È probabile che nei prossimi mesi Movimento 5 stelle e Partito democratico, in competizione tra loro, vogliano contendersi lo scudetto del populismo. Una gara a chi la spara più grossa, a chi colpisce meglio l’elettorato più sensibile ai richiami della demagogia e dell’estremismo verbale intriso di moralismo da quattro soldi.
Per come si stanno mettendo le cose in casa del Movimento, da quella specie di congresso di fine mese dovrebbe uscire una svolta nella direzione di una ritrovata solitudine politica attraverso il rifiuto di un’alleanza organica con il Partito democratico. Insomma, la linea della “verginità” proposta (ma sarebbe meglio dire annunciata) da Marco Travaglio e spiegata così da Chiara Appendino, vicinissima a Giuseppe Conte: «Stare col Partito democratico ora è dannoso, dobbiamo darci un’identità». Niente politica nel senso migliore del termine, dunque, ma splendido isolamento che per gente così non potrà che esprimersi con un “vaffa”, seppure non pronunciato: ma di quello sostanzialmente si tratterà (salvo poi flirtare direttamente con il governo, come sta avvenendo sulla Rai).
Aspettiamoci dunque un Conte masaniellizzato ed estremista, demagogo e parolaio, anche per tagliare furbescamente la strada a un’eventuale concorrenza di promanazione grillesca e dibattistiana che potrebbe togliergli parecchi consensi. Secondo i contiani questa è l’unica strategia possibile per recuperare il malcontento popolare arraffando un po’ di voti: con una fisionomia autonoma da tutti gli altri partiti. Soprattutto dal concorrente numero uno che gli sta rosicchiando consensi a ogni tornata elettorale, il Partito democratico. Il quale potrebbe essere tentato di rendere pan per focaccia ponendosi sullo stesso piano: come due cani che si disputano lo stesso osso, Conte e Elly Schlein farebbero a gara su diversi piani. Da quello della aggressività verbale a quello dell’estremismo sui contenuti, fino a un certo tipo di intransigenza morale, di cui la battaglia del Nazareno contro Vincenzo De Luca è una metafora.
D’altronde, la cosa è perfettamente nelle corde di Schlein, che della guerra ai cacicchi ha sempre fatto una bandiera, costi quel che costi, anche la perdita di una regione importante come la Campania. Niente cedimenti a De Luca, vedremo chi la spunta.
Tutto questo vanifica le elucubrazioni dei vari Bettini e ripropone le domande sulla linea politica del Nazareno che non solo per colpa sua appare immerso in questa persistente incertezza strategica.
Ora, non c’è nessun dubbio che quel che resta della base del Movimento 5 stelle seguirà Conte nel suo ennesimo fregolismo che lo porterà da uomo di governo (sic) a estremista di provincia. Qualche dubbio invece esiste sulla piena trasformazione del Partito democratico da partito di governo a una formazione neosessantottina, intransigente ed estremista: sarebbe una metamorfosi rispetto alla storia migliore di quel partito, ma è anche vero che si incastrerebbe in questo tempo di radicalizzazione a tutti i livelli. Pertanto, prepariamoci al peggio.