Etc live Il talk sul ring che ha animato la Fabbrica Bini per quattro round tra moda, musica e controcultura

Il primo live di Linkiesta Etc ha confermato la straordinaria pervasività dei temi lifestyle, capaci di toccare ogni angolo del pensiero comune. Il racconto e la fotogallery della serata dedicata alla nostra community

Da sinistra: Marco De Vincenzo, Davide Dileo, Valentina Ardia, Andrea Pelizzardi e Cristoforo Colombo (Ph. Mario Stabile)

Dalla produzione di Superga (negli anni Trenta) al primo live di Linkiesta Etc il passo è breve. Dentro l’ex spazio industriale della Fabbrica Bini, ora hub culturale e creativo nella periferia sud di Milano, il 15 novembre si è tenuto Etc Match, che si è rivelato molto più di un evento dedicato al nostro progetto lifestyle. 

Quattro talk da venti minuti su un vero e proprio ring, un Dj set di Daniele Innamorato dei Kings e Frankie_Teardrop con una playlist onirica (“sogno”, non a caso,  è il tema del nostro nuovo numero cartaceo), ospiti speciali, partner sensibili alle nostre tematiche e tanti lettori e lettrici spinti dalla curiosità verso gli argomenti che proponiamo ogni giorno: dalla moda al design, passando per la musica, l’editoria indipendente, il viaggio, l’arte, le nuove opportunità offerte dai social e molto altro. 

Moderati da Valentina Ardia (Head of Content Linkiesta) e Giuliana Matarrese (Fashion Editor at Large Linkiesta), i match della serata hanno confermato la forte pervasività del mondo lifestyle, in grado di travalicare e di riempire ogni angolo del pensiero comune. Un prezioso laboratorio di idee che riassumeremo qui sotto, e che potete anche rivedere su YouTube cliccando su questo link

1° round – La cultura esce dal quadrilatero della moda di Milano
Dopo un omaggio al designer Davide Renne, scomparso il 10 novembre a soli 46 anni, il primo round di Etc Match si è aperto con una conversazione moderata da Giuliana Matarrese tra la designer del brand Quira, Veronica Leoni, lo stilista Luca Magliano e l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi. Venti minuti per parlare di nuove generazioni che lasciano Milano per poter far fiorire il proprio brand, di cultura della moda e di impenetrabilità del fashion system. Nonostante nel capoluogo lombardo «la moda sia un tratto identitario» – come ha affermato da Sacchi –, spesso la città si mostra incapace di valorizzare i talenti emergenti, dimostrandosi restia a passare il testimone. 

«Qui non manca niente rispetto alle grandi metropoli, la questione è più profonda: diventa politica, culturale, sistemica – afferma Veronica Leoni –. Bisogna fare i conti con il fatto che tra qualche anno la moda non sarà solo dei grossi marchi, ma anche di quelli più piccoli, che hanno molto da dire e che combattono ogni giorno per la propria sopravvivenza. La lente d’ingrandimento deve essere puntata sul capire come può concretizzarsi un futuro in un panorama diverso, in cui i direttori creativi potranno fare un passaggio di testimone». 

Nel bene e nel male, Milano è spesso sulla bocca di tutti e oscura altre realtà altrettanto (o maggiormente) floride. Per chi amministra e fa cultura in questa città, la domanda chiave è: cosa bisogna fare per attrarre i direttori creativi di domani? «Milano è una città complessa, una metropoli più piccola di tante altre che ha le complessità di una grande città internazionale. Si può, e si deve, lavorare su una visione della città più estesa, provando a sperimentare su luoghi nuovi. C’è un mondo molto ricco che lavora anche in zone esterne», aggiunge Sacchi, che nel 2021 ha lasciato l’assessorato fiorentino alla Cultura per tornare in terra meneghina. 

Anche Luca Magliano, recentemente nominato guest designer del prossimo Pitti, conosce bene l’esclusività del capoluogo lombardo: «Non potevo permettermi di vivere a Milano, quindi sono andato a Bologna. Se non fossi stato in un ambiente con questo Dna, in grado di promuovere la cultura che arriva dal basso, non avrei mai avuto il coraggio di muovermi come ho fatto. E ricordiamoci che io ho vinto un concorso, per questo ho fatto la sfilata a Pitti che ha lanciato il mio brand. Senza quello non sarei andato da nessuna parte. Ai tempi esistevano occasioni che oggi non ci sono più». 

2° round – Editoria indipendente: opportunità e limiti
Il secondo talk si è aperto mettendo le cose in chiaro: qual è la differenza tra progetto editoriale mainstream e indie? Su questo è intervenuto l’autore e critico di moda Andrea Batilla, incalzato dalla moderatrice Giuliana Matarrese: «Un sito o magazine indipendente assicura la presenza del pensiero libero nel suo contenitore. In un progetto indie il direttore si preoccupa delle dinamiche commerciali, ma si assicura la presenza di contenuti liberi». 

Sul ring era presente anche la giornalista di moda Silvia Schirinzi, che ha conosciuto entrambe le facce della medaglia: ha lavorato per un grande gruppo editoriale (Mondadori) e oggi è fashion director di Rivista Studio. A suo parere, «spesso i giornali sono più degli investitori che dei lettori, e la colpa è anche dell’editoria stessa. Le persone cercano nell’editoria indipendente un punto di vista. Qui entra in gioco la flessibilità mentale, perché il lettore deve fare uno sforzo: dare più rilevanza a progetti che non fanno pesca a strascico». 

Anche la nicchia più piccola, però, oggi può avere la sua rilevanza e spostare gli equilibri. In questo contesto, il «fallimento umano» dell’editoria classica – sempre meno propensa a dare spazio alle nuove generazioni – può essere un’opportunità per un giornale indipendente.

Lo sa bene Greta Langianni, che ha fondato Mulieris Magazine partendo da una pagina Instagram: «Abbiamo creato un semplice account per promuovere artiste e creative donne. Nel giro di qualche mese, in modo totalmente incosciente, ci siamo dette “perché non lo facciamo anche cartaceo?”. Mulieris non è solo un magazine, ma abbraccia la nostra community, i workshop e le mostre che curiamo. È importante dare alle persone più libertà rispetto a quella che troverebbero in un giornale istituzionale. Ma c’è anche da dire una cosa: è sempre più difficile trovare gente che vuole scrivere di moda». 

3° round – Brand emergenti e piattaforme social
Come ha detto Greta Langianni nel secondo round di Etc Match, scovare giovani che vogliono intraprendere la strada del giornalismo di moda è complesso. Il motivo si connette perfettamente al tema del terzo round (moderato da Valentina Ardia), perché la GenZ si sta spostando su altre piattaforme, più aperte alla creatività e a una libertà di espressione che, a volte, è solo apparente. 

I social media, come ha spiegato sul ring Federica Saraniti Lana (Head of Creative Shot di Meta), possono essere concepiti nell’ottica di una relazione tra brand e pubblico: «Voglio utilizzare la metafora dell’amore per sottolineare la differenza tra anima organica e anima paid di queste piattaforme. Quando siamo in organico è come se parlassimo di una vera e propria love story, perché ci permettiamo di essere più immersivi e non abbiamo bisogno di presentarci ogni volta; l’obiettivo consiste nel far sentire uniche delle audience. Quando andiamo nell’environment paid, invece, è come se parlassimo di una sorta di speed date: io come brand e comunicatore mi siedo per la prima volta di fronte a un’audience sconosciuta, perciò devo adoperare una serie di norme specifiche». 

Il secondo e ultimo ospite del round è stato il designer Marco Rambaldi, che ci ha illustrato la spontaneità con cui è sorto il suo brand: «La mia città è Bologna, in cui sono cominciate tante battaglie sui diritti. Da lì è nato qualcosa di genuino anche per la nostra community, perché vogliamo portare avanti valori inclusivi. Uno dei primi show, a Milano, è stato in via Lecco, letteralmente in strada. La scelta della location è per noi rappresentativa, perché via Lecco è una delle vie più multietniche e inclusive della città. A livello social sono molto legato alle live, che sono un bel modo per arrivare a tutti». 

Federica Saraniti Lana ha poi confermato che «in questo momento è il Reel lo spazio social in cui c’è maggior fermento». In questi contenuti, infatti, «il linguaggio autentico viene costruito dalle persone, che possono diventare creator. E i brand diventano broadcaster, perché ricompensano l’attenzione delle persone con qualcosa in più rispetto a un classico contenuto commerciale». 

4° round – Quando la moda ha il giusto sound
L’ultimo talk, moderato da Valentina Ardia, ha visto sul ring il designer Marco De Vincenzo, il  co-fondatore e tastierista dei Subsonica Davide Dileo (alias Boosta) e Cristoforo Colombo e Andrea Pelizzardi, i due autori del progetto Deer Waves

Se sbagli musica, sbagli anche narrazione. Una canzone può dare un carattere eccezionale a una sfilata o a una collezione, ed è stato così per Marco De Vincenzo, stregato da una traccia semi-sconosciuta dei Santamarea (che hanno lanciato il loro singolo direttamente alla sfilata di Etro): «Ho scoperto questo gruppo per caso, ascoltando il loro primo pezzo che si chiama proprio “Santamarea”. Dopo la sfilata mi sono accorto che questo brano era piaciuto tanto non solo a me, quindi ho scritto al gruppo su Instagram per parlare di una collaborazione. Per me la musica è sul tavolo insieme a tutto il resto, non è mai un elemento laterale». 

A volte, però, può anche avvenire il processo inverso, perché la moda può influenzare una performance musicale sul palco. Nel loro ultimo evento live, non a caso, i Subsonica hanno scelto di affidarsi a una giovanissima designer torinese: «La storia della musica è tappezzata da icone che hanno fatto della moda il loro linguaggio. Stare sul palco con qualcosa che non senti tuo è un’esperienza traumatica, al netto del valore di ciò che stai indossando. Giulia, la designer, ha questo marchio ispirato al Giappone che si chiama Maatroom. Ha un delizioso showroom e un sito molto elegante, quindi le ho chiesto di disegnare delle cose per me e poi per i Subsonica», ha raccontato Davide Dileo. 

Ma come si fa a spiegare il rapporto tra musica e moda senza risultare retorici? Secondo i fondatori di Deer Waves, bisogna innanzitutto avere un «approccio pragmatico e contenuti di facile fruizione, che possano avere un’utilità concreta. Nel caso di Valentino abbiamo riconosciuto in loro una realtà sincera, facendo un percorso non solo estetico». 

Per chiudere, Cristoforo e Andrea hanno immaginato delle sfilate di moda con le relative colonne sonore di accompagnamento. Il tutto condito dalla loro irresistibile ironia: «A una sfilata in cui i modelli indossano solo vestiti di seconda mano assoceremmo “Dreams” di Fleetwood Mac, riscoperta durante la pandemia grazie a TikTok. Poi ci siamo immaginati una sfilata a tema “logo-mania”, con vestiti pieni di pattern; qui la colonna sonora sarebbe “Cavallini” della Dark Polo Gang. L’ultima potrebbe essere una sfilata quiet luxury, con capi spesso monocolore, sobri e senza troppi ghirigori; il brano adatto in questo caso è un mashup creato da Fred Again tra “Chanel” di Frank Ocean e “New Error” dei Moderat, che solitamente piacciono un po’ a tutti».

La degna conclusione dei talk di un live decisamente fuori dagli schemi, capace di sconfinare e andare off road con gentilezza e decisione, esattamente come Defender di Land Rover, main partner dell’evento. Durante la serata i drink sono stati offerti nelle “taniche vintage” di GinEngine, in linea con lo stile underground della fabbrica di Gentucca Bini. Lo style partner di Etc Match è stato Wushu Rui, brand di calzature dall’anima milanese ma con lo sguardo sempre orientato ai trend internazionali.  

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