Solo cinque piani inviatiCome sono i Recovery Plan presentati dagli altri Stati europei

Non tutti riusciranno a rispettare la scadenza della mezzanotte del 30 aprile. Irlanda, Polonia, Ungheria, Austria, Estonia non hanno ancora previsto una data per la consegna e in Finlandia si è addirittura arrivati alla (quasi) crisi di governo. Il Portogallo vuole spendere l’8% del suo budget per il settore culturale, la Grecia punta sul digitale. Poco ambiziosi i piani di Francia e Germania rispetto alle aspettative

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L’ora sta per scoccare. Entro la mezzanotte del 30 aprile le Cancellerie europee dovranno inviare alla Commissione i loro piani di ripresa per ottenere i 750 miliardi di euro (ripartiti in 390 a fondo perduto e 360 di prestito) del NextGenerationEu. Una scadenza che in molti non rispetteranno, visto che Paesi come l’Irlanda, la Polonia, l’Ungheria, l’Austria, l’Estonia non hanno ancora previsto una data per la consegna dei documenti e in Finlandia si è addirittura arrivati alla (quasi) crisi di governo.

In vista di questi ritardi la Commissione ha deciso di chiudere un occhio sulle scadenze, anche se è interesse dei Paesi europei consegnare il più in fretta possibile il piano per poter avere la prima tranche di aiuti pari al 13% della somma complessiva spettante al Paese. L’assegno però non arriverà subito dopo la consegna: sarà necessario aspettare alcuni tempi tecnici. La Commissione ha infatti fino a due mesi di tempo per valutare i piani e fare una proposta di approvazione agli Stati membri che avranno poi un altro mese per emettere il giudizio definitivo tramite il Consiglio, l’organo che riunisce i governi dei 27 Stati membri.

Mentre molti Paesi cercano di far quadrare i conti o sono ancora in alto mare, cinque Paesi europei hanno già inviato il loro piano alla Commissione. Si tratta di Portogallo, Grecia, Francia, Germania e Slovacchia, in rigoroso ordine di invio. Per tutti l’impressione è che manchino le grandi riforme strutturali, quelle che la Commissione ha chiesto con molta insistenza a tutti.

Emblematico il caso di Francia e Germania, che hanno presentato insieme i loro piani, dal valore rispettivo di 39 e 29 miliardi di euro, in una conferenza stampa congiunta dei due ministri dell’Economia, Bruno Le Maire e Olaf Scholz. Due piani tutto sommato ordinari e privi di particolari novità che hanno portato un giornalista a chiedere dove fosse la ciccia delle riforme e Le Maire a rispondere che la carne fa male alla salute. Se Francia e Germania hanno sostanzialmente fatto il loro compitino più interessante quello che hanno fatto Portogallo e Grecia. A dieci anni dalla Troika i due Paesi hanno fatto tesoro dei propri errori e hanno cercato di sfruttare al meglio questa opportunità per portare avanti un piano di ammodernamento dal punto di vista sia digitale, come ha fatto Atene con il suo piano “Greece 2.0”, mentre il governo di Antonio Costa punta su green e sociale.

Sono molti gli spunti interessanti all’interno dei piani giunti finora sul tavolo della Commissione. Partendo da Lisbona, che riceverà dall’Unione circa 16 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni, impressiona soprattutto la ripartizione delle spese. Infatti, il Recovery Plan lusitano presenta come tra le prime voci di spesa sanità, piano abitativo, welfare sociale e cultura, ai quali andrà complessivamente circa il 50% del budget. In particolare, la questione abitativa è molto sentita in Portogallo (come è stato già raccontato su questo giornale), visto che la gentrificazione delle grandi città, come Lisbona, spesso si scontra con i diritti dei cittadini ad avere un’abitazione a un equo canone. Un problema che il governo vuole socialista vuole risolvere sia tramite una moratoria degli affitti che requisendo gli appartamenti sfitti per lasciarli in gestione alle famiglie bisognose.

Inoltre, il governo portoghese ha previsto di spendere circa l’8% del suo budget per il settore cultura: 150 milioni di euro verrà spesa per 49 siti d’interesse nazionale, come l’iconica Torre di Belém, il Museo archeologico nazionale e il monastero Jerónimos, che riceveranno fondi europei in vista di un loro restauro e di una maggiore salvaguardia, mentre una parte verrà riservata anche al settore cinematografico e in particolare alla Cinemateca Portuguesa, l’Archivio Cinematografico Portoghese che verrà interamente digitalizzato. 

Una storia diversa riguarda invece la Grecia, che ha inviato alla Commissione un piano di 4104 pagine contenente 106 programmi d’investimento e 67 riforme e con un nome decisamente importante, “Greece 2.0”. Il riferimento al digitale sembra più che evidente: l’idea del governo di Mitsotakis è infatti quella di far nascere una nuova Grecia grazie ai fondi europei. Sviluppo di corridoi della rete 5G sulle autostrade greche; trasformazione digitale delle aziende e collegamento delle isole con la fibra ottica sono alcuni dei punti previsti nel piano nazionale di ripresa greco, a cui si accompagnano anche il contemporaneo sviluppo dell’apprendimento interattivo, con buoni per l’acquisto di computer e tablet per le famiglie più bisognose.

Una migliore istruzione digitale è un obiettivo presente anche nel piano di ripresa tedesco, dove si trova anche la ristrutturazione degli edifici residenziali a un livello di efficienza energetica significativamente superiore agli standard legali minimi. Secondo Berlino in questo piano verranno ristrutturate circa 40 mila unità residenziali che vedranno così salire la loro efficienza.

Un punto questo che da sempre si scontra con l’usanza tutta teutonica di spalancare le finestre per far arieggiare la casa, che significa conseguentemente un importante sperpero energetico come raccontava Politico Europe qualche settimana fa. Anche la Francia presenta punti interessanti all’interno del suo piano di spesa: nel documento presentato alla Commissione sono infatti riportati sia la riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione che l’abolizione di due tasse sulla produzione per un importo di 20 miliardi, considerato un freno alla competitività delle imprese. Nel piano, inoltre, il governo francese si è impegnato a svolgere una seria spending review, visto che il rapporto debito/PIL a causa della pandemia è arrivato al 115,2%.

Nei piani non mancano ovviamente stonature e particolarità. Le maggiori mancanze si notano proprio nel piano francese: Bruxelles si aspettava di trovare una riforma delle pensioni nel documento presentato da Parigi che però non c’è, almeno per il momento: non è da escludere infatti che Macron possa realizzarla prima delle presidenziali del 2022. Inoltre, come evidenzia il network di ong ambientaliste Can Europe, il governo francese avrebbe certamente potuto fare di più per quanto riguarda le ferrovie, un mezzo di trasporto a bassa emissione di CO2, che riceverà un finanziamento di soli 650 milioni di euro, insufficiente per portare avanti l’ammodernamento di cui avrebbero bisogno e imparagonabile con gli 8,6 miliardi di euro l’anno che verranno investiti dal governo tedesco fino al 2030.

Nemmeno in Germania però le cose vanno meglio. Sempre Can Europe evidenzia come la Germania continui a finanziare i veicoli a combustione, nonostante il settore dei trasporti rappresenti circa il 20% delle emissioni di gas serra e sia tutt’ora in forte aumento. Suscita clamore invece la scelta portoghese di spendere 120 milioni di euro per la costruzione della diga Pisão, nota anche come centrale idroelettrica multifunzionale di Crato. Una scelta che però non sembra rispondere ad alcuna reale esigenza di approvvigionamento idrico delle popolazioni nella regione dell’Alentejo settentrionale, con l’aggravante che questa diga avrà impatti ambientali significativi sia sulle popolazioni locali che sulla biodiversità. Singolare invece la volontà della Grecia di utilizzare i soldi europei per terminare quella che è una grande incompiuta del panorama culturale greco: il Museo delle antichità sottomarine del Pireo, che sembrava prossimo alla costruzione già nel 2010. Si spera che questa sia la volta buona.  

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