Antony Blinken lunedì scorso, al fianco di Benjamin Netanyahu, ha dato l’ennesimo esempio di come il “vincolo esterno” possa essere un correttivo alle derive sovraniste o reazionarie. Con eccellente arte diplomatica il Segretario di Stato americano ha infatti espresso con parole velate, ma dal significato chiarissimo, un aperto apprezzamento per le manifestazioni antigovernative delle settimane scorse a Tel Aviv contro la riforma che vuole subordinare la magistratura e la Corte Suprema all’esecutivo (ha infatti salutato «una società civile israeliana dinamica») e ha condannato il tentativo di decidere questa riforma a maggioranza semplice (ha ingiunto, come nota Le Monde, a Netanyahu di «costruire un consenso su ogni riforma»).
Inoltre, nel ribadire la posizione americana di pieno favore per la soluzione dei “due Stati”, Blinken ha fatto chiaramente intendere che Washington non apprezza per nulla – anzi intende contrastare – le politiche per una “Grande Israele” che gli alleati di destra del Likud perseguono, e di non accettare provvedimenti a favore delle espansioni delle colonie in Cisgiordania che questi progettano.
Il tutto, dopo avere comunque assicurato il pieno e totale appoggio a Israele nella decisione di «impedire che l’Iran si doti di bomba atomica», in chiaro: piena collaborazione ai continui attentati con i quali Gerusalemme colpisce l’apparato militare e gli stessi scienziati e dirigenti del programma nucleare iraniano.
Si vedrà se e come Netanyahu saprà o vorrà usare questo vincolo esterno americano per contenere le spinte antidemocratiche dei suoi alleati della destra estrema – anche sulla questione palestinese – ma anche i propri progetti personali di depotenziare i poteri della Corte Suprema per difendere la propria posizione di potere nel caso venisse condannato. Si vedrà inoltre se l’opposizione liberale e progressista israeliana, vivificata dalle grandi manifestazioni delle scorse settimane, uscirà dal vortice dei settarismi sterili che hanno favorito il ritorno di Netanyahu.
Quel che è importante notare è che – con tatto diplomatico – l’amministrazione Biden ha voluto ricordare che il proprio incondizionato appoggio a Israele tale non è e che ha un prezzo in termini di rispetto dello Stato di Diritto. E nel caso di Israele questo vincolo esterno americano è ancora più pesante di quanto non lo sia quello che lega l’Italia all’Unione europea.
Non si basa infatti solo sui tre miliardi annui di dollari (cinquecento a testa per ogni cittadino israeliano) che gli Stati Uniti versano allo Stato ebraico senza condizioni per l’impiego (caso unico al mondo nelle donazioni americane). Quel che più conta è la piena condivisione dei dati della Cia e dei Servizi americani con lo Shin Bet, condivisione che gli Stati Uniti non applicano neanche ai Paesi Nato.
Conta, poi, la fornitura alla Idf dei più moderni sistemi d’arma americani, senza remore, e l’integrazione piena tra le due forze armate, come si è appena visto nelle grandi manovre militari congiunte in Israele e nel suo mare tra i contingenti statunitensi Centcom e la Idf israeliana.
Infine, ma non per ultimo, conta l’immancabile veto di Washington in sede di Consiglio di Sicurezza Onu su tutte le risoluzioni di condanna a Israele.
Su tutt’altro scenario, per una coincidenza non casuale, è rilevante notare come un vincolo esterno di altro tipo, non americano, ma europeo, stia funzionando in modo eccellente per tagliare le unghie al sovranismo ora al governo in Italia e per impedire mosse sconsiderate. Giorgia Meloni infatti via via sta sconfessando molte delle battaglie sulle quali si è caratterizzata in passato e cerca con abilità una intesa con Bruxelles su tutti i temi economici temperando il proprio sovranismo, immutato, con una solida dose di realpolitik. Il risultato è eccellente e opposto a quello della tragica esperienza del governo Conte-Salvini.
Dunque, dalle esperienze pur così diverse di Israele e dell’Italia si può trarre una valutazione: più che dalle opposizioni interne – in Italia inesistenti grazie alla malattia senile del Partito democratico – i governi di destra possono essere riportati alla ragione liberal democratica dai vincoli esterni. Una dinamica degna di approfondimento.