Contro la cultura della gognaIl “premio dei geni” a una militante dei diritti civili che denuncia la cancel culture

La docente di Studi sulle donne e di genere allo Smith College Loretta J. Ross è una dei 25 MacArthur Fellows 2022. Un riconoscimento per la sua capacità di intercettare le sfide sociali del nostro tempo e di affrontarle con un approccio meno aggressivo e illiberale della maggioranza dei colleghi

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La cancel culture esaspera le divisioni sociali, cancella tutte le sfumature razionali del pensiero appiattendole in un codice binario – “giusto” o “sbagliato”. In una società già abbondantemente polarizzata su qualunque cosa, a uso e consumo di populismi di ogni natura, la cultura del linciaggio crea ancora più barriere e nemici da combattere.

Ma la cancel culture non è totalizzante. Tra l’intolleranza xenofoba della destra e la sinistra illiberale c’è ancora chi ragiona in termini di giustizia sociale partendo da inclusività, rispetto e dialogo, da un approccio più morbido. Lo fa ad esempio Loretta J. Ross, 69 anni, docente di Studi sulle donne e di genere allo Smith College. Una delle frasi più significative che Ross cita spesso nei suoi discorsi si può sintetizzare così: dovremmo chiederci se la cancel culture unisca o crei divisioni, perché sembra che non stia portando alcun progresso, né con chi la pensa come noi né con chi la pensa diversamente.

Loretta Ross ha scelto un approccio compassionevole e veramente inclusivo per le sue battaglie, uno stile opposto all’aggressività dei movimenti che vogliono abbattere statue, distruggere opere, zittire opposizioni.

Per il suo impegno anti-cancel-culture, Ross è stata premiata dalla MacArthur Foundation, che l’ha inserita tra i MacArthur Fellows del 2022: un riconoscimento con cui ogni anno la fondazione premia tra le 20 e le 30 persone – cittadini statunitensi oppure residenti degli Stati Uniti – che hanno dimostrato «una straordinaria originalità e dedizione ai loro lavori creativi e una evidente capacità di perseguirli seguendo la giusta rotta».

Non a caso il premio è noto anche come “Genius Grant”. Non è una ricompensa per quanto fatto in passato ma un investimento sull’originalità e il potenziale della persona. Funziona come una ricca borsa di studio da 800mila dollari in 5 anni: nella classe del 2022 ci sono scienziati, matematici, artisti, scrittori, registi di cui la fondazione riconosce le qualità creative e umane, e di fatto le incentiva garantendo loro un sostegno economico affinché possano esprimere il loro talento.

Loretta Ross è stata premiata in quanto attivista per temi particolarmente delicati e attuali – a partire dalla giustizia riproduttiva, reproductive justice in inglese, cioè il diritto di avere figli, non avere figli o comunque ad avere libertà di scelta – per aver «dato forma a un paradigma visionario che collega giustizia sociale, diritti umani e giustizia riproduttiva». La capacità di intercettare le sfide sociali del nostro tempo, e di affrontarle con un approccio meno aggressivo e illiberale della maggioranza, è una qualità rara in quest’epoca e per questo viene riconosciuta e premiata.

«I diritti umani – ha detto la professoressa Ross ricevendo il premio della MacArthur Foundation – svolgono un ruolo centrale nel panorama geopolitico e nel futuro delle democrazie. Dobbiamo ripensare i modi in cui i diritti umani sono compresi e praticati per assicurarci di essere in grado di affrontare i problemi più urgenti di oggi».

Ross è stata un attore chiave nelle battaglie per la reproductive justice. Ha iniziato ha lasciare il segno nella prima metà degli anni ‘90, quando ha fondato SisterSong Women of Color Reproductive Justice Collective, la prima organizzazione che mira a costruire un movimento per la giustizia riproduttiva. In un’epoca in cui l’attivismo per i diritti riproduttivi era incentrato esclusivamente sull’aborto e sul binomio pro-scelta/pro-vita.

Oltre al suo lavoro per la giustizia riproduttiva, da diversi decenni Loretta Ross è un’attivista che si batte per i diritti della comunità afroamericana, delle donne, di tutte le minoranze, contro il suprematismo bianco imperante negli Stati Uniti.

Ma non si è mai schierata dalla parte della cancel culture o della cosiddetta call-out culture – la cultura del richiamo, chi pretende scusa pubbliche da una persona per fatti o espressioni ritenute offensive – che in tempi recenti sono state declinate in senso puramente distruttivo.

Nel 2020, intervistata dal New York Times, Loretta Ross aveva detto: «Sto sfidando la call-out culture. Penso che si possa capire quanto questi richiami siano tossici: finiscono per alienare davvero le persone e le fa temere di parlare».

Sullo stesso quotidiano aveva scritto ad agosto 2019 – diversi mesi prima delle manifestazioni di piazza, del movimento di abbattimento delle strade e dell’esplosione della cancel culture di metà 2020 – aveva scritto in prima persona un articolo intitolato: “Sono una femminista nera. Penso che la cultura del richiamo sia tossica”. Scriveva: «La call-out culture di oggi è così seducente che spesso devo resistere alla tentazione opprimente di rispondere alle persone sui social media che mi danno sui nervi».

L’idea, quindi, è che ci siano sempre modi migliori – più sani, più corretti, più umani – per portare avanti le battaglie di giustizia sociale. «I richiami sono sempre più forti e più feroci su Internet – si legge ancora nell’articolo del 2019 – amplificati dalla cultura del “clicktivista” che fornisce l’anonimato per comportamenti orribili».

Proprio per questo ha pensato di battersi per invertire la tendenza, a partire dalla scelta lessicale: il call-out si trasforma in call-in (far entrare, chiamare, accogliere). Dal sito personale di Loretta Ross ci si può iscrivere al suo corso online intitolato “Calling In: Creating Change Without Cancel Culture”, che ha l’obiettivo di sviluppare un nuovo linguaggio per creare un cambiamento sociale positivo. In un Ted Talk di agosto 2021 invocava: «Don’t call people out – call them in». E nel 2020 era tra le firmatarie della lettera di Harper’s Magazine contro le follie della cancel culture.

Più semplicemente, in ogni discorso, in ogni lezione, in ogni apparizione pubblica Loretta J. Ross ci ricorda che nessuno dovrebbe finire alla gogna per aver preso in giro qualcuno in passato, per aver pubblicato un tweet di cui ora si pente o si vergogna, o perché qualche anno fa ha pagato per vedere dal vivo uno spettacolo di Louis Ck.

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