In ricordo di un amicoQuella volta che Cicciomessere aveva immaginato YouTube e altri esempi del suo spessore intellettuale

L’ex dirigente radicale scomparso pochi giorni fa era una persona culturalmente attrezzatissima, dotata di una curiosità sconfinata che lo portava ad avere tanti interessamenti, non solo nelle cose civili e politiche ma anche verso le persone

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Non ricordo esattamente quando, ma verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, a Roma eravamo una sera a cena con amici e con Roberto Cicciomessere, e lui s’era messo a illustrare una sua strana idea di sfruttamento della rete internet, allora primitiva e di scarso uso specie in Italia. Diceva che stava immaginando di creare un sito su cui l’utente potesse caricare dei filmati. Diceva: «Devo trovare qualcuno disposto a investirci: serve un miliardo». Io, intelligentone, mi domandavo, senza domandarglielo, di che minchia stesse parlando: lui stava parlando di YouTube, una decina di anni prima di YouTube.

Che si trattasse di una persona intellettualmente attrezzatissima è cosa nota a chiunque l’abbia conosciuto e l’abbia ascoltato, a chiunque conosca la sua vicenda politica e professionale. Ma era anche, direi soprattutto, un uomo colto: e non per la dotazione che gli attribuiva un magistrato che lo processava per non so più quale sua iniziativa di disobbedienza («Sappiamo che lei è una persona di cultura») ma nel senso che indicava Guido Morselli: «Colto, secondo me, è anche chi lo sia solo potenzialmente, in quanto cioè è “curioso”».

E a me pare fosse proprio la curiosità di Cicciomessere a spiegare i suoi tanti interessamenti, non solo nelle cose civili e politiche ma anche verso le persone: una curiosità che – come tutte quelle effettive e genuine, non pervertite dall’obliquità dell’interesse e dall’ambizione del tornaconto – escludeva dal suo atteggiamento qualsiasi forma di sussiego.

Sempre a cena, ma quest’altra volta a Ponza, aveva preso a discutere con un ragazzotto che con lui aveva probabilmente in comune solo la condizione di essere umano. Quello, un imprenditore, continuava lamentarsi dei controlli della Guardia di Finanza e Cicciomessere, fatta sfogare la protesta, se ne veniva fuori così: «Sì va bene, ma tu la Finanza la paghi, vero?». Il tipo, rabbuiato e offeso, credeva che quella domanda implicasse un’accusa, mentre era l’esordio di una dettagliatissima spiegazione del sistema di esazione illegale organizzato da quella che Cicciomessere, in faccia a un interlocutore anche più attonito, a chiusura del pistolotto definiva «un’associazione per delinquere».

Dopo cena, lasciata quella compagnia (ero responsabile di aver messo insieme gente disparata, ed ero in imbarazzo), gli domando: «Ma Roberto, ma che cazzo perdi tempo a parlare con quel tonto?». E lui: «Ma che dici? Ho imparato un sacco di cose». E magari un po’ era vero (la curiosità cui accennavo prima), ma quella risposta di Cicciomessere serviva in realtà a tranquillizzarmi, perché si era accorto del mio disagio durante quella scenetta. E qui vien fuori l’altra eminente caratteristica di Cicciomessere, di cui bene ha scritto Carmelo Palma proprio qui e su cui molto hanno giustamente insistito gli amici che nei giorni scorsi pubblicamente lo hanno ricordato: era una persona che teneva fortemente alle persone.

Ne ho avuta impressionante esperienza durante una riunione con un gruppo di dirigenti radicali, una di quelle occasioni cui io – non iscritto al Partito radicale né mai a nessuna delle tante sigle della “cosa” radicale – partecipavo non si sa bene perché né a qual titolo. Non ne sono sicuro, ma era, credo, all’esito delle elezioni europee in cui la Lista Bonino (mi pare che si chiamasse così) prese un notevole otto e mezzo percento. Pannella, la sera prima, dopo ore di clausura e silenzio che aveva imposto a tutti (uno sconsolato Giorgino, in collegamento dall’Ergife con Bruno Vespa, diceva: «Non si capisce, qui non esce nessuno…»), si era infine presentato ai giornalisti proclamando che il movimento sarebbe stato all’opposizione della maggioranza e all’opposizione dell’opposizione. Che pressappoco significava prendere quel pacco di voti e liberarsene.

Il giorno dopo, appunto, ecco quella riunione: il cui non dichiarato oggetto era come gestire fuori, ma soprattutto all’interno, la concomitanza di quel risultato indiscutibilmente eccezionale non tanto con la presenza del nome di Emma Bonino, ma con l’assenza di quello di Marco Pannella. Adesso non ricordo più l’esatto motivo del dissidio, ma la discussione implicava in qualche modo la denominazione e l’immagine che il movimento avrebbe dovuto assumere in vista dei prossimi appuntamenti politico-elettorali: di fatto, Cicciomessere e Pannella, cominciano a discutere molto animatamente finché Pannella chiude il discorso così: «Va bene Roberto, vorrà dire che tu non farai parte del soggetto politico che costruiremo!».

A quel punto Emma Bonino – probabilmente esausta dopo giorni di tensione – ha un mancamento e crolla a terra. Ho vivida l’immagine di Cicciomessere chino su di lei, che le tiene la mano, gli altri intorno, e vedevo un mondo umano enorme riassunto negli occhi di Cicciomessere che guardavano insieme calmi e trepidanti quelli socchiusi di Emma Bonino.

Ricordo altre cose. Le gite sulla sua barca, il sole di Palmarola su un piatto di pesche affettate, la fuga da un congresso noioso e una lunga chiacchierata in una saletta aperta sul cielo bianco di Venezia. Non lo so, non lo vedevo da tanto tempo. Mi dispiace tanto.