PanpenalismoIl ddl Sicurezza è roba da manettari, ma la sinistra non può ignorare l’ordine pubblico

Il governo allunga ancora il codice penale, con ventiquattro nuovi reati e aggravanti che intaseranno le carceri, perché questa è l’unica soluzione conosciuta dalla destra. Dall’altro lato però l’opposizione quando si parla di questi temi confonde il garantismo con l’ignavia e non propone nulla

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Avremo un codice penale ancora più lungo. Altri ventiquattro reati e aggravanti che intaseranno le già affollate carceri italiane e le udienze giudiziarie. Criminalizzazione dei sit-in stradali e delle proteste davanti ai cantieri. Messa al bando della cannabis senza effetto psicotropo autorizzata e finanziata dalla Commissione (quindicimila i lavoratori di questo settore). Mano dura contro le rivolte carcerarie e la resistenza passiva. Il ddl Sicurezza, approvato alla Camera e ora all’esame del Senato, ha un sapore amaro: criminalizza gruppi di opposizione, al di là se siano minoritari e discutibili nelle loro finalità politiche.

Il governo aveva debuttato al primo Consiglio dei ministri due anni fa con il giro di vite sui rave (risultati nulli), e ora celebra il secondo anniversario della vittoria elettorale con un altro provvedimento tutto legge e ordine e propagandistico, cosa che paga sempre in termine di consenso.

Una mossa mediatica, il panpenalismo con cui si pensa di risolvere i problemi di ordine pubblico. Lo usano sempre le destre, ma anche le sinistre devono porsi il problema della richiesta (legittima) di sicurezza che ha penetrato un’opinione pubblica occidentale sempre più stanca e anziana. Non è casuale il nuovo reato di truffa: da due a sei anni di carcere a chi approfitta dell’età della vittima.

Ma è sempre una rincorsa alle emergenze e agli episodi esaltati da alcuni programmi televisivi. È quindi diventa un’aggravante specifica per chi commette reati dentro o nelle vicinanze di una stazione ferroviaria e della metropolitana. Manette per le donne incinte o con neonati che borseggiano: il reato, per essere ancora più esplicito, è stato infatti dedicato nel titolo alle borseggiatrici rom. Si sentono già gli applausi dei pendolari che usano i mezzi pubblici, di quell’elettorato più indifeso e popolare. La sinistra che farebbe? Cosa propone in alternativa, in maniera organica?

Giustissimo affermare che i tempi dei processi si allungano e di conseguenza aumentano le prescrizioni. Giustissimo fare presente che in Italia ci sono novantamila persone, condannate a pene inferiori a quattro anni e quindi sospese, che attendono una pena alternativa dagli oberati Tribunali di sorveglianza. Allora si corregga il tiro, ma senza voltarsi dall’altra parte.

La sinistra e l’opposizione di qualunque sfumatura è opportuno che denuncino una politica manettara fatta di spot, che limita il dissenso, che non si preoccupa degli effetti che ricadono su chi (magistrati e polizia penitenziaria) deve, alla fine della giostra mediatica, farsene carico. Con quali risorse e strutture? Fanno bene a evidenziare l’antinomia tra la faccia cattiva per i piccoli reati e l’ipergarantismo per le truffe al fisco e all’Inps, per i reati contro la Pubblica amministrazione. L’opposizione potrebbe dire anche qualche sì, ad esempio all’arresto in flagranza di reato anche differito per chi aggredisce il personale sanitario.

In ogni caso, chi di destra non è, culturalmente e politicamente, non può lasciare alla destra al governo la gestione di un sentimento popolare, non populista, di paura. Basta dare uno sguardo alle altre sinistre in giro per l’Europa e il mondo, alla stessa Kamala Harris che sta cercando di contendere questo terreno a Donald Trump, ma la candidata dei Democratici può permettersi di farlo con l’autorevolezza di chi ha guidato procure e forze dell’ordine: «Sono una ex procuratrice e attorney general – ha detto all’inizio della sua campagna elettorale – conosco i tipi come Trump».

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