Sono trascorsi ben otto lustri dall’istituzione del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, eppure la linfa, che ne alimenta la molteplice attività, è la stessa di sempre: genuina, immediata, vivace. Tanti gli eventi in programma, tra cui una grande mostra documentaria nel mese di giugno, per festeggiare l’anniversario fondativo della principale associazione Lgbt+ della capitale e di una delle maggiori del panorama nazionale. Quello che inizialmente si chiamò Circolo culturale Mario Mieli nasce infatti sostanzialmente il 6 aprile 1983 come meta finale d’un percorso evolutivo, iniziato l’anno prima nel segno della protesta e della rivendicazione.
All’origine di tutto un omicidio dei più efferati, consumatosi a Roma poco dopo la mezzanotte del 24 aprile 1982: vittima il trentaseienne Salvatore Pappalardo, operaio siciliano emigrato a Torino e dichiaratamente omosessuale, di passaggio nell’Urbe verso Orvieto. La polizia ne ritrova quella stessa notte il corpo esanime a Monte Caprino, che, fino alla definitiva chiusura notturna disposta da Gianni Alemanno durante la sua sindacatura – preparata, in ogni caso, dal predecessore Francesco Rutelli, che aveva provveduto a far potare gli arbusti locali e innalzare cancellate di ferro –, sarà il battuage romano per antonomasia o luogo d’incontro per persone gay alla ricerca di sesso occasionale. Pappalardo giace in una pozza di sangue: tre uomini, mai identificati, gli hanno fracassato il cranio coi paletti di una staccionata di legno, colpendolo ripetutamente anche alla schiena e ai genitali.
Arrestato sul posto, Mario Meffe, una guardia giurata di ventisei anni, prima ammette, poi smentisce d’aver assistito al pestaggio: viene accusato di favoreggiamento, per poi essere rapidamente prosciolto nel giro di pochi giorni. Le indagini portano a escludere sin da subito l’ipotesi della rapina, mentre alle stesse forze dell’ordine appare sempre più chiara la natura punitiva di un assassinio perpetrato da una misteriosa banda di giustizieri.
A seguito di quest’ennesimo “omocidio” senza colpevoli «le varie anime del movimento gay della capitale – così a Linkiesta lo scrittore e socio fondatore del Circolo, Andrea Pini – si riunirono creando il MUOR o Movimento unitario omosessuale romano, che sarebbe poi divenuto, essendo l’acronimo bruttissimo, CUOR: Coordinamento unitario omosessuale romano. C’erano Bruno Di Donato per il FUORI!, Marco Sanna e altri del NARCISO, ossia Nuclei armati rivoluzionari comunisti internazionali sovversivi omosessuali, Marco Bisceglia di Arci-Gay e Vanni Piccolo come soggetto esterno alle diverse realtà». Già il 6 maggio successivo il neonato MUOR promuove e organizza con la Commissione Cultura del Pci capitolino l’assemblea pubblica Per una città di eguali, che si tiene presso la sezione di San Paolino alla Regola: a intervenire, fra gli altri, Giovanni Berlinguer, Lidia Menapace del Pdup e un giovanissimo Walter Veltroni.
È quest’ultimo, all’epoca consigliere comunale, a soprattutto sposare le tesi del movimento, che ravvisa nel delitto Pappalardo il frutto di un preciso disegno punitivo e omicidiario nei riguardi delle persone omosessuali per il solo fatto che esistano, e a sostenerne le legittime richieste. In primo luogo, quella dell’«istituzione di un centro polivalente di cultura omosessuale da utilizzare come punto di riferimento per i rapporti tra la città tutta, l’amministrazione comunale e la comunità omosessuale romana; come luogo di elaborazione della cultura e delle iniziative di tale comunità; come sede utilizzabile per i servizi sociali di cui la comunità lesbica ed omosessuale necessiti».
Ma il vero exploit ha luogo nel pomeriggio di sabato 15 maggio con un sit-in piazza del Campidoglio, cui segue un corteo per le vie del centro con adesioni e presenze della Federazione romana del Pci, di Democrazia proletaria, del Pdup, del Partito radicale, del Collettivo anarchico di via dei Campani, del Centro di documentazione anarchica, dell’Arci nazionale e provinciale.
In tre-quattrocento – «forse mille ma non di più», azzarderà Paese Sera – attraversano piazza Venezia, passando per piazza del Pantheon, piazza Navona, via delle Botteghe Oscure fino a Monte Caprino, dove in serata si tiene una fiaccolata in memoria di Salvatore Pappalardo. Tanti gli striscioni e i cartelli, su cui si leggono scritte del tipo «Pari identità ad ogni forma di sessualità»; «Contro il pregiudizio anti-omosessuale riaffermare la libertà sessuale»; «Contro la violenza perbenista, pantere frocialiste»; «Lotta dura contro natura»; «Rumor, Colombo fatevi coraggio: venite a marciare il 15 di maggio». Tutte e tutti scandiscono invece gli slogan: «La notte ci piace, vogliamo uscire in pace» e «Nessuno, nessuno dev’essere ammazzato, essere froci non è reato».
In fin dei conti, a contare veramente è il messaggio scardinante, plasticamente incarnato dal corteo, non già le presenze numeriche. Anche perché, come sottolinea l’instancabile Bruno Di Donato, si tratta della «prima manifestazione nazionale che facciamo come omosessuali e non aderendo a iniziative dei radicali». L’indomani presso la Sala Borromini si tiene l’assemblea pubblica dal titolo “Contro la violenza antiomosessuale”. Una libera espressione della sessualità per una città diversa in una società di eguali con interventi del sindaco di Roma Ugo Vetere, di don Giovanni Minzoni, di Lidia Menapace e delle tre deputate Adele Faccio (Radicali), Maria Luisa Galli (Sinistra indipendente), Angela Maria Bottari (Pci). Poi in serata lo spettacolo conclusivo di Ciro Cascina in piazza Navona.
A restituire il clima di quella due giorni e a esserne memoria profetica l’emozionante monologo “Lettera ad un giovane amico” che, scritto da Vanni Piccolo, è stato nuovamente interpretato lo scorso 3 aprile dallo stesso ex professore di francese e preside presso l’OFF/OFF Theatre di Roma.
Non mancano in quel 1982 e nei mesi successivi altre iniziative. Ma il punto di svolta si ha, come detto, il 6 aprile 1983, anche se la prima assemblea costitutiva del Circolo è dell’8 giugno successivo. Vi prendono parte nomi già celebri – o che lo diventeranno – nella storia dell’attivismo italiano, due dei quali, fra l’altro, partecipi della precedente ondata rivendicativa montata a seguito del delitto di Giarre: si tratta del già citato Bruno Di Donato e di don Marco Bisceglia, che sono rispettivamente eletti presidente e vicepresidente. Con loro Ugo Bonessi, Domenico Centoni, Massimo Galli, Enrico Giordani, Francesco Gnerre, Marco Melchiorri, Andrea Pini, Vanni Piccolo, Marco Rulli.
Rispetto all’iniziale idea d’intitolare il Circolo a Salvatore Pappalardo si opta poi per Mario Mieli, «in omaggio – così Andrea Pini – al noto scrittore e attivista morto suicida il 12 marzo di quell’anno. Il circolo assorbì in realtà tutto quello che era accaduto negli anni Settanta sia in Italia sia di riverbero all’estero. Con origini multiple, si può dire. È infatti nato da una costola del FUORI! ma anche da una presenza forte movimentista, alternativa in un certo senso, molto più di sinistra, che era rappresentata dai circoli nati alla fine degli anni Settanta e, per Roma, dal NARCISO di Marco Sanna, Porpora Marcasciano, Enrico Giordani. Insomma, c’era dentro pragmatismo radicale e movimentismo alternativo alla Mario Mieli».
Bisognerà in ogni caso attendere il 19 marzo 1985 per l’atto notarile di costituzione con Vanni Piccolo presidente, Ugo Bonessi vicepresidente, Bruno Di Donato segretario e tesoriere, Marco Melchiorri e Umberto Morgese consiglieri.
Negli anni il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli assumerà un ruolo sempre più centrale nello scacchiere dell’associazionismo Lgbt+ italiano, imponendosi all’attenzione di media e opinione pubblica con l’organizzazione della serata Muccassassina – decisivo il ruolo svolto da Vladimir Luxuria durante la sua direzione artistica, oggi affidata a Diego Longobardi – e dei Pride nella capitale. Per la realizzazione a Roma di quello mondiale del 2000 sarà fondamentale il lavoro dell’allora presidente Imma Battaglia. Non diverso il discorso per l’Europride del 2011, alla cui realizzazione il Circolo a guida Rossana Praitano sarà impegnato in prima linea con la collaborazione di Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, Porpora Marcasciano, presidente del Mit, Giuseppina La Delfa, presidente di Famiglie Arcobaleno, e Rita De Santis, presidente di Agedo.