Adultità cercasiGli adolescenti senili, i cuoricini di Halloween e il secolo più scemo di sempre

Gli imbecilli miei coetanei si travestono, come facevamo da bambini il martedì grasso, in cerca di consensi su Instagram. Gli unici che avevano previsto questo cedimento strutturale della civiltà erano Matthew Perry e Aaron Sorkin nel 2006

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«Come siete vestiti? Non sono un esperto di moda ma, santa pace, come diavolo siete vestiti? Uno dei compiti di questo programma è stabilire cosa sia cool, e io ho appena stabilito che non è cool che uomini adulti si vestano come se fossero al liceo». Era il settembre del 2006.

Era il settembre del 2006, “Studio 60 on the Sunset Strip” era e sarebbe rimasta la cosa migliore della carriera di Matthew Perry, e mi dispiace per voialtri che non potete vederlo e capire quanto ho ragione, visto che nessuna piattaforma lo distribuisce.

Era il settembre del 2006 e Aaron Sorkin, che scriveva “Studio 60”, aveva già capito il problema che la mitomane in me, diciassette anni dopo, si sarebbe convinta d’aver individuato lei (mi capita continuamente: rivedo o rileggo roba che non ricordo consciamente ma che mi è rimasta in circolo, e scopro che sono una ladra).

Matthew Perry interpretava il nuovo capo degli autori d’una specie di “Saturday Night Live”; si sedeva al tavolo a sentire le proposte di sketch, facevano tutte schifo, e dopo un po’ guardava questi adolescenti senili con le magliettecollescritte, e capiva il problema: come diavolo siete vestiti? Perché avete i capelli grigi ma vi conciate da liceali?

Come tutti, ho passato ieri a guardare i video della festa di Halloween della Ferragni. A guardare adulti che avevano evidentemente investito tantissimo tempo e truccatori e costumisti e ingegno per travestirsi. Per fare una cosa che non moltissimi anni fa facevano i bambini delle elementari, al massimo delle medie.

Chiunque sia adulto se lo ricorda. Si chiamava martedì grasso e non Halloween (non era ancora sopraggiunta l’americanizzazione dell’occidente), era a febbraio e non a ottobre, ma per il resto era uguale: la ricorrenza in cui ci si traveste. Era una roba per noialtri che andavamo a scuola. Come lo era quasi tutto ciò che ora è degli adulti, dalle magliettecollescritte in su.

Come sempre le accade, la Ferragni fa ciò che fa il suo pubblico. Lo fa con più mezzi economici e più cura per la messinscena, ma non fa mai niente di alieno a ciò che è il gusto del grande pubblico. Grande pubblico teoricamente adulto che, dopo le canzonette e i fumetti e i telefilm e i cappellini con la visiera, ha deciso di scippare all’infanzia anche l’entusiasmo per i travestimenti.

Non è mica solo il manager della Ferragni che si applica con trucco e parrucco e studi di costumi a essere uguale in ogni dettaglio al personaggio di Julia Roberts in “Pretty Woman”: è un’intera popolazione adulta occidentale che, nel secolo più imbecille nella storia dell’uomo, riesce ad applicarsi solo alle stronzate.

Se coloro che sono cresciuti con le strisce dei “Peanuts” che parlavano di «Grande Cocomero», perché delle zucche di Halloween qui non avevamo contezza e nessuno avrebbe capito, se coloro che sono cresciuti andando vestiti da fatina o da cowboy a feste alle quali i genitori ci accompagnavano di malavoglia vestiti ovviamente da adulti, se la mia generazione applicasse alle cose serie la tigna che applica al non sembrare adulta, saremmo il Giappone.

Invece siamo degli sfaccendati che mitomaneggiano di burnout e sindrome dell’impostore, e trovano in sé la forza dell’impegno e della concentrazione solo per essere i più instagrammabili alla festa in costume.

(In questo la Ferragni è eccezione, ma quell’eccezione, avendo un istinto per cosa funzioni nella comunicazione, non la mostra: mica instagramma interminabili riunioni, power point per decidere che prezzo dare a un prodotto, agende che pianificano il suo tempo tra mille impegni lavorativi e bloccami queste due ore ché devo passarle coi figli; ci fa vedere quello in cui possiamo specchiarci assolvendoci: tempo ed energie investite per capire come travestirsi il più precisamente possibile da Sharon Stone in “Basic Instinct”).

Tra l’altro, la presa di possesso della festa dei travestimenti da parte di noialtri adolescenti senili ha portato con sé un altro problema: l’ipertrofia temporale. Tutto deve durare più di quanto sia sensato: i documentari che una volta duravano un’ora e mezza ora sono otto puntate da un’ora l’una, le serate di Sanremo devono durare sei ore, Natale è roba di tre mesi. Sì, nei supermercati già da un paio di settimane ci sono i panettoni, ce ne lamentiamo tutti gli anni ma evidentemente non restano invenduti.

Forse è dovuta a questo, la sconfitta del carnevale, per il quale abbiamo passato tutti i nostri anni di formazione a travestirci, rispetto a questo nuovo venuto che è Halloween. Il carnevale è inderogabilmente legato al calendario naturale e religioso: il martedì grasso è il giorno prima del mercoledì delle ceneri, quando inizia tutta la lunga trafila pasquale, le cui date sono a loro volta legate al plenilunio e insomma, mica puoi decidere che fai la festa di carnevale il martedì prima o quello dopo (sì, lo so che i milanesi festeggiano il sabato: non sapete quanto mi fa piacere quando ci tenete a farmi sapere che siete in possesso d’un’informazione).

Halloween, invece, sarebbe il 31 ottobre ma puoi dilatarlo a piacimento. Le mie prime coetanee che mi hanno parlato di festa di Halloween «stasera» me l’hanno detto una settimana fa, quindi è almeno una settimana che gli imbecilli miei coetanei si travestono, e considerato che stasera in Italia è la festa dei morti non vedo perché non dovrebbero continuare qualche altro giorno.

Tanto se non si travestono passano le ore lavorative a discutere d’importanti istanze quali il presenziare o meno a una fiera di fumetti, e insomma il pil sta come sta, tanto noi abbiamo il ponte. E le magliette dei supereroi, da mettere nei giorni in cui non siamo impegnati a travestirci del tutto da supereroe, con un impegno da produzione cinematografica che però non diventerà un kolossal ma solo la soddisfazione massima per adulti senza adultità: i cuoricini su Instagram.

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