Bastone e carotaLa reazione del Parlamento europeo al discorso sullo Stato dell’Unione

Non sono mancate le critiche a von der Leyen da parte degli eurodeputati dei vari gruppi politici. Dall’estrema destra dell’emiciclo gli attacchi più pesanti all’operato della Commissione. Mattarella: «All’Unione europea serve credibilità nelle relazioni internazionali»

LaPresse

Quasi tutto il Parlamento europeo ha applaudito Ursula von der Leyen quando la presidente della Commissione europea ha menzionato Bebe Vio, campionessa paralimpica italiana e ospite d’onore del discorso sullo stato dell’Unione 2021. Il coraggio dell’atleta di fronte a sfide che sembrano impossibili è stato indicato come «lo spirito della prossima generazione di europei»: un accostamento difficile da contestare. Non tutti i passaggi dell’intervento di von der Leyen, tuttavia, sono stati apprezzati dall’aula. 

L’emiciclo comunitario si è spesso diviso fra sostenitori e deputati critici sull’operato della Commissione. A Ursula von der Leyen e alla sua squadra sono stati riconosciuti il successo della campagna vaccinale e la scelta di emettere debito comune per finanziare il piano di ripresa Next GenerationEU. Hanno riscosso consenso anche la proposta di una legge europea contro la violenza di genere e il programma Alma, dedicato ai giovani disoccupati, che potranno trovare un’esperienza di lavoro temporaneo in un altro paese dell’Unione. Ma non sono mancati né gli attacchi, soprattutto da parte dei gruppi di opposizione, né gli appelli a un maggiore coraggio, provenienti da quei gruppi politici che formano la maggioranza di governo all’Eurocamera.  

Da popolari, socialisti e liberali hanno giudicato soddisfacente il discorso, pur prendendo alcune nette prese di posizione su determinati temi. Il Partito popolare europeo, di cui von der Leyen fa parte, ha insistito per bocca di diversi suoi rappresentanti sul soddisfacente andamento della vaccinazione in Europa, con il 71,6% della popolazione già sottoposto al ciclo completo di somministrazioni. Al tempo stesso, il suo presidente Manfred Weber ha toccato due note dolenti: il rischio della scomparsa di posti di lavoro dovuto alla digitalizzazione e alla transizione ecologica (i popolari vorrebbero un job deal da parte della Commissione) e la mancanza, cronica, di una politica di difesa comunitaria. «Joe Biden ha messo in chiaro che gli Stati Uniti non saranno più il “gendarme del mondo”. Russia e Cina stanno solo aspettando di riempire il vuoto lasciato e questo sarebbe fatale. Dov’è l’Europa?». 

La necessità di una politica estera più incisiva è, del resto, ricorrente a livello europeo, come hanno dimostrato molti degli interventi in aula. Anche il presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella ha ribadito questa preoccupazione all’inaugurazione del vertice del Gruppo Arraiolos, che riunisce i capi di Stato delle repubbliche parlamentari e semi-presidenziali dell’Ue. «È ineludibile definire quella che è stata chiamata la ‘bussola strategica’, per fare dell’Europa un attore protagonista e non un comprimario nella comunità internazionale», ha detto Mattarella, evidenziando anche l’urgenza di questa svolta geopolitica: «l’Unione non può restare nelle attuali condizioni: o si completa il suo edificio o si rischia che venga meno […] Il caso dell’Afghanistan ha plasticamente raffigurato una Unione incompleta, che ha bisogno  di costruire rapidamente una propria autonoma credibilità nell’ambito delle relazioni internazionali».

Sulla dimensione sociale dell’Ue si è invece concentrata la capogruppo dei Socialisti&Democratici al Parlamento europeo, la spagnola Iratxe García Pérez. «All’inizio del mandato avete promesso una transizione verso un’economia di mercato sociale e verde – ha detto a von der Leyen – ma questi elementi non sono al momento in equilibrio». Secondo S&D, la Commissione ha operato bene in termini di sostenibilità ambientale (le politiche del Green Deal sono affidate a un socialista, Frans Timmermans), ma non altrettanto per quanto riguarda la redistribuzione della ricchezza. «C’è bisogno di un vero pilastro sociale.

Il summit di Porto è stato un primo passo, ma servono chiari obiettivi da raggiungere». Un’Europa «più solida e solidale» è anche quella chiesta nel suo intervento da Simona Bonafè del Partito democratico, in relazione alla gestione dei profughi afghani

Toni piuttosto duri e parole forti quelle utilizzate dal leader del gruppo Renew Europe, che riunisce i partiti liberali dei Paesi europei. Parlando in francese, Dacian Cioloș ha attaccato la Commissione sul fianco debole: l’erosione dello Stato di Diritto in alcuni Stati membri. Il politico rumeno ha criticato un approccio troppo morbido della Commissione verso gli «atti illiberali» compiuti da certi governi. Il riferimento preciso è al meccanismo che vincola l’esborso dei fondi comunitari al rispetto dello Stato di Diritto, che la Commissione non ha ancora attivato nei confronti di Polonia e Ungheria. All’eurodeputato non sarà sfuggito che la presidente non ha menzionato direttamente i due Paesi nel passaggio sul tema del suo discorso. «Se Lei non troverà il coraggio di farlo, le ricorderemo i suoi obblighi ricorrendo alla Corte di Giustizia dell’Ue», ha minacciato Cioloș, rimproverando a von der Leyen un’eccessiva diplomazia nel confronto con il Consiglio dell’Ue.

Il presidente dei Verdi/Ale, il belga Philippe Lamberts, ha invece cominciato con il cavallo di battaglia del gruppo, le politiche ambientali: «L’ultimo rapporto dell’Ipcc ha confermato che non possiamo aspettare il 2050 per occuparci degli sconvolgimenti climatici». Per i Verdi, il pacchetto Fit For 55 non è abbastanza ambizioso (Lamberts chiede ad esempio subito una tassa sul kerosene) e il Green Deal non è credibile, perché al suo interno si nascondono proposte estremamente dannose come quella sulla Politica Agricola Comune, ferocemente contestata dagli ambientalisti. «Non possiamo permettere che un terzo del bilancio europeo vada investito a sostegno di attività dall’impatto devastante sul clima, come gli allevamenti intensivi», dice in una nota Eleonora Evi, di Europa Verde.

Sulla questione afghana la critica è tagliente, anche se diretta più agli Stati europei che alla Commissione: «Sono scandalizzato dal fatto che l’unica preoccupazione dei 27 Paesi membri sia quella di evitare richiedenti asilo afghani sul territorio europeo», le parole di Lamberts durante la sessione plenaria. Sul tema ha preso una netta posizione pure la delegazione italiana del gruppo: i deputati Evi, D’Amato, Corrao e Pedicini chiedono alle istituzioni europee di fare il possibile per riaprire l’aeroporto di Kabul e soprattutto di attivare la Direttiva sulla protezione temporanea, che consentirebbe procedure facilitate per il rilascio di visti umanitari. 

Oltre agli appunti di quei partiti che in linea di massima supportano le iniziative della Commissione, ci sono state le dure critiche dei gruppi che formano l’opposizione parlamentare. Il più numeroso, Identità e Democrazia, si è scagliato soprattutto contro il Green Deal. Il suo presidente, il leghista Marco Zanni, ha stigmatizzato gli «approcci ideologici», chiedendo alla Commissione pragmatismo sui temi ambientali. «La transizione che oggi l’Unione ha costruito è una transizione ecologica per i ricchi». Ancora più incisivo il vice-presidente, Jörg Meuthen, del partito tedesco Alternative für Deutschland: «Il vostro piano è completamente sbagliato. State portando i popoli d’Europa verso un futuro oscuro».

Troppa soddisfazione e poca auto-critica nel discorso di von der Leyen anche secondo Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei. Ci sono certo delle luci nel bilancio dell’ultimo anno, ma anche tante ombre: ad esempio la gestione confusa della prima fase della pandemia da Covid19 e l’incertezza sulla ripresa economica. «Non ho sentito nemmeno una parola sul convitato di pietra di questo dibattito, il Patto di Stabilità e crescita». Che per Fitto non è un dettaglio, ma un elemento decisivo: Fratelli d’Italia ne chiede una revisione completa anche dopo il 2022

Gli esponenti dei partiti di destra hanno inoltre fatto spesso riferimento alla questione migratoria nei loro discorsi. Fitto si è soffermato sul diverso approccio che l’Ue ha in tre diversi scenari: quello dell’Europa del nord-est, dove appoggia la costruzione di una barriera al confine con la Bielorussia, quello della rotta balcanica, dove finanzia l’accoglienza dei profughi in Turchia e quello della rotta del Mediterraneo centrale, dove, secondo il presidente di Ecr, non interviene affatto.

Dall’altra parte dell’emiciclo, la Sinistra europea ha chiesto a gran voce la sospensione dei brevetti sui vaccini e segnalato una crescita della disuguaglianza nell’Ue durante la pandemia. Il suo co-presidente, il tedesco Martin Schirdewan, ha provato persino a spaccare la maggioranza che sostiene la Commissione, chiedendo a Verdi e socialisti di rompere le righe per proteggere clima e sicurezza sociale e rimproverando ai liberali la contraddizione tra le loro idee sulla democrazia e le loro alleanze con chi (i popolari) tiene aperte le porte alla destra sovranista. 

Dagli europarlamentari del Movimento Cinque Stelle, che siedono fra i Non iscritti, è emersa la richiesta di modifiche agli attuali vincoli di bilancio e di introduzione di un salario minimo europeo. La capodelegazione del gruppo Tiziana Beghin, oltre a ringraziare Ursula von der Leyen per aver invitato Bebe Vio, le ha anche proposto a di incontrare il suo leader di partito, Giuseppe Conte. Oggi sembra impossibile che succeda, ma forse anche questo si può fare.

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