C’è un nuovo animale in città. Dopo le richieste ucraine di invio del sistema antiaereo Gepard e del trasporto truppe Marder («furetto»), ecco che è il carro armato Leopard 2 a dominare il dibattito strategico europeo. Il governo tedesco è sotto pressione da parte degli alleati europei affinché dia la luce verde al trasferimento di questo modello di panzer all’Ucraina.
L’assenso di Berlino per il trasferimento di carri Made in Germany, anche da parte di Paesi terzi, è necessario a causa della linea tedesca molto restrittiva in termini di export degli armamenti. Ma la regola, nata per evitare che armi tedesche finiscano in zone di guerra tramite intermediari, si sta rivelando un vero mal di testa per la coalizione di governo progressista, dove si è appena dimessa la ministra della Difesa, Christine Lambrecht.
Il dibattito sulla donazione di carri da combattimento pesanti a Kyjiv si è cristallizzato sul noto gioco delle parti. Mentre molti politici e commentatori esigono l’invio di Leopard 2 per agevolare la difesa ucraina, la sinistra socialdemocratica teme che il ritorno dei panzer nelle pianure ucraine violerebbe una linea rossa del Cremlino, provocando un allargamento del conflitto alla Nato.
È chiaro che l’invio dei panzer è diventato la chiave di volta dell’attuale dibattito sugli aiuti all’Ucraina. L’importanza dei Leopard 2 è stata decisa a priori dalla politica, nella quale conta sempre solo quello che è stato collettivamente deciso contare.
I pro e i contro militari sono passati in secondo piano rispetto a una disputa artificiosa che ha più a che fare sugli atteggiamenti di fondo di chi vorrebbe ridimensionare la politica di aiuti all’Ucraina (perfino il governo polacco ha ammesso che voler inviare i Leopard 2 serve soprattutto a mettere pressione su Berlino, percepita come una sostenitrice riluttante di Kyjiv).
Detto questo: dato che gli aiuti militari devono sottostare prima di tutto a una logica militare, seppur al servizio di un obiettivo politico chiaro, vale la pena approfondire quale sia l’effettiva utilità di questo veicolo sul campo di battaglia.
Il panzer quasi perfetto
Il Leopard 2, prodotto dai tedeschi di Krauss-Maffei Wegman, è uno dei migliori carri armati pesanti mai sviluppati. Si tratta di un cosiddetto «Main Battle Tank», ovvero un carro multiruolo più pesante rispetto a blindati su ruote, ma abbastanza performante da essere impiegato in diversi scenari operativi.
Il «Leo», com’è familiarmente soprannominato dall’esercito tedesco, presenta una serie di elementi che lo rendono il mezzo corazzato più idoneo per l’Ucraina. Nella sua versione A7V (dove «V» sta per un modesto verbessert, «migliorato») raggiunge una velocità di sessantotto chilometri all’ora, un’autonomia di trecento chilometri ed è equipaggiato con un cannone da centoventi millimetri.
Ma il panzer, nato proprio per battere i carri di produzione sovietica, non ha solo vantaggi da un punto di vista tecnico. Se la prospettiva è infatti quella di rendere sostenibile il supporto occidentale all’Ucraina, allora il Leopard 2 spunta tutte le caselle: è utilizzato da molti Paesi Nato e Ue, raggruppati in un consorzio di operatori (Leoben) che nel corso degli anni hanno ottimizzato la distribuzione di pezzi di ricambio, manutenzione e upgrade.
Ciò permette alle forze armate di diversi stati di impiegare il Leopard 2 in grandi numeri (la Bundeswehr tedesca ad esempio ne ha 244, mentre i polacchi ne detengono duecentocinquanta) senza ingolfare le capacità produttive dell’industria. Proprio questa coordinazione aiuterebbe a sostenere le linee logistiche necessarie per costruire da zero un parco macchine di carri occidentali in Ucraina e standardizzare linee di rifornimento, pezzi di ricambio e interventi manutentivi necessari per sostenere le truppe corazzate.
In più, la vasta gamma di utilizzo di questo modello consentirebbe di distribuire meglio il costo dei pacchetti di aiuti, permettendo a ogni Paese in possesso di Leopard 2 di sacrificare una percentuale molto piccola di carri in dotazione.
Guerra di movimento
Al netto della decisione che prenderanno gli alleati Nato, il mantenimento di una capacità corazzata adeguata è imprescindibile se si vuole permettere alle forze armate ucraine di combattere una guerra di manovra. Dopo la Prima guerra mondiale, la maggior parte degli eserciti regolari ha adottato un approccio tattico-operativo che unisce la guerra di manovra con il cosiddetto combattimento con armi combinate.
In poche parole, questo significa utilizzare contemporaneamente tutti i tipi di armi a disposizione, in modo da integrare in modo complementare i punti di forza e compensare i punti deboli di ogni sistema d’arma a disposizione (semplificando troppo, è una sorta di carta-forbici-sasso tecnologica: un sistema d’arma può essere efficace contro un obiettivo ma non contro un altro, e a sua volta essere vulnerabile a certe ma non tutte le minacce).
Non è un caso che l’invio di mezzi blindati di trasporto per la fanteria, come il Bradley americano e il Marder tedesco, abbiano riacceso il dibattito sulla possibile fornitura di carri da combattimento. Al di là della soglia psicologica rappresentata per il pubblico occidentale dall’invio di un qualsiasi ammasso di acciaio con un cannone e dei cingoli, i mezzi per la fanteria e le truppe corazzate sono pensati per operare in maniera simbiotica l’uno con l’altro.
I carri armati richiedono che la fanteria individui posizioni anticarro e che liberi zone urbane o terreni inaccessibili; la fanteria richiede una piattaforma di fuoco protetta, che li protegga e la sostenga in assalti a posizioni in campo aperto. Entrambi devono essere in grado di sfruttare rapidamente aperture nel fronte nemico e riposizionarsi in fretta in zone vulnerabili.
Questo è particolarmente importante su una linea del fronte lunga migliaia di chilometri. Non a caso, le unità di fanteria meccanizzata ucraina (e le loro controparti russe) integrano battaglioni corazzati e motorizzati: una brigata di fanteria meccanizzata russa o ucraina “tipica” inquadra un battaglione corazzato (quaranta carri), tre battaglioni di fanteria con mezzi blindati (quattrocento-milleduecento soldati) e diversi battaglioni di artiglieria mobile, truppe antiaeree e unità ausiliarie.
Anche l’Italia deve fare la sua parte
Un carro armato sa fare molte cose mediocremente o male, ma per alcuni tipi di missione rimane insostituibile. Avere a disposizione un ventaglio di opzioni tattiche abbastanza ampio, dato dalla diversità armi e veicoli, è tanto più necessario sui campi di battaglia ucraini, sui quali si stanno attualmente impiegando una quantità senza precedenti di sistemi d’arma diversificati.
Il Leopard 2 non rappresenta quindi la Wunderwaffe con la quale gli ucraini potranno travolgere le posizioni russe, bensì un tassello molto importante in un disegno più ampio che includa anche l’addestramento delle truppe ucraine e il miglioramento dei loro sistemi di comando e controllo.
Soprattutto, l’invio di Leopard 2 andrebbe accompagnato con un sostegno alle funzioni «ausiliari» delle forze di terra che compensino le vulnerabilità intrinseche di un carro. Qui l’Italia può avere un ruolo importante; per contrastare il supporto aereo nemico, droni e munizioni circuitanti sarebbe fondamentale l’invio di sistemi di difesa aerea ravvicinata, di sorveglianza e ricognizione e infine lo sblocco del Samp/T.