Economia del climaCome capire gli effetti della transizione ecologica sulla geopolitica

Prima di raggiungere il fatidico traguardo di zero emissioni nel 2050 ci saranno sbalzi e scossoni nei prezzi e nel rapporto di domanda e offerta. Sarà cruciale per tutti l’impiego delle rinnovabili, mentre a favore degli Stati più industrializzati giocherà il calo della popolazione e dei consumi

di Veeterzy, da Unsplash

Nel Regno Unito si è visto mesi fa come non bastino le pale eoliche e i pannelli solari per coprire il fabbisogno, perché la mancanza improvvisa di vento e di sole può mettere in crisi la produzione di energia elettrica. Non potendo avere un magazzino di quest’ultima, ecco che, se si ferma la produzione, si ferma l’offerta. L’amministratore delegato di Stellantis ha dichiarato pochi giorni fa che non è possibile offrire nel tempo richiesto auto elettriche senza pesanti costi economici e sociali. I Paesi che vogliono concludere la modernizzazione, come lIndia, non vogliono seguire, non avendo le risorse necessarie, la strada di una veloce transizione energetica.

Insomma, stanno emergendo delle difficoltà lungo il percorso che porta ad un’economia verde. Per mettere a fuoco il nodo della transizione energetica, partiamo da unequazione, che subito dopo rendiamo pratica. Le emissioni di anidride carbonica sono il prodotto (a) della numerosità della popolazione, (b) del reddito pro capite, (c) del consumo di energia in rapporto al PIL, (d) delle emissioni inquinanti in rapporto all’energia.

Abbiamo, combinando i quattro fattori, dei casi diversi. Una popolazione molto numerosa e appena ricca che consuma molta energia in rapporto al PIL e che inquina molto: è la Cina. Una popolazione molto numerosa e povera che consuma molta energia in rapporto al PIL e che inquina molto: è l’India. Una popolazione numerosa e ricca che consuma poca energia in rapporto al PIL e che inquina poco: è l’Europa. Una popolazione numerosa e ricca che consuma molta energia in rapporto al PIL e che non controlla troppo le emissioni: sono gli Stati Uniti.

Sommando le emissioni dallinizio della Rivoluzione industriale ai giorni nostri si ottiene che lEuropa, il Nord America e lAsia hanno emesso ciascuna un volume di anidride carbonica simile, mentre il resto del mondo (Sud America, Africa, Oceania) ha emesso un quindicesimo della somma dei tre maggiori emittenti. Stiamo parlando delle emissioni per volume. Se si tiene conto della popolazione, se si osserva il volume pro capite, allora i numeri nella classifica delle emissioni si alterano. Il Nord America sale e lAsia scende.

Nel meeting di Glasgow i Paesi poveri, che non hanno i mezzi per industrializzarsi controllando l’inquinamento, hanno minacciato la richiesta di risarcimento per il danno prodotto dalle emissioni storiche – soprattutto pro capite – dellEuropa e degli Stati Uniti. Forse erano mossi dallidea che il controvalore virtuale del danno potrebbe spingere i Paesi ricchi a dare loro i mezzi finanziari per una crescita con energie alternative. Oppure, che la richiesta di un danno crei il presupposto mediatico per un ciclo di aiuti finanziari a loro beneficio, che poi sarebbe a beneficio di tutti.

Ad oggi si è agito – nei Paesi ricchi, soprattutto – sugli ultimi due fattori dellequazione, ossia il consumo di energia per unità di PIL e le emissioni per unità di energia. Il primo fattore è quello dellefficienza, il secondo è quello della de-carbonizzazione. Si incomincia però a dibattere – sempre nei paesi ricchi – dellimpatto di una minor popolazione e di un minor reddito pro capite come meccanismi per il controllo delle emissioni. Una popolazione meno numerosa e con consumi parchi e poco inquinanti potrebbe contribuire alla soluzione al problema dellinquinamento.

La popolazione nei Paesi ricchi dovrebbe ridursi con il tempo. I baby boomers, la generazione nata nel Secondo dopoguerra, sta infatti diventando vecchia e prima o poi passerà a miglior vita. Con una popolazione giovane che cresce poco si avrà una popolazione complessiva (anziani e giovani), meno numerosa. Nei Paesi ricchi il problema della popolazione numerosa dovrebbe perciò risolversi con il tempo per un automatismo demografico. Il costume di avere dei consumi parchi rispetto a quelli spreconi che si sono avuti a seguito del grande arricchimento del Secondo dopoguerra potrebbe, infine, imporsi con il tempo.

La conclusione, o happy ending, è che combinando il minor consumo di energia inquinante da parte di una popolazione meno numerosa e poco sprecona si avrebbe il ritorno ad un livello di inquinamento in grado di mantenere la media delle temperature un grado e mezzo sopra quella del mondo preindustriale, che la natura è in grado di assorbire. Naturalmente sarebbe un happy ending completo se tutto il mondo, e non solo quello ricco, transitasse verso le rinnovabili.

Questo è l’andamento lineare. Lobiettivo per il 2050 detto di Emissioni Zero, ossia le emissioni lorde meno lassorbimento, ha come implicazione che le emissioni di anidride carbonica siano assorbite. Cosa che avverrebbe, per esempio, con la maggior produzione di ossigeno di origine vegetale. Produzione che richiede però un forte incremento della forestazione. Si assume nelle previsioni che vi sia ancora una produzione e un consumo di petrolio e gas. La stima è di una minor produzione e consumo – intorno a un quarto di quella di oggi. L’obiettivo di emissioni zero serve quindi ad assorbire, almeno nelle intenzioni, l’andamento previsto delle materie prime non rinnovabili.

La forte pressione per ridurre le emissioni inquinanti potrebbe spingere gli investimenti nel settore energetico all’ingiù. I primi ad essere colpiti sarebbero gli investimenti volti ad assorbire i costi elevati per estrarre il petrolio e il metano nelle zone impervie della Siberia e del Canada, ma non quelli, a basso costo di estrazione, della Penisola Arabica. Cosa che potrebbe portare ad una diminuzione dellofferta di idrocarburi più rapida della caduta della domanda, da cui emergerebbe la crescita del prezzo.

I grandi produttori di idrocarburi come la Russia e gli Stati del Golfo sono fortemente dipendenti dalle esportazioni di petrolio e gas. La transizione verso l’energia pulita comporterà quindi dei rischi di riduzione della loro ricchezza e della loro influenza politica. Nella transizione energetica la posizione della Russia nei confronti degli Stati Uniti e dell’Europa potrebbe però rafforzarsi prima di indebolirsi in un mondo futuro ormai ecologico. Nella transizione verde che prevede labbandono del carbone, i Paesi europei dipenderanno, infatti, dal gas russo in misura maggiore. Non solo, gli Stati Uniti e lEuropa dovranno contare sulla Russia per tenere sotto controllo il prezzo del petrolio. Cosa che avverrebbe attraverso lalleanza russa con l’Arabia Saudita nell’OPEC+.

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