Ignazio La Russa ha suonato la campanella e con la testa i politici sono già al mare, tra non molto ci saranno anche fisicamente. Quando li senti dicono di essere stanchi, sia a destra che a sinistra, molto stanchi, mai così stanchi, che hanno bisogno «di staccare la spina» e «ricaricare le batterie» e tutte queste orribili frasi da ascensore parlando con quello del piano di sopra.
Stanchi de che? Azzardiamo un’ipotesi: di girare a vuoto. Un parlamentare normale che non abbia incarichi di governo (perché in quel caso il discorso è diverso) spende la maggior parte del suo tempo in cose inutili. Giusto ogni morte di papa c’è un intervento importante da tenere, una relazione da scrivere, una seduta alla quale non si può mancare, una menzione sul giornale, un’ospitata in un talk. Per tutto il resto c’è Mastercard, cioè il governo, che avendo sommato la funzione esecutiva a quella legislativa è l’alfa e l’omega della politica.
L’attività di partito, un tempo così intensa, non esiste perché non esiste il partito e quel poco di vita di partito che sopravvive è abbastanza noiosa. Chi non conosce la realtà della politica non può immaginare quanto siano frustrati i nostri parlamentari, quelli seri almeno, poi ci sono quelli che non fanno niente perché niente sanno fare ma in fondo non è la maggioranza.
C’è molta gente che ha voglia di fare, ma non sa come né dove. Il Senato della Repubblica, quella che fu la Camera Alta, ha dunque dato il via alla grande ricreazione: cinque settimane di ferie, ciao ciao, caso mai ci sentiamo eh, mi porto il cellulare. I deputati, punti nell’orgoglio, invece in teoria resteranno a Montecitorio una settimana in più, fino all’11 agosto. Beccati questa.
I problemi ovviamente non mancheranno, ma sulle emergenze abbiamo già dato, dal Covid alla guerra alle inondazioni, per il calcolo delle probabilità non dovrebbe succedere nulla di tragico e comunque che se la sbrighi il governo.
I ministri sì che lavorano. Oddio, non tutti, ma almeno cinque o sei sì: a occhio, oltre Giorgia Meloni, diremmo Antonio Tajani, Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto, Raffaele Fitto, a loro modo Matteo Piantedosi e Gennaro Sangiuliano. Forse anche altri (ci scusiamo se non li abbiamo nominati ma forse non sanno “vendere” come gli altri citati il proprio ingegno).
Ma anche il governo tira il fiato. D’altronde la politica estera, la cosa migliore di Meloni, è stata vidimata da Joe Biden, per cui stop.
L’economia va e non va, come sempre: si vedrà in autunno, Maurizio Landini non vede l’ora di riempire San Giovanni. Gli immigrati entrano tutti ma l’emergenza data da una fantomatica «invasione» – puf – è svanita. Le riforme istituzionali non si fanno da una vita, dunque che fretta c’è.
Il bello è che questi hanno vinto le elezioni con il blocco navale, meno tasse, il presidenzialismo e il ponte di Messina ma l’anno politico si chiude con nulla di tutto questo, è stato un anno politicamente abbastanza inutile, sebbene abbia segnato l’avvento della destra post-missina al governo, dunque avrebbe dovuto essere un anno-spartiacque.
Un anno fa, caduto il miglior statista di questo tempo, Mario Draghi, ci si affannava a correre verso le urne e dopo il 25 settembre qualcosa di diverso il popolo si attendeva. E invece niente. A parte la continuità con il governo Draghi a fianco di Volodymyr Zelensky, il buio oltre la siepe ucraina.
Altro che spartiacque, la solita stagnazione italiana: non si è vista una riforma che fosse una, si sono assaltati tutti i gangli che è stato possibile assaltare – in Rai hanno fatto un capolavoro, ammettiamolo –, il tutto allestito dentro un luna park di esternazioni penose, dalla sostituzione etnica alla banda di musici di via Rasella, dalle bugie su Cutro alle capriole di Valditara. Ci hanno messo mesi e mesi, e finalmente c’è la terza rata del Pnrr ma ancora nessuno ha capito cosa si è fatto dei soldi della prima e della seconda.
Lei, Giorgia, in questi mesi ha girato il mondo valicando i confini di Garbatella, Colle Oppio e via della Scrofa, ha anche portato la bambina in giro e la sera parla con il compagno delle sue polemiche con la Germania neanche fosse Galeazzo Ciano, mesi indimenticabili per l’underdog vezzeggiata per pura cortesia un po’ paternalista nientemeno che dal presidente degli Stati Uniti.
È stato indubbiamente l’anno della mujer venuta dal retroterra della politica che secondo i criteri della pura immagine risulta la più brava pur senza aver fatto niente di particolare. Colpa anche di chi si colloca dall’altra parte, che in questo anno a stare ai sondaggi non ha granché risalito la china: e comunque anche l’opposizione va in vacanza malgrado l’«estate militante» decretata da Elly Schlein che chiaramente essendo la segretaria se ne andrà in giro per le Feste dell’Unità (senza “L’Unità”) avendo così una prova in più di quanto sia faticoso fare la leader di un partito con forti connotati tradizionali (sono belle le Feste ma che stanchezza).
Il salario minimo è stato rinviato con l’accordo più o meno entusiasta di tutti, fa caldo e la questione è molto più complicata di come la mettono giù i sondaggi, Antonio Scotto e Giuseppe Conte, il quale quest’anno non ha fatto assolutamente nulla e quindi per lui le vacanze altro non sono che la prosecuzione del “lavoro” con altri mezzi.
Matteo Renzi e Carlo Calenda si detestano più di un anno fa e qualche giorno di riposo non potrà che far bene a entrambi anche per capire come raggiungere nei sondaggi percentuali decenti, visto che quelli che circolano attestano che non riescono a spiegare al popolo perché ci sia bisogno di un terzo polo quando il medesimo popolo già non sopporta gli altri due. Un altro anno è andato e la sua musica ha finito, non è stata esattamente una bella musica, un seguito di «giornate senza senso, come un mare senza vento».