. Non troppo di destra né di sinistra. Con persone che rassicurano e/o ispirano affetto. Con molte buone intenzioni (tra cui, nei primi cento giorni, una sanatoria che dia un «percorso di cittadinanza» agli 11 milioni di immigrati senza documenti). Che rallegri un senatore repubblicano conservatore come Ben Sasse perché «Biden ha resistito agli estremisti». E pure la stratega progressista Rebecca Katz, che dice «non ci sono veri lefties nel gabinetto, ma ci sono persone che ascoltano». Che sia «abbastanza poco controverso da sopravvivere al voto del Senato», se dopo il ballottaggio in Georgia i repubblicani mantenessero la maggioranza. E dia soddisfazione agli attivisti democratici che chiedono veri cambiamenti (ci sono ancora molte nomine da fare, e si prevede almeno un prescelto/a non impeccabile, che scateni i troll repubblicani e intristisca i democratici che vogliono la favola).

Trump e le donne
Non esiste, purtroppo per Trump, il perdono preventivo. E dal 20 gennaio, quando non potrà più rivendicare immunità presidenziali, non eviterà le cause delle donne che lo accusano di molestie. Come un’ex concorrente di The Apprentice, Summer Zervos. Zervos accusa Trump di averla baciata a forza, di averle agguantato il seno e spinto i genitali sui suoi, dopo averla convocata per discutere opportunità di lavoro.

Poi c’è l’accusa di violenza sessuale della giornalista E. Jean Carroll: oltre a un interrogatorio di Trump, i suoi avvocati vogliono un campione del Dna, per vedere se è il «Dna maschile non identificato» sul vestito nero di Donna Karan che Carroll indossava da Bergdorf Goodman il giorno della presunta violenza in un camerino (ricordare: uno stupro è uno stupro anche se si stupra in mezzo alle griffes).

La strategia del cane
Nell’America post-trumpiana in cui gli antitrumpiani traumatizzati hanno bisogno di coccole, un democratico con un cane è un democratico in campagna elettorale. Levi Fetterman il cane di John Fetterman, da un mese è su Twitter, e l’account canino viene visto come prova che Fetterman vuol candidarsi al Senato nel 2022 (contro di lui potrebbe esserci Donald Trump junior, ma forse no, forse sceglierà uno stato del West, meno popolato, più repubblicano e più economico).

Mentre il cucciolo del reverendo Raphael Warnock, al ballottaggio il 5 gennaio in Georgia contro Kelly Loeffler, è protagonista di uno spot già molto studiato per il modo in cui un uomo afroamericano prova a rassicurare l’elettorato bianco dei sobborghi. Col cane, ovvio.

Warnock, vestito da borghese nel fine settimana, va a spasso col suo cane per amene strade di villini. C’è il sole, lui sorride. Spiega che la sua avversaria, come previsto, diffonde notizie false su di lui (la voce fuori campo di uno spot lo accusa di mangiare le pizza con forchetta e coltello e di odiare i cuccioli, forse per questo ora ne ha uno). E «prova a terrorizzare la gente usando fuori contesto frasi dette in 25 anni da pastore» (della chiesa che era di Martin Luther King, ndr). Poi ferma, tira su un sacchetto con la cacca del cane, lo butta in un cestino ed è tutto molto simbolico. Lo spot è piaciuto, perché «l’ambientazione, com’è vestito Warnock, e la razza del cane mandano un messaggio specifico» (è un Beagle, un “cane da bianchi”, l’analisi dei flussi elettorali segnala uno spostamento verso i democratici nei sobborghi di Atlanta, e il cucciolo rischia di aiutare).

Obama e i maschi bianchi
Non tutti i bianchi sono sensibili al Beagle di Warnock, però. Lo pensa un Barack Obama inusualmente radicalizzato, ha parlato ieri degli uomini bianchi che votano Trump. Ha detto che lo fanno in parte perché i repubblicani li convincono che, come uomini bianchi, sono sotto attacco. In un’intervista per promuovere il suo libro A Promised Land se l’è presa non solo col trumpismo ma con l’intero GOP, lo accusa di «aver creato la sensazione che i maschi bianchi siano vittime… il che è smentito dai dati e dalla storia e dall’economia. Ma è una convinzione sincera, ed è stata interiorizzata». Già se ne discute, se ne parlerà ancora (segue).

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