Quale destraLe sirene europeiste per Meloni alle prese con il ricatto sovranista di Salvini

Il segretario della Lega ha organizzato l’evento degli impresentabili il 3 dicembre a Firenze, con Le Pen e Wilders, per mettere pressione alla presidente del Consiglio. A sei mesi dalle elezioni si apre un fronte potenzialmente letale per la maggioranza

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Comunque vada, sarà un insuccesso. Stiamo parlando di quello che potrebbe accadere dentro il centrodestra a proposito delle alleanze europee. Centrodestra unito obtorto collo in Italia per gestire il potere, diviso in tre gruppi a Strasburgo. Forza Italia, il partito più piccolo, fa parte della famiglia dei Popolari che esprime Ursula von der Leyen, che potrebbe succedere a sé stessa alla presidenza della Commissione Ue. Fratelli d’Italia fa parte del partito Conservatore grazie al quale Giorgia Meloni spera di entrare trionfalmente a Palazzo Berlaymont. La Lega è isolata nella ridotta di Identità e Democrazia dove albergano i neonazisti di Alternative für Deutschland e i nazionalisti anti europei e filo-russi di Marine Le Pen.

Salvini tiene sotto mira la presidente del Consiglio che, dopo le elezioni europee, potrebbe imbarcarsi nella nuova Commissione addirittura con i Socialisti. Oppure limitarsi a dare l’appoggio esterno, ma in questo caso non avrebbe un commissario con un portafoglio importante. Non avrebbe la possibilità di decidere sui dossier che hanno un impatto diretto sull’economia italiana. Abbiamo visto quale sia la concezione perversa che questo governo ha del ruolo dei commissari europei: deve fare gli interessi del Paese che lo esprime. 

L’alleato leghista minaccia e il 3 dicembre a Firenze, dalla Fortezza da Basso dove arriverà tutta l’estrema destra xenofoba, anti-italiana e anti-europea, darà il via con largo anticipo alla campagna elettorale. Il motivo di questa partenza prematura è proprio quello di mettere in mora Meloni. Il messaggio è: cara Giorgia, se ci lasci a spasso a Bruxelles, non pensare di passarla liscia nel resto della legislatura. L’improvvisa e pretestuosa polemica sulla fine del mercato tutelato dell’energia, fine voluta dall’Europa e largamente prevista, è uno dei tanti assaggi del Vietnam politico prossimo venturo. 

Immaginate cosa accadrà dal 2024 al 2027 con le nuove regole del Patto di Stabilità, il taglio della spesa primaria, l’obbligo di ridurre debito e deficit. Quali promesse elettorali Salvini potrà mantenere? Ci sarà la gara nel centrodestra a chi aveva detto le bugie più grosse in campagna elettorale. Basterà al Carroccio sventolare l’autonomia regionale, quando e se ci sarà? L’immigrazione sarà fermata? La legge Fornero sulle pensioni sarà mandata al macero? Il capo leghista si troverà tra i piedi pure il premierato e gli toccherà portare acqua al mulino di Giorgia, a colei che gli soffiato sotto il naso quell’elettorato che pensava di avere ereditato da Silvio Berlusconi e che invece è passato a lei, insieme alle battaglie contro le tasse e l’opposizione giudiziaria.

Matteo Salvini deve sperare nel sorpasso di Identità e Democrazia ai danni dei Conservatori per avere voce in capitolo. Giorgia Meloni sarebbe depotenziata e si troverebbe davanti al bivio: rimanere all’opposizione fuori dalla stanza dei bottoni con la peggiore destra d’Europa oppure fregarsene di tutti, compresi i suoi amici polacchi e spagnoli, e sposare i Popolari. In questo caso la sua metamorfosi sarebbe clamorosa. Un triplo salto mortale che sradicherebbe le sue radici, ma che in compenso andrebbe a posizionarsi dove si trova con il quasi 30 per cento che i sondaggi continuano a darle. È in questa direzione che spinge la classifica sulle 28 personalità più potenti dell’anno stilata dal magazine online “Politico”.

Nel 2022 Meloni era arrivata tra i principali “Disrupters”, irregolari, descritta come una duce accigliata; nell’edizione 2023 sale sul podio dei doers, quelli che si danno da fare. Ora viene raffigurata solare e sorridente. Politico ne traccia un profilo camaleontico: «Meloni è passata da una posizione di diffidenza nei confronti dell’Unione Europea a una grande sintonia con la Commissione, così come è in prima linea nel sostegno all’Ucraina e ha mostrato coraggio quando si è sganciata dall’accordo con i cinesi sulla Via della Seta». 

Il direttore del magazine online Jamil Anderlini ha spiegato che la classifica del potere 2023 stilata da Politico pone il tema che agita tutte le cancellerie europee: le forze moderate europee riusciranno a evitare che gli estremisti prenderanno il potere? Oppure il centro, nel tentativo di mantenere la presa, si trasformerà in quello stesso estremismo che cerca di sconfiggere? Un dilemma che Anderlini ha posto nel corso della presentazione della classifica, martedì a Bruxelles, alla quale hanno partecipato, guarda caso, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il leader del Partito popolare europeo Manfred Weber.

Ecco le sirene europeiste. Se invece Meloni dovesse ascoltare le sirene che canteranno dalla Fortezza da Basso, trasformerebbe l’Italia nel cavallo di Troia, dentro Palazzo Berlaymont, della destra nociva e anti europea. Weber finora ha sbarrato i portoni e il suo amico Antonio Tajani è stato chiaro, anche ieri: con Salvini si può ragionare di portare tutto il centrodestra italiano alla guida della Commissione Ue, ma deve scrollarsi di dosso madame Le Pen, i tedeschi dell’ultra destra e l’euroscettico Geert Wilders. Avrebbe dovuto aggiungere che pure Meloni dovrebbe scaricare il partito polacco di Legge Giustizia e lo spagnolo Vox, per non parlare del magiaro Viktor Orbàn, ma per il momento evita di farlo. 

Tajani fa il pesce in barile. Ricorda che lui venne eletto nel 2017 alla presidenza del Parlamento europeo con i voti anche dei Conservatori e dei liberali, oltre a quelli del Ppe, sconfiggendo il candidato socialista (Gianni Pittella del Partito democratico). Ha inoltre precisato che la stessa maggioranza di centrodestra ha evitato che Frans Timmermans sedesse sulla poltrona più alta della Commissione Ue. Come a dire: se si vorranno fermare le politiche sulla transizione green volute dall’ex commissario olandese, contro cui si batte con forza Salvini, l’unica strada è stringersi a coorte nel centrodestra italiano in purezza, senza altri alleati incomodi. Inghiottire il rospo. A quel punto ci sarà gloria per tutti, anche per la Lega che potrebbe portare a casa un commissario e mettere le mani su un pezzo del volante che guida il Vecchio Continente.

È quello che prima o poi Meloni dovrà dire a quattrocchi al ministro delle Infrastrutture. Prima lo farà sfogare, gli darà la soddisfazione di avere sul palco di Firenze tutti i non presentabili d’Europa, e di fare la sua corsa elettorale per vedere dove il leghista riuscirà a fissare l’asticella percentuale del suo partito. C’è tempo per i tradimenti, sia quelli che dovrebbe fare Salvini se non vuole fare il vietcong dentro la sua stessa maggioranza italiana, sia della stessa presidente del Consiglio per proseguire con una certa tranquillità la legislatura. 

Una cosa è sicura. Non basterà mettere sui balconi di Firenze le bandiere europee, come ha proposto il sindaco Dario Nardella, per fermare quella destra che il 3 dicembre si riunirà nella sua città. Per evitare che a Bruxelles la destra italiana diventi il ventre molle dei sovranisti d’Europa serve molto altro: che la sinistra continentale e il Partito democratico reggano alla grande, e che i liberali e in particolare le truppe di Macron non collassino nelle urne di giugno. E che gli amici di Meloni e Salvini non gonfino troppo le loro vele con il vento islamofobico e anti immigrazione. 

La cosa paradossale è che bisogna sperare nel traghettamento di Fratelli d’Italia nell’area del Partito Popolare per chiudere il cordone sanitario attorno alle destre più radicali e anti Nato. Per questo, comunque vada, sarà un insuccesso.

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