La Commissione europea ha fatto finora metà di quanto promesso: ad affermarlo non sono gli euroscettici dei 27 Paesi, ma un’altra istituzione comunitaria. L’analisi è stata condotta dall’European Parliamentary Research Service, il centro studi del Parlamento europeo: dal momento del suo insediamento, il collegio guidato da Ursula von der Leyen ha annunciato 406 iniziative legislative entro la fine di agosto 2021. Al momento però ne sono state presentate 212, il 48% delle quali è già stato adottato. Come si evince dalla ricerca, in alcuni casi la Commissione non ha rispettato i tempi, in altri sono Consiglio e Parlamento europeo a mantenere in stallo i processi legislativi.
Lo studio si è concentrato sui diversi ambiti a cui appartengono le leggi proposte, seguendo le sei priorità indicate nelle linee guida politiche della presidente von der Leyen. Una chiara discrepanza tra annunci e atti concreti emerge, almeno a livello numerico, per quanto riguarda uno dei cavalli di battaglia di questa commissione. Il Green Deal europeo conta al momento 28 atti legislativi sui 90 prefigurati.
La volontà di rendere l’Europa il primo continente neutrale dal punto di vista delle emissioni di C02 entro il 2050 è al primo posto nell’agenda di von der Leyen e ha condizionato tutta la legislatura. La Legge sul Clima, presentata a marzo 2020 e approvata definitivamente dalle istituzioni europee a giugno 2021, ha reso questo obiettivo legalmente vincolante, anche se il mondo ambientalista non è completamente soddisfatto del contenuto. Un altro tassello importante è stato il pacchetto Fit For 55, che dettaglia le complesse misure per abbattere le emissioni, tra cui lo stop alla vendita di auto a benzina e gasolio dopo il 2035.
In stretta relazione con il Green Deal si pongono anche i vincoli ambientali imposti ai finanziamenti del Next GenerationEU: il 37% di ognuno dei 27 Piani di ripresa e resilienza nazionali deve riguardare investimenti in qualche modo legati al clima. Così come il piano «Farm to Fork», nato per supportare la produzione agricola a chilometro zero, e diverse iniziative «non legislative»: raccomandazioni e strategie che non hanno effetto vincolante, ma puntano piuttosto a spingere gli Stati Membri verso l’adozione di determinate politiche ambientali.
L’operato della Commissione ha già messo l’Ue in prima fila a livello globale nella lotta ai cambiamenti climatici, con l’aspirazione di ottenere la leadership mondiale nell’economia circolare. Eppure, sottolinea l’analisi del centro studi parlamentare, alcune misure specifiche non sono ancora state avanzate, come la nuova direttiva sulle emissioni industriali e quella sull’inquinamento dei veicoli alimentati a combustibili fossili.
Più produttiva è stata la legislazione in materie economiche. «Un’economia al servizio delle persone» era il terzo punto delle priorità stilate da von der Leyen, ma è al momento l’ambito con più atti concreti: 49 proposte avanzate sulle 76 annunciate, 29 delle quali già passate con successo attraverso l’iter di approvazione tra Consiglio e Parlamento europeo.
In questo caso l’intervento più rilevante è stato la sospensione del Patto di stabilità e crescita grazie all’attivazione della clausola di salvaguardia. La decisione, presa nel marzo del 2020 per rispondere alla crisi provocata dalla pandemia di Covid19, resterà in vigore fino alla primavera del 2022. L’eccezionalità della situazione ha anche reso possibile l’emissione di debito comune: con le obbligazioni vendute sui mercati azionari, la Commissione finanzierà il piano Next GenerationEU, più di 800 miliardi di euro erogati agli Stati Membri tra il 2021 e il 2026 per favorire la ripartenza.
Oltre a queste misure, inedite nella storia europea, nel corso del suo mandato la Commissione ha preso di petto il problema del finanziamento alle piccole e medie imprese, adottando una strategia mirata ad assottigliare le pratiche burocratiche per ottenere i fondi. Il punto dolente delle politiche economiche riguarda forse il rafforzamento dell’Unione a livello finanziario e fiscale. Il completamento dell’unione bancaria, che assicurerebbe una migliore supervisione sugli istituti di credito europei, è stato rimandato all’ultima parte dell’anno.
Nessun passo avanti nemmeno sulle ipotesi di uniformare la tassazione nei Paesi Ue, tema da sempre delicato, che incontra le resistenze di alcuni membri dell’Unione. Su questo versante si registra solo una comunicazione a Parlamento e Consiglio che riassume una serie di propositi riguardanti il regime fiscale delle aziende. Per quanto riguarda diritti sociali e uguaglianza, alle parole incoraggianti del summit di Porto (maggio 2021) è seguita al momento solo una raccomandazione agli Stati per il supporto alle politiche occupazionali.
Politica estera frenata
Complicata è stata anche l’azione esterna dell’Unione europea negli ultimi due anni. La volontà di Ursula von der Leyen di guidare una «Commissione geopolitica», dichiarata al momento del suo insediamento, si è scontrata sia con i problemi strutturali della politica estera dell’Ue che con contingenze sfavorevoli a livello globale.
L’esecutivo comunitario ha adottato una serie di strategie di cooperazione con i Paesi di Balcani occidentali, Sahel e corno d’Africa, oltre a stanziare 100 milioni di dosi di vaccino anti-Covid19 per le zone del mondo in difficoltà. Con le grandi potenze mondiali, però, i rapporti sono stati contrassegnati da successi e delusioni. Tra i primi c’è certamente la sospensione dei dazi reciproci sull’aeronautica civile, primo segno tangibile di sintonia con l’amministrazione statunitense di Joe Biden.
Più problematico il rapporto con la Cina: la Commissione ha trovato nel dicembre 2020 un’intesa di massima con Pechino per un grande accordo commerciale, il Cai (Comprehensive Agreement on Investment) che però si è arenato al Parlamento europeo e difficilmente vedrà la luce, anche a causa delle recenti tensioni fra il gigante asiatico e l’Ue. A breve è attesa una nuova strategia della Commissione per la regione Indo-Pacifica, che dovrebbe rafforzare proprio in chiave anti-cinese i legami con Indonesia. Giappone, Corea del Sud e Singapore.
Ancora in corso la valutazione di una possibile unione doganale con la Turchia: il dialogo con il governo di Ankara in questi mesi ha riguardato soprattutto la gestione dei migranti, con l’assegnazione di altri tre miliardi di euro per supportare il Paese nell’accoglienza dei profughi in arrivo ai suoi confini orientali. Un atto concreto che mostra la necessità di cooperazione al di là delle frizioni sui diritti delle donne (la Commissione ha criticato il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul) e dell’incidente diplomatico occorso ad aprile 2021 e noto come SofaGate.
Per il momento, in questo settore, sono 39 le azioni legislative a fronte delle 54 annunciate. La dimensione geopolitica della Commissione sarà comunque giudicata soprattutto nei prossimi mesi: la situazione in Afghanistan, la completa realizzazione dell’accordo sulla Brexit e l’atteggiamento verso il governo bielorusso di Aleksandr Lukashenko i banchi di prova più significativi.
Proposte in stallo
Anche nelle altre priorità indicate a inizio mandato dalla presidente della Commissione, si registra un gap tra iniziative promesse e realizzate. In questi casi, però, tra gli atti legislativi presentati dai commissari, sono di più quelli fermi tra Parlamento e Consiglio rispetto a quelli adottati definitivamente.
La situazione più critica riguarda la «Promozione dello stile di vita europeo», che conta sì 38 proposte sulle 68 preventivate, ma anche 24 dossier bloccati dalle istituzioni co-legislatrici a fronte di 14 portati fino in fondo. A pesare in questo caso sono anche le distanze fra gli Stati europei sul Pact on Migration, il pacchetto di revisione delle politiche migratorie che la Commissione ha presentato a settembre 2020, ma su cui un accordo al Consiglio sembra molto lontano. Dei sei regolamenti inclusi nel patto, è stato approvato finora soltanto quello che istituisce la nuova Agenzia europea per l’asilo.
Al contrario, le istituzioni europee hanno mostrato di poter legiferare in modo molto rapido quando lo ritengono necessario. Il Certificato Covid digitale europeo, pensato per facilitare i viaggi fra i Paesi Ue durante la pandemia, è stato proposto (con un altro nome) dalla Commissione a marzo 2021, discusso tra aprile e maggio da Parlamento e Consiglio e approvato formalmente a giugno da entrambi, in tempo per essere operativo dal primo luglio.
Un ampio distacco fra le iniziative legislative sfornate dai commissari e quelle approvate da europarlamentari e ministri si trova pure nell’ambito delle tecnologie digitali. La Commissione ha presentato 38 delle 73 proposte annunciate, Consiglio e Parlamento ne hanno ratificate solo 13, lasciandone 25 ancora in discussione. Tra queste ultime, le più significative sono il Data Governance Act sullo scambio e l’organizzazione dei dati nei 27 Paesi, il Digital Service Act e il Digital Market Act, strumenti essenziali per regolamentare i servizi online, dalle transazioni sul web ai contenuti offensivi nei social network. Intelligenza artificiale e identità digitale sono gli ultimi ambiti di applicazione interessati da atti legislativi della Commissione, che invece ha rimandato la proposta di una tassa ad hoc per le grandi imprese digitali, in attesa di capire se un’eventuale digital tax possa essere concordata a livello globale.
La sesta e ultima priorità della squadra di von der Leyen è dare un nuovo impulso alla democrazia europea (20 proposte presentate su 45 e 8 già avallate). In questo senso si legge l’istituzione di un meccanismo di condizionalità che vincola l’esborso dei fondi europei al rispetto dello Stato di Diritto. Il regolamento, approvato nel dicembre 2020, è stato uno dei più controversi della storia recente europea, tanto da mettere a serio rischio l’intesa sul bilancio pluriennale. Polonia e Ungheria, fortemente contrarie allo strumento, ne hanno inoltre contestato la validità davanti alla Corte di Giustizia europea, che deve ancora dare il suo responso.
Non senza difficoltà, è andata in porto anche la Conferenza sul Futuro dell’Europa, evento lungo un anno ideato per aumentare la partecipazione democratica dei cittadini e lanciato nella primavera 2021. Dal livello di coinvolgimento degli europei dipenderà il suo successo, dal mantenimento delle prossime promesse il giudizio complessivo sulla Commissione von der Leyen.